L'involuzione politica e i suoi danni

Ritratto di Angelo Sciortino

19 Maggio 2015, 08:34 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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L'altro ieri sera un saccente mi ha definito saccente. Saccente non perché avessi fatto mostra di ciò che sapevo, ma perché, convinto che altri avevano detto prima e meglio di me gli argomenti per contestare i suoi errori, avevo riportato i loro nomi e una sintesi del loro pensiero.

Se fossi stato saccente, gli avrei dovuto contestare con facilità un suo gravissimo errore di ortografia, visto che aveva scritto il troncamento di poco con e non con il corretto po'.

Sempre se fossi stato saccente, avrei dovuto correggere anche un errore di sintassi, laddove scrive è dato farsi un'idea invece della forma corretta è dato di farsi un'idea.

Io, però, sono quel povero asino al quale il bue diede del cornuto e non me la sono sentita di fare il saccente.

Se oggi torno sull'argomento, è perché l'episodio non è soltanto un esempio di saccenteria, in fondo irritante, ma non dannosa, è soprattutto un esempio di prigionia del dogmatismo. La peggiore delle prigionie, perché essa ci fa vedere soltanto le ombre, ma non la realtà. E quando qualcuno ci dice che quelle sono soltanto ombre, subito lo accusiamo di non saper vedere la verità, di essere in malafede e di dire sciocchezze.

Io sono un agnostico, ma i libri sacri li ho letti con attenzione. E fra essi ho letto il Vangelo, dove una frase, fra le tante, mi ha colpito, quella in cui Gesù, prima di morire, dice ai suoi discepoli: “Ho ancora molte cose da dirvi!”. Questa frase di Gesù dovrebbero averla in mente ogni giorno coloro che se ne dicono credenti, come il mio saccente accusatore. Dovrebbero averla in mente e riflettere sul suo vero significato, visto che Gesù le molte cose da dirvi non le aggiunse mai né prima di morire né dopo.

Il vero significato della frase di Gesù è semplicemente che la Verità non è tutta detta e non sta quindi soltanto nelle Sacre Scritture, perché Dio ha più modi e più tempi di parlare e non lo fa soltanto per mezzo della Chiesa, ma anche con la storia e con gli uomini del passato e del presente, siano essi credenti o atei.

Un conforto a questa mia chiave di lettura me lo diede un articolo su La Repubblica del teologo Vito Mancuso, specie nella seguente affermazione: “La fede non è un assoluto, è relativa, relativa alla ricerca della verità. Quando la fede non si comprende più come via verso qualcosa di più grande ma si assolutizza, essa si fossilizza in dogmatismo e tradisce la verità.”

Mi chiedo allora come sia possibile ritrovarsi in questo inizio terzo millennio, con una politica saccente e miope, che pur di difendere la “sua verità” non si fa scrupolo di calpestare le persone e, come un litotritore, frantumarne le coscienze, sprezzante delle loro sofferenze, incurante delle loro difficoltà e soffocando ogni piccolo germe di pur umana speranza.

Perché questo è l'aspetto veramente importante: dimostrandosi questa politica miope e reazionaria a ogni critica, finisce con il rinchiudere gli uomini nella prigionia del dogmatismo e con il togliere loro ogni vera libertà non soltanto di parola, ma tentando di toglierla anche di pensiero.

Il mio riferimento è preciso. Mi riferisco al sindaco Rosario Lapunzina, che in un comunicato ha detto che Saro Di Paola era in malafede e aveva detto sciocchezze, non dandone però dimostrazione, e al dottor Gaetano Lapunzina, per la sua polemica con Saro Di Paola e con il sottoscritto. Sia il comunicato che la polemica completa possono leggersi sul link http://www.qualecefalu.it/node/17043.

Commenti

Dal Vangelo secondo Giovanni  (Gv 16,12-15)
 
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Parola del Signore
 
Evidentemente, da "buon" credente ( quale non sono,  né mai mi sono definito),  non mi ero accorto che lo "Spirito della verità " parla attraverso queste pagine. 
"Ci sono persone che sanno tutto e purtroppo è tutto quello che sanno". Oscar Wilde

...nessuno può escludere che l0 Spirito di Verità parli anche attraverso queste pagine, a meno di non possedere una divina Onniscienza. Il fatto stesso che l'intervento commentato dimostra, proprio in forza del commento stesso, che esso ha spinto alla ricerca il commentatore, dimostrando che forse sono stato un inconsapevole e modesto strumento di Dio, per dimostrare che Egli "ha più modi e più tempi di parlare" agli uomini.

Sull'aforisma di Wilde non posso che dire che io "sono forse il più saggio degli uomini", perché "so di non sapere", come insegnava Socrate e come il mio commentatore non vuole ammettere per se stesso.

Non presumendo di sapere, infatti, da quasi tre anni ho suggerito le soluzioni trovate dopo attento studio e dopo averle sottoposte al vaglio di persone più preparate e intelligenti di me. Tali soluzioni proposte, però, sono state considerate sciocchezze o saccenterie da chi avrebbe dovuto rifletterci, se non fosse come colui che è il vero oggetto dell'aforisma di Oscar Wilde.

"Per quanto riguarda le soggettive implicite rette dal verbo essere accompagnato da un aggettivo o da un avverbio in funzione predicativa (è giusto, è bene, è opportuno ecc...), prevale nettamente la costruzione apreposizionale: è difficile capire, ...
Rari esempi di infinito preceduti dalla preposizione di, più comuni nell'italiano sette-ottocentesco, si possono trovare in autori contemporanei". (M. Dardano - P. Trifone, Grammatica italiana con nozioni di linguistica, Zanichelli). Sull'uso corrente e corretto di "è dato" seguito direttamente dall'infinito senza la preposizione "di", anche http://www.treccani.it/enciclopedia/verbi-impersonali_%28La_grammatica_italiana%29/, che riporta come esempio "è dato sapere...".
Dottore Lapunzina, Lei è assolto dal suo peccato!

Caro Daniele,
il problema è un altro!
Ed è ben più grave.
Tu lo hai capito e sai benissimo qual'è!
Se io la pensassi diversamente mancherei di rispetto alla tua intelligenza.
Solo che ..........

Già, i puntini!
Se al loro posto aggiungessi altro, la mancanza di rispetto alla tua intelligenza sarebbe, da parte mia, più grave della precedente.

Quale assoluzione, se "dato"  non è un aggettivo né un avverbio? Se siamo in presenza, come dice il Treccani, di un verbo impersonale, "dato" dovrebbe essere un participio passato del verbo dare. Sono costretto, quindi, a seguire la Crusca e considerare quantomeno inelegante l'assenza di preposizione.

Noto con piacere, poi, che, pur di dare l'assoluzione, si sorvola su un disgraziatissimo "poco" troncato con un "pò" e non con un "po'". Questo è un peccato mortale, che nessuno di noi può assolvere, ma soltanto Dio.

Aggiungo: visto che il Segretario del PD preferisce queste inezie, da me riportate per dimostrare che a esse preferivo la valutazione di posizioni politiche, perché il sottolinearle avrebbe fatto di me un "saccente", non sarebbe il caso che il prossimo commento riguardi la risposta alla domanda: quanti angeli possono stare sulla capocchia di uno spillo?

Risposto poi a tale domanda, potrei avere lumi sulla posizione del PD sul problema da me sollevato?

Grazie, Daniele.  Perchè, l'intervento commentato dimostra, proprio in forza del commento stesso, che esso ha spinto alla ricerca il commentatore, dimostrando che <anche io>  forse sono stato un inconsapevole e modesto strumento di Dio, per dimostrare che Egli "ha più modi e più tempi di parlare" agli uomini.