Teatro di pietra

Ritratto di Saro Di Paola

25 Luglio 2016, 12:01 - Saro Di Paola   [suoi interventi e commenti]

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La cavea di pietra.
Nella pietra.

La scena: proscenio al paesaggio.
Di mare, di costa, di monti, di cobalti, di verde.

     

     

     

     

Il Teatro dei nostri padri. 
Il Teatro dei Greci, dei Romani.
Teatro di pietra. 
Teatro per sempre.

Il teatro nella cavea di San Calogero?

    

Facciamolo come quelli dei nostri padri. 
Con la scena, proscenio. 
Con la cavea di pietra nella pietra. 
Teatro per sempre.
Come quello di Pietrarosa.

    

Saro Di Paola, 25 luglio 2016

Commenti

Caro Saro,

permettimi di completare con due aneddoti le tue osservazioni.

Il primo: quando gli egiziani costruivano le piramidi a base quadrangolare, non avendo a disposizione i mezzi attualmente a disposizione degli ingegneri come te per fare un angolo esatto di 90°, creavano due lati uno di 3 metri e l'altro di 4 metri, poi univano le estremità con un lato di 5 metri, ottenendo così, per il teorema di Pitagora, l'angolo retto.

Il secondo: una volta i tedeschi, in pieno '800, decisero di costruire in Germania il Partenone d'Atene. Andarono i loro ingegneri a rilevare le misure. Il risultato fu un Partenone sbilenco, perché i tecnici non avevano tenuto conto di alcuni accorgimenti costruttivi, che davano al monumento originale lo slancio, che lo rendeva degno d'ammirazione. Vergognati, buttarono giù la loro copia.

Tanto ci sarebbe da dire per l'acustica, che nei teatri antichi è eccezionale, pur non essendoci allora gli strumenti per misurarla.

Giuste le tue osservazioni sulla ubicazione del proscenio. Ma mettiamoci il cuore in pace: gli architetti di oggi non sono i progettisti delle Piramidi né quelli dei teatri greci, non sono Fidia o Arcesio o Diogneto. I Tedeschi ebbero il buon senso e il coraggio di distruggere la malriuscita copia del Partenone; noi che abbiamo meno buon senso e temerarietà, ma non coraggio, torniamo a costruirli. Amen!

Grazie Saro per aver pubblicato le tue osservazioni, perché mi danno l’opportunità di poter dire qualcosa in merito.

Ho partecipato anch’io al concorso per la progettazione di un teatro all’aperto nella cavea di san Calogero sulla rocca con il gruppo di Tania Culotta. Certamente il progetto, così come previsto dal bando,  è di idee, non siamo scesi molto nei particolari, ma per noi è stata una bella occasione di confronto e di crescita. 

Come hai ben ribadito, progettare un teatro, è un atto che contiene in  riferimenti culturali che vanno oltre la visione comune dell’architettura e del paesaggio.

I nostri ragionamenti si sono fondati sulla storia dell’architettura e in particolare sull’idea di teatro dell’antichità classica, che oltre a diventare un tutt’uno con il luogo, predilige l’apertura verso il paesaggio. Il nostro progetto, forse, è stato l’unico ad aprirsi verso il paesaggio con un approccio che ha tenuto conto della particolare morfologia del luogo, incastonando nell’abbraccio della cavea rocciosa, la nuova cavea del teatro. Tutto per aprirci verso un paesaggio millenario, paesaggio che la commissione ha ritenuto di basso livello per l’edilizia edificata negli anni 60’ nella sua parte bassa. Ma qui il riferimento al teatro romano con i grandi corpi scenici, più che a quello greco, è stato fondamentale poiché ci ha permesso di selezionare il paesaggio con l’esclusione di quelle parti oramai compromesse.

Ricordo un progetto di Giorgio Grassi, la ricostruzione del teatro romano di Sagunto, che gli costò ben dieci anni  di ritardo dei lavori, perchè prevedeva la ricostruzione dell’antico corpo scenico che ai tanti del posto, che avevano una visione comune dell’architettura, risultava ingombrante nel contesto paesaggistico in cui si poneva. Fortunatamente è stato finito in tutte le sue parti ed il risultato, a mio avviso, imprime maggiore qualità al luogo, oltre che al teatro stesso.

Nel concorso della cavea di san Calogero, tra i progetti che ho visto, compreso quello vincitore, si nota la completa mancanza di lettura dei luoghi privilegiando l’ideazione di un elemento - teatro appoggiato sul piano antistante la rocca. Li ritengo dei mobili, alcuni ben fatti altri meno, che privilegiano l’aspetto formale dell’oggetto teatro in sé, piuttosto che quello della perfetta integrazione nel  contesto della grande architettura di pietra della rocca e dell’apertura verso il paesaggio.

Grazie Saro per avermi riportato, con i tuoi riferimenti, dentro il corretto contesto scientifico disciplinare, di cui un buon progetto di architettura non può fare a meno.

Il paesaggio è scena.
Quale che esso sia e quale che sia il punto di vista dal quale lo si guarda.
Nei teatri dei nostri padri la scena era proscenio al paesaggio.
"Introduceva" la vista degli spettatori per farla perdere nell'orizzonte del mare o nel fondale che i monti, più o meno lontani dalla scena, disegnavano nel cielo.
Si legge nelle scene che non ci sono pervenute di tantissimi teatri (nelle foto quelle dei teatri di Akrai, di Segesta, di Siracusa).
Si legge nelle scene che ci sono pervenute.
Come quella del teatro romano di Plovdiv (nella foto) il cui fondale è disegnato dai Balcani della Tracia.
Oltre la scena del teatro di Taormina la costa jonica a sinistra e l'Etna sulla destra.
Con due grandi finestre aperte nella scena, proprio, per "introdurre" ed indirizzare la vista degli spettatori sulla costa e sul vulcano.

Ben detto Saro, il tuo punto di vista è quello della grande cultura classica da cui deriviamo e che, molto spesso, dimentichiamo.