Ecco perché si vuol chiudere il centro nascite

Ritratto di Angelo Sciortino

28 Marzo 2015, 21:37 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

Versione stampabileInvia per email

 

Nelle sua premessa, il Decreto assessoriale, che fissa, tra l'altro, la chiusura del punto nascite di Cefalù, così vi si legge: Visti i verbali con i quali il tavolo tecnico appositamente costituito, ha approvato il documento di riassetto e di rimodulazione della rete materno-infantile sul piano complessivo, comprensivo degli allegati concernenti anche gli standard previsti nel predetto documento”. Visti? I”Verbali” non sono allegati all’atto e di essi non vengono riferite né date, né numeri di protocollo e neanche i contenuti.

C'è di peggio, però. Non è dato di sapere a quale tavolo tecnico ci si riferisca, con quale provvedimento sia stato costituito, quale fosse il suo mandato, quali criteri abbia adottato.

Credo che dal punto di vista giuridico, probabilmente, ciò potrebbe comportare un difetto di motivazione, trattandosi di un atto con valore anche impositivo, ma sembrerebbe che nessuno abbia attaccato, finora, il decreto sotto questo profilo. Non l'hanno fatto i Sindaci nei loro comizi nella manifestazione dell'8 marzo; non l'hanno fatto gli avvocati presenti nei movimenti e nei comitati, sorti in difesa del centro nascite; non credo che l'abbiano fatto gli avvocati dei Sindaci nel loro ricorso. Questo significa, in sintesi, che la chiusura del punto nascite di Cefalù viene determinata per indicazione di un apposito “tavolo tecnico” non meglio identificato, costituito non si sa come, né da chi, né con quale mandato specifico, e del quale non si sa né dove, né quando si sia riunito e che cosa abbia veramente fatto nel corso dei suoi lavori. Vuoi vedere che il testo del Decreto è opera di Franz Kafka?!

Il Decreto, però, ha altri vizi formali e sostanziali, presenti anche nel precedente Decreto Russo, che solo in parte sono stati rilevati nel precedente ricorso presentato per il Comune di Cefalù dagli avvocati Terregino e Di Paola.

A parte tutto ciò, con un po’ di sforzi per cercare di capire quanto non espresso nel decreto e per ricostruire i passaggi “saltati”, si riesce a capire che “il tavolo tecnico” abbia svolto un lavoro molto rigoroso per tagliare fuori i PN con meno di 500 parti l’anno, con alcune deroghe, che, però, possono essere lette come forzature. Infatti, alcune delle strutture “promosse” non fanno 500 parti l’anno, ma li faranno (forse) in forza della maggiore richiesta derivante dalla chiusura di altri. Questo meccanismo, per esempio, determina il mantenimento di Termini a danno di Cefalù e Petralia.

Qualcosa dev'essere ancora aggiunta. Non è detto nel Decreto assessoriale, per esempio, che l’attuazione della riorganizzazione deve andare in parallelo con la riqualificazione di tutti i punti nascita secondo standard, che sono più stringenti ed avanzati di quelli di cui al Decreto Legislativo del ’97 sull’accreditamento istituzionale.

Questo è un punto cruciale: nulla si dice rispetto al fatto palese che il punto nascite di Cefalù, essendo allocato in una struttura Ospedaliera già realizzata e verificata sotto il profilo dei requisiti di cui al DLgs del ’97, ha certamente più possibilità di adeguarsi rispetto a Termini Imerese e anche l’ipotesi di allocare un’UTIN avrebbe potuto essere considerata più che praticabile.

C'è, però, un altro argomento ancora più decisivo: in parallelo alla riorganizzazione, oltre che la riqualificazione delle singole strutture, doveva partire la rete STEN e STAM su tutto il territorio Regionale.

Di questa rete non si sa nulla. È giusto chiedersi, allora, come fa, con un ritardo mortificante, nella confusione più totale, nell’impossibilità di potere affermare che in un punto qualsiasi del territorio regionale sia effettivamente possibile poter contare sulla possibilità di ottenere, in condizioni di emergenza, un trasferimento assistito di puerpera e nascituro, meno che mai se in condizioni di sicurezza; come fa, in queste condizioni, l’Assessore a determinare la chiusura di un punto nascite, che, verosimilmente, è il più sicuro della costa tirrenica tra Palermo e Messina, confidando su alternative che risultano di fatto insostenibili, come quelle di Patti e Termini Imerese?

Diciamocelo con franchezza, in questo momento e in una situazione simile della sanità regionale, apparirebbe congruo, anzi, quasi obbligatorio, in funzione dei rapporti territoriali e dell’effettiva condizione delle strutture ospedaliere alternative, non solo “lasciare in vita” Cefalù, ma potenziarla e dotarla di UTIN per servire tutto il vasto territorio tra il margine dell’Area urbana di Palermo, S. Agata di Militello e il versante tirrenico di Madonie e Nebrodi retrostante. Forse, però, questo sarebbe pretendere troppo da certe intelligenze(?)!

Commenti

Scrive oggi LiveSicilia: "E per restare al tema della Sanità, si è riusciti persino nel capolavoro di spendere un anno e mezzo per selezionare i 17 nuovi manager, per poi accorgersi che qualcuno di questi non aveva i requisiti (Zappia, Muscarnera). Negli stessi giorni, invece, veniva avviato il procedimento di revoca di due altri manager che i requisiti li avevano tutti (i catanesi Pellicanò e Cantaro). Anche in quel caso, ovviamente, il Tar ha dato torto al governo. Nel diritto, per fortuna, non è ancora entrato il concetto di “cerchio magico".

Merita di essere letto l'intero articolo: http://livesicilia.it/2015/03/29/da-monterosso-a-ingroia-il-cerchio-e-magico-per-tenerlo-in-vita-anche-leggi-ad-personam_611098/

Poveri noi!!!!! figuraccia se ciò risponde al vero dell'assessore alla sanità. Sarebbe lampante parlare di inefficenza nonchè di impreparazione di tutti coloro sindaci, avvocati, assessori e chi più ne può più ne metta.