“Catena di Storie” per la Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne del 25 Novembre 2013

Ritratto di Quale Cefalù

26 Novembre 2013, 01:16 - Quale Cefalù   [suoi interventi e commenti]

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Indumenti femminili: una camicia, una sottana, una gonna, una canottiera, un reggiseno, una borsetta, un paio di scarpe, le calze, raccontano il vissuto di chi li ha indossati, non sono solo oggetti ma “storie”. Questi segni legati fra loro compongono una catena che si slancia dalle finestre del Palazzo di Città, mostrandosi a tutti coloro che, passando, volgono lo sguardo verso la facciata, invitandoli a una profonda riflessione. Questa catena è metafora dell’unione solidale fra le donne che si rivolgono a tutte Istituzioni per rivendicare ogni diritto violentato da chi le considera oggetti da usare, gettare e persino distruggere.

 

 

La giornata internazionale contro la violenza sulle donne 2013 è l’occasione per compiere gesti concreti di sensibilizzazione e di impegno volti a sradicare una barbarie che non può avere alcun posto in una società civile e moderna come la nostra si vanta di essere.  Ogni tipo di violenza contro le donne non può certo essere vinta con i gesti simbolici ma essi servono a provocare l’attenzione, la riflessione sul fenomeno, tristemente presente ogni giorno su tutti i mass media, affinché le nostre città come le realtà più sperdute non conoscano più gesti di disumanità e di perversione quali quelli quotidianamente in cronaca. È l’impegno a combattere tale violenza che prendono oggi tutte le donne, ma ancor di più devono prenderlo gli uomini per essere più informati, più sensibili, più partecipi, e quindi, più aperti ad una civiltà del pari rispetto e delle pari opportunità.

Commenti

Credo che in ogni tempo e in ogni luogo il rapporto del maschile con la terra, con il territorio intorno, con tutto ciò che gli è ricettivo, è esattamente lo stesso del rapporto ivi tenuto dall’uomo con la donna.
Così come tratta la terra, il territorio, la vita, così l’uomo tratta la donna.

La malattia che sta dietro questo particolare sintomo sociale che la “Giornata” opportunamente ricorda, è esattamente la stessa che vediamo manifestarsi nel rapporto dell’uomo con l’Ambiente, nel rapporto dell’uomo con la propria ed altrui umanità, nel rapporto dell’uomo con la creatività naturale e infine nel rapporto dell’uomo con la propria stessa creatività, non solo biologica.
Assistiamo universalmente a una cultura contemporanea che di fatto esalta gli aspetti degenerativi peggiori del maschile; anche quando, sulla macro-scala, assumono l’aspetto di genocidi, sfruttamento delle risorse della terra, sopraffazioni su interi popoli, violenze ai processi naturali della Vita, torture.
Mai come ora impera di fatto nel mondo globalizato “il maschio spirito” del Far West (anche a Cefalù)!

Porre l’attenzione sul “fenomeno” della violenza sulle donne può dare migliori e più duraturi frutti, io credo, quando, trovate le necessarie risposte di emergenza a breve termine ad un tale sintomo di “febbre” sociale, tale attenzione si inoltri nello studio della malattia, la stessa, comune a tanti diversi altri pericolosi sintomi della medesima febbre culturale.

tu esprimi una grande verità che però solo in pochi (e tu tra questi) sono  capaci di comprendere e, quindi, rivelare!

Tu, come me, ricorderai che, fino a quaranta-cinquanta anni fa si andava alle scampagnate di primavera senza piatti e bicchieri di plastica. A "pala 'i ficurinia" allora diventava un piatto, una foglia arrotolata un bicchiere, un segmento di canna una posata.

Finita la festa tutto ritornava alla terra, alimentando un processo di rigenerazione continua.

Ritornava a quella stessa terra, alla quale, come una donna, con rispetto, e con la donazione incondizionata (a Lei Terra, a Lei Donna) di tutto il tuo essere, chiedevi fedeltà e generosità, ma dalla quale, con altrettanto rispetto, eri pronto ad accettare serenamente i rifiuti e le male annate.

A chiusura del servizio fotografico sullo scultore Santacolomba (pubblicato su questo Blog) Salvatore Culotta ha voluto ritrarre i ferri "del mestiere" ed, infine, le mani sapienti che li usano.

Sono scalpelli, sgorbie, lime, normali utensili che l'uomo usa dalla notte dei tempi e che sono reperibili in qualsiasi sgabuzzino, compreso quello di uno come me che non ha la minima capacità di saperli usare neanche per accomodare una porta che scricchiola, figuriamoci per realizzare delle opere d'arte.

Negli ultimi anni abbiamo inseguito un progresso tecnologico che avrebbe dovuto rendere felice l'umanità.

Mi chiedo: "Quale umanità?"

Io non sono sicuro di voler tornare alle "pale" di ficodindia  e alle forchette di canna, e non sono neanche sicuro se sia mai esistito un momento della storia dell'uomo in cui il maschile si sia veramente saputo armonizzare con il femminile senza produrre squilibri, ma so che mi fa bene, ogni tanto, fermarmi e riflettere.

Quando ascolto o leggo parole che hanno un senso, che sono frutto di un pensiero libero, limpido ed autentico, com'è il tuo pensiero, come sono le tue parole.