"Intermezzo"

Ritratto di Giuseppe Maggiore

17 Luglio 2014, 16:14 - Giuseppe Maggiore   [suoi interventi e commenti]

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"INTERMEZZO"
(...castigat ridendo mores...)

 

Foto di Leo Ruvituso

 

 

Carissimi fratelli, amate sorelle, colleghi, artisti, amici, simpatizzanti e non, nel momento fatidico in cui m'appresto a prendere commiato da voi per l'estivo agreste intermezzo, di esclusiva pertinenza stagionale, sento  imperioso il bisogno di esternarvi un saluto benevolo, convinto e sincero, nonché di elargirvi la mia "paterna" (più che paterna: ho ben cinque figli!) benedizione a che il vostro soggiorno fra queste sacre mura che videro i miei natali (e chissà di quanti altri illustri ingegni) permanga accettabile e privo di triboli.    

Intendiamoci: non è che io vada nell'Ade, come il preambolo, di primo acchito, potrebbe indurre a supporre (almeno spero di no!) o, per dirla con Shakespeare, in "...qualche terra inesplorata da cui nessun viaggiatore fece mai ritorno...."; ma, in buona sostanza e per un periodo circoscritto di appena tre mesi, come un "agricola pius" mi relegherò in solitudine nella serenità dei campi, nell'amenità di luoghi conosciuti, apprezzati e amati, come in ogni estate son solito fare, dove le virgiliane bucoliche e georgiche possano allignare, acciocché il mio spirito, temprato dalla natura, dalla amistà con gli animali (non le zanzare, certamente!), dalle coinvolgenti note della sesta  di Beethoven, "La Pastorale", o dalle plurime sinfonie di Mozart o di Rossini e dai puri Zefiri che alitano nella contrada, si mantenga integro, rinnovato e caricato per la prossima stagione invernale, che, fra 4 mesi circa, ritornerà a costringerci ad indossare panni più pesanti e ad usare il parapioggia.

Lascio a voi in "eredità d'affetti" (direbbe il Foscolo): le serate culturali, i vernacolari canti de "I Narratura" di barracatiana concezione, le locali manifestazioni folkloristiche, i convegni al cinema Di Francesca e al Mandralisca, le commemorazioni,  le varie prestigiose mostre di pittura e d'altro, le coinvolgenti disamine della Gallà, perfetta oratrice di ben alti argomenti, e nel contempo, ahimé, pure la folla, il caos dei motori in transito in più di una strada  in arbitrario doppio senso di circolazione, le autovetture che circolano nel Corso fuori dell'orario previsto, la raccolta differenziata che invariabilmente e spesso viene stipata nello stesso camion, il chiasso urbano, la mancanza pressoché assoluta di posteggi (che, di frequente, vengono vieppiù assottigliati in occasione di feste, di manifestazioni, di eventi; per non parlare, poi, delle lunghe teorie di grossi vasi da fiore, dislocati là dove una volta era possibile posteggiare lungo i marciapiedi di alcune strade dell'urbe e che ora ne vietano l'utilizzo), il caldo e, non ultimo, il plurimo vocìo, soprattutto quello delle coppie, che, nelle ore notturne, passando in via Vittorio Emanuele (ove ho il mio abituro) fanno salire alle mie finestre gli amorosi conflitti che servono a rinvigorire il rapporto e, ancora e non ultime, lascio le facce simpatiche, quelle antipatiche e chi ne ha più ne metta, ad libitum!

Tutto vi lascio, insomma; temporaneamente, si, ma tutto!

Ma lascio pure, purtroppo, gli apprezzati e condivisi eloqui di Saro, di Antoniella, di Angela, la comunicativa di Silvia, l'amicizia di Enzo, di Antonio e d'altri, i castissimi disegni di Giuseppe che sicuramente gli assicureranno un seggio nella Via Lattea dell'eterna beatitudine, in cielo, nonché  un congruo remunerativo valsente in queste lande desolate dove il culto del vitello d'oro, di cui nel prosieguo, è (al 90%) l'unica comune aspirazione, lascio gli "Incontri e Amicizie" (Stefan Zweig) che forniscono linfa allo spirito e che supportano uno stile,  la coinvolgente visione delle fisiche grazie muliebri che è possibile ammirare "... all'ombra delle fanciulle in fiore..." (direbbe Proust), le sinuose movenze di alcune passanti, ricettacoli di immaginari piaceri, l'accattivante sorriso incontaminato di superbe naiadi stravaccate sulla spiaggia in succinti bikini mozzafiato in un mondo in cui le "Perle di Labuan" e le "Dulcinee del Toboso", muse itineranti di un rutilante presente, si sprecano.  Allettanti fantasie che sono residuo appannaggio di una certa età!

E non è poco!

 

Foto di Gigi Piazza

 

Insomma, lascio una realtà per immergermi in un'altra, l'usualità per l'avventura di cambiare abitudini, il consueto per il desueto, il vecchio per il nuovo o quasi tale.

Per vedere le cose da un'angolazione diversa! Per mutare pensiero! Per rigenerare il giudizio in una Arcadia a portata di mano ma spesso obsoleta!

La campagna!

 

Foto di Daniele Tumminello

 

E lascio, soprattutto e con soddisfazione, certe grette convinzioni di taluni benpensanti dall'occhio bircio, gente adusa alla diatriba saccente, che, accoppiando la parvenza alla realtà, fanno della cultura ribalta per una propria eclatante magnificazione.

Per loro i motti "..dimmi con chi pratichi e ti dirò chi sei..." o " ..tale il padrone, tale il domestico..."  oppure ancora "...ogni uomo è riverito (chiunque esso sia) secondo il suo vestito..." o "..con me o contro di me!...", ecc., concetti derivati dalla quotidiana filosofia filtrata dalla propria indole, assurgono ad importanza basilare.

Infatti, seguendone il particolare modo di ragionare, li scopriamo assumere la convinzione che se un tale protesta diventa protestante; se legge Metodio diventa metodista (come i "metodisti" inglesi); se è di carattere pietoso diventa  pietista  (come i "pietisti" tedeschi); se è inflessibile e moralista come Savonarola diventa puritano (come i "puritani" svizzeri); se non ammette permissioni di alcun genere diventa intransigente (come gli "intransigenti" olandesi).

"... Tutti costoro (è il pensiero di Umberto Eco nella sua recente pubblicazione: "Il cimitero di Praga") seguono i dettami della Bibbia, che è una storia infinita di incesti, di massacri e di guerre crudeli dove la vittoria si ottiene attraverso il tradimento e l'inganno, dove i potenti fanno assassinare i mariti per impadronirsi delle loro mogli...."

E continua:

"....Eppure la Bibbia è l'espressione della volontà divina, stando all'interpretazione che se ne fà. I grandi che hanno commesso eclatanti assassini erano imbevuti dello spirito della Bibbia, Cromwell, ad esempio, Malthus, tutta gente che soggiace al culto del vitello d'oro, principio e fine di ogni loro brama.

"I capitalisti appartengono allo stuolo dei sovrani della nostra era.

"La giustizia è una procedura burocratica che attraverso rituali, formule, apparati e quant'altro spesso perviene all'ingiustizia......"

Grande Eco, No? La sua prosa, pura, fluida e armonica, non solo riecheggia il periodo dei classici del passato, ma, permeata dalla sua enciclopedica cultura, riscatta dalla dabbenaggine sociale di un'epoca secondo la quale se non funziona il frigorifero o il televisore o lo scaldabagno o l'ascensore o il climatizzatore e la macchina è dal meccanico, allora siamo persi.

In una realtà protesa al divenire, come la nostra, in cui la malizia occupa un posto ragguardevole e il concetto dell' "homo homini lupus" primeggia (checché se ne voglia dire!), in questo desolato Sahara intellettualmente ed emotivamente bacato dalla pervicacia che, purtroppo, è una componente della  nostra personalità, se non addirittura figlia, cosa resta al povero parvenu se non il rifugiarsi nell'unico salvagente che appare possibile e a portata di mano, che è la speranza che ci viene dal disperato sconforto che ci crea l'inconoscibile, impenetrabile dimensione correlata ad una spirituale credenza?

La fede! Grande parola, la fede!

Universale balsamo che lenisce ogni ferita, che allontana la paura, che conforta, che incoraggia; ma che, per quanto ad essa ci si aggrappi e malgrado ispiri al bene e ne faccia a iosa, alla fin fine non muta affatto lo stato delle cose, la tacita tragedia che ci sovrasta: l'inesorabilità immanente della caduca materia di cui siamo forgiati è sempre là, immutabile. Eterna! E ci attende.

L'ineluttabilità del destino è come la famosa "Vicaria", antico reclusorio penale dei secoli passati che aveva dimora a Palermo e su una cui parete venne trovata scritta una lapidaria frase, spontanea esternazione di qualche incallito condannato, che testualmente pare dicesse: "...corri finché vuoi, io qui t'aspetto!...".

E qui soprassediamo.

La nostra sete di conoscenza nel buio cosmico di una primordiale ignoranza  non tracima gli insormontabili confini del mistero.

A noi, esseri finiti, non è dato sondare l'infinito! Il "contenuto" non può comprendere il "contenente"!

E poi, se vogliamo dirla tutta, bisogna convenire che come pensiero non abbiamo superato il livello di quello dei Romani!

Ci siamo, per caso, dimenticati del tempo in cui il mezzo di comunicazione per i più era l'asino o il mulo, quando non si andava addirittura a piedi? In cui la borghesia andava a cavallo e, per lo più, solo i nobili possedevano la carrozza? Ci siamo dimenticati che la carne veniva conservata fra blocchi di ghiaccio, che, a loro volta, venivano ingolfati in mucchi di paglia per non farli sciogliere?

Eppure questa gente che visse quel periodo, questi nostri progenitori, questi nostri penati, antesignani, questi nostri ascendenti, padri, zii, nonni, ecc., e come li vogliamo chiamare chiamiamoli, vivevano e, forse, meglio di noi: mangiavano roba più genuina, perché priva di mistificazioni e avevano un concetto della vita sicuramente più attinente alla condizione umana.  La proprietà aveva un valore preminentemente familiare; mentre oggi la si possiede a beneficio dello Stato.

Certo, la scienza non si era ancora sviluppata; ma, se vogliamo, da un punto di vista esclusivamente esistenziale, proprio questo, a conti fatti, poteva rappresentare un pregio e non un difetto.

Il ritorno, quindi, alla campagna, alla terra, può essere considerato un riguadagnare le origini, quantunque anche in campagna oggi ci sia l'energia elettrica e, quindi, gli elettrodomestici funzionano.

E questo desiato habitat rurale può rivelarsi, anche e soprattutto, un luogo di riflessione, un anfratto di spirituale ritiro, un ritrovo dove, a corollario di quanto s'é detto prima, si ha più libertà di farsi le solite quattro ancestrali domande a cui mai nessuno ha saputo fornire una risposta certa: "chi siamo, da dove veniamo,  dove andiamo e perché ci siamo?"

Domande oziose che non risolvono l'enigma, si, ma che ci distraggono dalle quotidiane vessatorie contingenze immergendoci nell'inesauribile vortice appassionante della ricerca. Sicuramente, la religione, ogni religione (il Dr. Giovanni Raiberti, oltre che medico anche arguto scrittore ottocentesco, asseriva che se non vi fosse una religione bisognerebbe inventarla!) ha dato all'uomo una sublime speranza, come accennavo sopra, che, però, vagliata dalla critica della ragione, si dimostra opinabile.

Il dubbio è ineliminabile. Niente è certo, insomma, se non la stessa esistenza con un suo inizio ed una sua immancabile fine.

A volerci astrarre completamente dalla realtà, la nostra realtà (perché in fondo la percezione del reale è soggettivo) e a voler tentare pindarici voli, potremmo anche congetturare che l'esistenza stessa possa essere una bella illusione, frutto di un onirico status mentis. Levitando nel sogno vivremmo in una cosmica dimensione in cui il pensiero, libero dalle pastoie di una fisicità opprimente, vagherebbe senza meta nell'universo amalgamandosi con altri pensieri in modo da formare il pensiero universale (ipotesi accreditata da Filippo Bombasto Teofrasto Aureolo Paracelso).

In tale molto ipotetica riflessione avrebbe un bello sforzarsi Cartesio col sostenere: "Cogito, ergo sum".

Non è sterile, comunque,  l'impegno speso da ciascuno per una migliore conoscenza di noi stessi.

E così, nella imminente recuperata bucolica panacea avrò modo di meditare, infatti ("..si parva licet componere magnis..."), anche sulla strategìa da adottare, ove legalmente esista, per farsi fregare meno dalle tasse; rifletterò sulla rapacità dell'essere umano, sulla idiozia delle guerre, sulla esiziale tendenza a fare "cortile" a scapito del prossimo, per invidia, per insoddisfazione e per quant'altro, sull'incapacità di serena convivenza degli animi, sui motivi dell'incomprensione coniugale, nei casi ov'essa affiori, sui buoni propositi (quasi mai portati a termine) dei nostri governanti, sull'ostruzionismo regalatoci dalla burocrazia, sull'assurdità di certe leggi e su tutti gli altri "bastoni fra le ruote" ai quali giornalmente andiamo soggetti.

Ma, ritornando al tema, dunque, del distacco, comunico che durante tale periodo osserverò un rigoroso "silenzio stampa" (per tre mesi o qualcosa di più) con grande rincrescimento di quanti mi apprezzino (?) e con grandissimo sollievo di quanti m'abbiano in uggia.

Chiarisco che non è che farò l'eremita. Questo, no. I miei contatti col luogo natìo, col mare e con gli Amici che avranno il destro di venirmi a trovare saranno molteplici; ma non avverranno con l'attuale frequenza e, perciò, mi consentiranno di scrivere una sceneggiatura che da tempo spadroneggia nella mia mente.

Potrei interrompere questa "vacatio" giornalistica soltanto per qualche avvenimento eccezionale, ove si presentasse e al quale non potrei proprio negare la mia non augusta presenza.

Saluto, quindi, (in primis) i preclari cinque Colleghi (Colleghi? Maestri!) di questo prestigioso blog, che, grazie all'invito a suo tempo rivoltomi da Salvatore Culotta, hanno benevolmente accolto le mie prose o poesie o commenti che siano.

Li definisco un quintetto che "suona" anche senza strumenti affrontando i problemi dell'urbe con spartano atteggiamento e ringrazio tutti, soprattutto Gianfranco, operoso ed intelligente membro della compagine editoriale che ho avuto modo di conoscere e di stimare, nonché quasi vittima delle mie molteplici telefonate per variazioni all'ultimo minuto, in "zona Cesarini", di qualche periodo o frase lessicale o sillaba, quando già il "pezzo" da me fornito era già stato impaginato.

Mi riservo di portare loro qualche ghianda al ritorno dalla villeggiatura; e ciò perché il mio predio (o, per essere esatti, non mio, ma di mia moglie) non produce altro che ghiande e pinoli (e oggi nemmeno questi ultimi), essendo esclusivamente coperto da pini, da cipressi, da eucalipti, da frassini, ma, soprattutto, da querce che, notoriamente, producono le dette ghiande.

Non è un addio, ma un arrivederci.

Un saluto a Tutti e buone vacanze a me!

 

Cefalù, seconda metà di Luglio 2014                                                                                                                        Pippo Maggiore

 

Commenti

Sono io a ringraziare te, caro Pippo, per le belle parole nei miei confronti.
Grazie a questo blog, ho avuto la fortuna di conoscerti. E' un piacere leggere i tuoi interventi e le nostre telefonate sono sempre un'occasione per sorridere.
Ti auguro una tranquilla e rilassante estate.
A presto risentirci, meglio ancora, a presto rivederci.

Gianfranco

Quando Ti telefonai pochi minuti fa non avevo ancora letto il Tuo cordiale commento.

La Tua considerazione espressa nei miei riguardi è il migliore compenso che io abbia ricevuto dalla partecipazione a codesto Blog.

Stefan Zweig, nel suo "Incontri e Amicizie" parlava, appunto, dell'afflato che può generarsi fra spiriti aperti, sereni nel giudizio, esenti da qualsiasi tendenza di parte e da riserve mentali.

Sono io che ringrazio Te per l'Amicizia che mi dimostri.

Un abbraccio.