Non calamità naturale, ma banalità naturale

Ritratto di Angelo Sciortino

26 Luglio 2016, 21:48 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Credo che oggi a Cefalù sia indispensabile dichiarare non il caso di calamità naturale, ma quello di banalità naturale, almeno a sentire le frequenti dichiarazioni dei nostri Amministratori e, soprattutto, le loro azioni politico-amministrative.

Intanto, sembra che ormai essi abbiano abdicato alle loro funzioni istituzionali, per demandarle alla giustizia amministrativa o civile. Se, infatti, dovessimo contare i ricorsi presentati al TAR, al CGA, alla Corte dei Conti e in tutte le sedi scelte anche maldestramente, perché incompetenti o senza giurisdizione, l'elenco sarebbe lungo e noioso, ma persino doloroso per le sconfitte che in tanti casi hanno accompagnato i ricorsi fatti o subiti.

Le conseguenze non sono di poco conto. La funzione della politica è quella, ben diversa da quella dei tribunali, di dare spazio al compromesso nell'interesse della comunità dei cittadini. E il compromesso non potrà mai raggiungersi con il muro contro muro, per cui si finisce con il creare danni ai cittadini con la banale giustificazione che esso è la conseguenza dell'intenzione di far loro il bene, che non si è raggiunto per colpe di decisioni del passato.

Ancor più banale della giustificazione c'è l'interpretazione, che spesso viene data delle leggi e delle norme, in forza delle quali si ricorre ai tribunali. Su quanto quelle interpretazioni si siano dimostrate inconsistenti o errate, ne hanno dato prova diverse sentenze, per cui non torno a parlarne.

Questo per quanto riguarda il coinvolgimento dei tribunali. Altre banalità hanno riguardato e riguardano l'attività amministrativa in senso stretto. Questa Amministrazione, infatti, si attiene al principio enunciato da un esponente del PD, Fausto Raciti, “di deresponsabilizzazione della politica attraverso i tecnici.”. Questo principio supera ogni banalità immaginabile. In democrazia gli elettori vengono in questo modo defraudati del loro potere di controllo e di giudizio dell'operato di coloro che hanno eletto a rappresentarli. Infatti, se ogni responsabilità è dei tecnici, si presentano non pochi problemi. Innanzitutto, come togliere la propria fiducia a chi non si è mai data, visto che i tecnici sono stati nominati dai politici? Chi garantisce al cittadino che il politico, che li ha nominati, non usi la sua influenza per far fare loro cose che per scienza ritengono sbagliate? E se il tecnico dovesse opporsi, chi gli garantisce di poter godere della fiducia del politico, che lo ha scelto? Anche quando il tecnico è un burocrate, potrà mai sottrarsi alla volontà del politico? E, infine, la scelta fatta da un politico impreparato a capire la preparazione del tecnico – dal legale all'ingegnere – non potrebbe essere sbagliata?

Però, secondo la legge approvata pro domo sua dai politici, ogni responsabilità, anche penale, è dei tecnici e dei burocrati, di questi pigmei responsabili di un elefante, come qualcuno li ha definiti.

Di fronte all'elefante burocrazia i cittadini sono inermi, visto che coloro che hanno scelto per rappresentarli e per rappresentarne gli interessi si auto-deresponsabilizzano, creando ad hoc un capro espiatorio nei burocrati.

Tutto ciò non è originale, ma banale. Per conseguenza, anche l'attività amministrativa di Cefalù, attenendosi a quanto sviluppato finora, non ha nulla di originale rispetto a quella passata, che accusa delle peggiori nefandezze, ma è banalmente uguale a essa: incompetente e dannosa.

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