"Intermezzo n. 2"

Ritratto di Giuseppe Maggiore

8 Luglio 2015, 12:26 - Giuseppe Maggiore   [suoi interventi e commenti]

Versione stampabileInvia per email

"INTERMEZZO  n.  2"

(...rumores  fuge...)

 

Diletti figli, cari fratelli, desiate sorelle,

or già volge un anno da quando mi allontanai dal cospetto vostro per immergermi nei placidi ludi agricoli a me graditi; e la calda stagione mi sollecita a ripetere l'annuale esodo.

Foto di Daniele Tumminello

Come per il passato, temporaneamente mi assento. Rimarrò in silenzio stampa per i prossimi tre mesi; ma questo blog sicuramente trarrà vantaggio dalla mia vacatio.

Ancora una volta torno ad elencare i prestigiosi apporti di cui mi privo, che connotano la vitalità di quest'urbe.

In mia assenza vi consolerete, pertanto, con:

- le barracatiane liriche profferte in plurimi eclatanti siti nei quali l'aromatica mirtillica fragranza è delizia per le narici e ristoro per l'animus e dove i numerosi premi dal vate ricevuti sicuramente fungeranno, a scorno dei dissenzienti, da onorifico lauro per questa città che gli diede i natali;

- i gallaniani letterari approfonditi estetismi, fautori di istruttive concettualità, che sollecitano lo spirito ad apprezzare il bello, ritenendolo e ad aborrire il brutto, scongiurandolo;

- le mordaci frecciate di sciortinica sostanza, sempre mirate ad ingenerare operosi ravvedimenti e simultanee comportamentali maturazioni;

- le urbane osservazioni di dipaoliana fattura, rivelatrici di pubbliche incurie e fautrici di salutari riparazioni;

- le concise oculate riflessioni di culottiana matrice, da una miriade di esplicative stampe supportate;

- le saltuarie delibere, comunali e regionali o determine che siano, sagacemente riportate alla ribalta e supportate da loprestiani commenti;

e, dulcis in fundo, ma non ultimi, gli avveduti e diplomatici interventi su estemporanee particolari aliene argomentazioni, al bisogno licenziati dalla lungimirante gianfranchiana valutazione.

Eh, si! Dismetterò per qualche tempo le sublimi cogitazioni germogliate al sinuoso fugace passaggio di eteree fanciulle in fiore, regine delle dame, orpello della natura, figure degne di estrosi madrigali il cui concetto di castità, però, spesso e fortunatamente per molti giovani, è un optional; oblitererò l'inebriante profumo di una rosa colta all'alba nel giardino della mia virtuale fioriera, il piacevole scombussolamento prodotto dalle muliebri furtive occhiate per caso rivoltemi e sicuramente indotte da palesi sottaciute tentazioni, le visioni eccitatrici di assolate spiagge gremite da femminei artistici nudi di fidiana modellatura e, in una parola, mi astrarrò da questo pullulante vivaio cosmopolita dove la ragione si smarrisce inseguendo rutilanti fantasìe turbanti, quali:

- dove posteggiare la macchina, attesi che la piazza del lungomare e certi siti possibili in alcune strade sono inagibili per le lunghe teorie di grossi vasi da fiore lì posti a dimora, che, si, sotto l'aspetto ornativo abbelliscono la città, ma che, in realtà, favoriscono i vari ristoranti e bar ivi dislocati;

- come fare ad arrivare a fine mese, data l'esosità dei molteplici balzelli che prolificano a vista d'occhio, nazionali e comunali e che allignano sul groppone dei cittadini più o meno abbienti (perché, non ci nascondiamo dietro un dito, quando la pubblica amministrazione necessita di liquido non si fà specie di dissanguare i poveri contribuenti);

- come riuscire a non rovinare a terra transitando in certe vie in cui il fondo stradale presenta una palese inveterata e denunziata depressione;

- come evitare, quando si acceda a pubblici uffici, di incappare temporalmente nella pausa caffè di alcuni dipendenti oppure quando, malgrado la consistente turba stagnante in attesa, è aperto un solo sportello anche nei giorni di maggior afflusso;

- come riuscire a schivare i molti questuanti, chi seduto sul marciapiedi, chi esibendosi in elementari giuochi, chi addirittura genuflesso, oriundi od indigeni, che stazionano nel corso Ruggero ed altrove e che ad ogni passo ti intralciano il cammino con le loro supplici richieste;

- come astrarsi dai continui assordanti  ritmi di matrice percussiva, che, sia di giorno che di notte, provengono da festaioli locali violando la comune pretesa tranquillità.

Insomma, queste ed altre res adversae, che vengono rilevate da più documentati ed insofferenti osservatori di me.

E, allora, vale la pena chiudere (o socchiudere) una porta per aprirne un'altra? Cambiare capitolo? Voltare pagina, seppure temporaneamente? Eh?

Non vi pare che ciò possa rappresentare un benefico rinnovamento spirituale?

Certo che si. La pena vale! Perché il ritorno alla terra, matrice emblematica di ogni nostro più intimo germogliare, come scrissi altrove, è salutare! Più che salutare! È come fare il bucato utilizzando detersivi di vaglia, quali la spuma di champagne o il fabuloso blu (esotici nomi che fantasticamente inneggiano alla visione di un palmizio sopra un'isola deserta i cui rami protendono ombre consolatrici su un'Eva sdraiata a godere dell'aria marina); come rilubrificare il cervello servendosi di un ingrediente sopraffino, l'olio Dante, per esempio; come espurgare la stanchezza, fisica e mentale, con uno specifico introvabile che solo un riesumato Dottor Dulcamara potrebbe approntare!  

D'altro canto non vorrei ripetere gli stessi concetti (che in fondo qui necessariamente mi trovo a riproporre, perché i sentimenti son sempre quelli, le intenzioni ed i gusti pure, la mentalità ed il carattere idem, per non parlare delle abitudini intellettive nell'usare un vocabolo anziché un altro, una perifrasi al posto di una semplice apposizione) già espressi nel mio primo "Intermezzo"  pubblicato l'anno scorso in data 17 Luglio su questo encomiabile ed apprezzatissimo foglio virtuale, al quale mio precedente intervento rimando Chi voglia saperne di più. (http://www.qualecefalu.it/node/13173)

E poi, scusatemi, chi è che non si ripete? I modi di dire, la costruzione della frase, gli aggettivi qualificativi e quant'altro, non sono sempre gli stessi? Eh?!

Tutti ci ripetiamo nella vita, così come accennavo nel periodo precedente, a suffragio del quale proseguo, perché tutto ciò che facciamo o diciamo promana da noi, dalla stessa pentola, dallo stesso calderone, dalla stessa visione del circostante, dalla stessa univoca dose culturale posseduta.

Anche i grandi, d'altronde, ripropongono a livello inconscio ciò che hanno fatto o detto in precedenza.

Fellini, per esempio, ha realizzato sempre lo stesso film, soprattutto nella maturità, seppure con trame diverse. Ma il leitmotiv è rimasto inalterato: ha raccontato le sue ubbie e basta. E Antonioni, vogliamo parlare di Antonioni? Che ha fatto Antonioni se non riproporre ad iosa sempre quello che la sua mentalità informale è riuscita a recepire della realtà? E Rosi, ci si ricorda di Rosi? Non ha fatto altro che magistralmente segnare sulla pellicola quanto l'Amico Sciortino costantemente denunzia sulla carta.

Ed i pittori? Che fanno i pittori se non esprimere sempre le stesse visioni attraverso immagini prevalentemente espresse sotto colori ed angolazioni diversi?

E gli scrittori? Vogliamo tralasciarli? Certamente no. Gli scrittori supportano costantemente le stesse ideologìe di fondo, pur inquadrandole da posizioni dialettiche eterogenee.

E l'uomo comune non vi pare che faccia lo stesso? Tutto è dominato dal carattere, dall'indole, dalla personale conoscenza; quello che cambia è lo stile con cui, a tutti i livelli, viene dibattuto un argomento e affrontato un problema. Tutto qua.

Da quanto sopra si evince che ciò che io faccio o dico fà parte del mio DNA. Ne più, ne meno. L'analessi, quindi, ove vi sia (e quasi sempre sussiste!), non è per niente condannabile ma è una costante, giustificata, quantunque a volte inopportuna. E qui mi sorge l'amletico dubbio: questo mio saluto, questo mio reiterato accomiatarmi, questa mia comunicazione di partenza è un comportamento etico oppure no?

Mah! E chi lo sa! Solo un saggio potrebbe rispondere. Ma dov'è il saggio? La saggezza è rara; ce n'é penuria (Totò, con la sua connaturata vis comica, direbbe "peluria"). Vai a trovarla, specialmente oggi in cui il profitto governa il mondo. E ciò in un universo progressista in cui l'atavico noto aforisma: "...tutti sono pazzi tranne il sapiente..." non alligna più! Questa considerazione ci atterrisce!

Chi, dunque, risolverà l'amletico dilemma?

Bando, comunque, ai virtuosismi letterari, agli elzeviri ben piazzati, alle frasi involute che lasciano il tempo che trovano in una realtà sofferente per i mille gravosi impegni che vessano le coscienze!

La situazione enunciata permane: io me ne vado e vi saluto!

E più oltre non dico e mi taccio! (con grande gaudio, credo, dell'ipotetico benevolo lettore, alla cui sublime pazienza mi affido!)

 

Cefalù, 8 Luglio 2015                                                                                                                                                                            Giuseppe Maggiore

Commenti

Solo oggi, in una mia brevissima sortita in paese, mi accorgo del Tuo commento; e contraccambio:
"...questo sguardo ammaliatore / mi fagocita l'umore / e il Tuo spirito mordace / irretisce la mia pace!..."

Con molto affetto.
Pippo.

Caro Pippo,

certo che ci mancherai! Ci mancheranno le tue brillanti recensioni, le tue argute novelle e i racconti, le tue intelligenti riflessioni sull'attualità. Quindi, ci aspettiamo che l'intermezzo abbia un, anche se fuggevole, intermezzo!

Enzo Rosso