Il “nuovo” edificio postale, “l’insediamento di pubblica utilità” e “l’annullamento parziale in autotutela”

Ritratto di Saro Di Paola

27 Settembre 2014, 07:34 - Saro Di Paola   [suoi interventi e commenti]

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Il primo piano e 135 mq del piano terra del “nuovo” edificio postale di Cefalù, realizzato nel 1987, sono chiusi ed inutilizzati.

    

Oramai, da anni.
Da quando, nel 2005, “Poste Italiane s.p.a.” al fine di “migliorare la funzionalità dei servizi postali e di conseguire una maggiore economicità nella gestione” ha deciso di ridurre “gli spazi utili ai servizi medesimi ” sino a limitarli, soltanto, a quelli del piano terra con l’esclusione della parte contigua allo spigolo SE dell’edificio, della superficie di 135 mq.

Dopo la decisione di ridimensionare gli spazi per l’espletamento di tutti i servizi  è accaduto:

-  che “Poste Italiane s.p.a.”, avendo individuato una delle misure per risanare il proprio bilancio nella alienazione degli immobili che non utilizzava più, in data 23 novembre 2005, ha chiesto al Comune di Cefalù il rilascio della concessione edilizia per realizzare le opere per il frazionamento dell’unica unità immobiliare dell’edificio in tre unità immobiliari, distinte ed autonome con accessi indipendenti, e per il cambio della destinazione di due delle tre unità, derivanti dal frazionamento medesimo, per utilizzarle ad uffici privati ed attività commerciali. Ciò, proprio, per rendere commerciabili il piano primo ed il magazzino di 135 mq al piano terra;

- che il Comune di Cefalù, acquisiti i prescritti pareri, in data 6 dicembre 2006, ha rilasciato il permesso di costruire n° 66 per il frazionamento in tre unità immobiliari e per il cambio della destinazione d’uso di due di esse;

- che un privato, in data 16 gennaio 2007, ha acquistato da potere di “Poste Italiane s.p.a.” l’unità immobiliare al piano primo con destinazione d’uso ad uffici privati ed il magazzino di piano terra con destinazione d’uso ad attività commerciale;

- che il nuovo proprietario, in data 30 luglio 2008, ha chiesto il rilascio dell’autorizzazione edilizia per il frazionamento del piano primo in sei distinte unità immobiliari;

- che il Comune di Cefalù, acquisiti i prescritti pareri, in data 22 dicembre 2008, ha rilasciato la chiesta autorizzazione;

- che il nuovo proprietario, per avere, nel corso dei lavori, realizzato alcune opere non previste in tale ultima autorizzazione ma, conformi agli strumenti urbanistici, quali lucernai sulla copertura dell’edificio, modifiche al vano ascensore ed alla scala interna, alloggi esterni  per i contatori delle utenze pubbliche, apertura di un passo carrabile dalla via Vazzana con  collocazione di un cancello, sistemazione delle aree pertinenziali esterne, in data 8 settembre 2009, ha chiesto il rilascio di autorizzazione edilizia in sanatoria ai sensi dell’ art. 36 del DPR 380/2001;

- che il Comune di Cefalù, in data 18 luglio 2011, ha risposto a tale istanza con la nota protocollata al n° 0016016, nella quale il  Responsabile del Settore LL.PP. Edilizia Privata e Pubblica, ing. Ivan Joseph Duca, dopo avere
comunicato che nulla osta(va) al rilascio del provvedimento specificatamente per le opere oggetto della sanatoria”,
ha scritto che
“non potendosi esimere dall’esprimere considerazioni prettamente urbanistiche sulla legittimità del permesso di costruire n° 66 rilasciato, in data 6 dicembre 2006, a “Poste Italiane s.p.a.” e sulla conseguente autorizzazione edilizia n° 48 rilasciata, in data 22 dicembre 2008, al nuovo proprietario
e che
sembrando(gli) illegittimo, in un’area destinata ad insediamenti di pubblica utilità, il cambio di destinazione d’uso concesso con il provvedimento 66/06 che consente un uso diverso (edilizia privata) rispetto a quanto previsto dalla vigente normativa di piano regolatore così come variato  con i provvedimenti consiliari  n° 111 del 22 aprile 1985 e n° 343 del 21 ottobre 1985” in forza dei quali l’edificio è stato realizzato su area (Vp) destinata a verde privato,
nella considerazione che un annullamento parziale in autotutela della concessione richiamata, limitatamente al cambio di destinazione d’uso concesso, in assenza di variante allo strumento urbanistico e dei provvedimenti consequenziali, potrebbe comportare un contenzioso con il terzo di buona fede destinatario del provvedimento 66/06 richiamato"
ha "chiesto"
"di volere acquisire parere legale sulla legittimità dei provvedimenti assentiti, sull’opportunità dell’annullamento parziale in autotutela, sulle modalità di soluzione della questione, e non ultimo, sulla eventuale opportunità di rilascio dell’autorizzazione in sanatoria in argomento, prima dell’annullamento in autotutela in relazione ad eventuali ulteriori diritti soggettivi che si ingenererebbero illegittimamente",
e
 "nelle more ha sospeso la trattazione della pratica.”

Orbene, solo a considerare:

- che l’articolo 21 nonies della Legge 241/90 prevede che “il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge”;

- che gli spazi dell’edificio “realizzato per essere interamente destinato ad ufficio soddisfacente requisiti di pubblica utilità con gli annessi parcheggi nel rispetto degli standard urbanistici” sono stati ridimensionati da Poste Italiane, per soddisfare quegli stessi requisiti, addirittura, con “migliore funzionalità e con maggiore economicità di gestione”;

- che “gli annessi parcheggi nel rispetto degli standard urbanistici” sono ancora là, dove sono stati ubicati nel 1987;

- che, pertanto, non sussiste una sola ragione di interesse pubblico per l’annullamento d’ufficio  del provvedimento concessorio 66/06;
 
- che tale provvedimento, dopo quasi otto anni dalla sua emanazione, non è stato, ancora, annullato e che, perciò, l’annullamento “parziale” potrebbe essere disposto ben oltre quel “termine ragionevole”, “fissato” o indicato dalla Legge;

- che, in barba ai principi di economicità, di efficienza, di celerità, di buon andamento e di non aggravamento del procedimento amministrativo, il Responsabile del Settore ha chiesto “di volere acquisire un parere legale, sospendendo, nelle more, la trattazione della pratica”;

- che tale parere non è stato ancora chiesto dal Sindaco, né dal  Presidente del Consiglio e, neanche, dall’Assessore ai LL.PP. e Urbanistica, destinatari, insieme al privato, della predetta nota del 17 luglio 2011;

viene spontaneo chiedersi se il Comune di Cefalù sia in uno Stato di Diritto e non, piuttosto, nella “repubblica delle banane”.

Saro Di Paola, 27 settembre 2014

Commenti

Non siamo nella repubblica delle banane, dove almeno qualcosa si faceva, magari sbagliata; siamo nella repubblica della pigrizia ignorante, della quale fingiamo di volerci liberare, chiedendo illuminati pareri, che qualche volta non arrivano e, ancorquando essi arrivassero, li deridiamo in forza di arzigogoli mal congegnati.

Non resistere e resistere, ma rimandare e rimandare.

nell'esercizio delle sue funzioni, si possa imbattere in un precedente provvedimento riguardante il procedimento di cui si sta occupando e venga colto da qualche perplessità e si determini ad adottare delle contromisure nell'interesse dell'amministrazione e della collettività.

Ma, tra le cento o mille soluzioni che si possono trovare "a rimedio", la prescelta non può essere la centouno o la milleuno, cioè quelle che, oltre a non portare rimedio alcuno, producono sicuramente ulteriore danno, tanto all'amministrazione, quanto alla collettività.

Per tali ragioni, in base ai pochi elementi di conoscenza che mi è stato dato modo di racimolare, ho già da tempo manifestato più d'una perplessità relativamente all'operato dell'Ing. Duca che certamente, al di la delle buone o cattive ragioni che non sono in grado di valutare per oggettiva ignoranza, esercita le sue funzioni in maniera molto "creativa".

Niente di male, se il Comune fosse suo, ma non lo è, quindi, si spera che qualcuno che abbia il potere di mettere mano "d'autorità" nelle carte dell'ufficio urbanistica, prima o poi lo faccia.

Magari si scoprirà che l'Ing. Duca non è stato il solo a sbagliare negli ultimi anni e si prenderanno provvedimenti. 

Ma la soluzione non può essere quella di ridurre Cefalù ad una città morta fatta di scheletri di strutture edilizie, transenne e sterpaglie.

Si spera, anche, che non si presentino pratiche edilizie riguardanti la Cattedrale, l'Osterio Magno e il Lavatoio Medievale.

Si potrebbe scoprire che questi "edifici" potrebbero essere stati realizzati senza il preventivo rilascio di regolare concessione edilizia.