Prima del Piano regolatore occorre approvare il Piano paesaggistico

Ritratto di Salvatore Ilardo

1 Agosto 2016, 13:23 - Salvatore Ilardo   [suoi interventi e commenti]

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PRIMA DEL PIANO REGOLATORE OCCORRE APPROVARE IL PIANO PAESAGGISTICO

 

Non è un pio desiderio di comuni cittadini, quanto invece la prescrizione di una consolidata Legge dello Stato, meglio nota come “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, D.L. n. 42 del 22.1.2004. Non si tratta di un puro adempimento formale, burocratico, ma di una disposizione coerente, logica, con quelle che sono le priorità in primis del territorio: la salvaguardia delle sue peculiarità paesaggistiche, le sue bellezze naturali, le coste, le vallate, a cui tutti noi dovremmo tenere, a prescindere dalla nostra formazione culturale, dalle proprie simpatie politiche, dai nostri excursus professionali, dall’essere o non essere nativi dei luoghi dove operiamo.

La tutela del paesaggio assume un valore culturale determinante per la difesa della nostra identità collettiva. In questo senso, la riforma del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio del 28.1.2008 rappresenta l’inizio di una rifondazione ecologica del Paese. Fondata sull’art. 9 della Costituzione, che sancisce in modo solenne il dovere della Repubblica di “tutelare il paesaggio e il patrimonio storico ed artistico della Nazione”, il Codice interviene opportunamente sul nodo dei rapporti tra Governo centrale ed Enti locali. Esso mira, infatti, a riportare questa competenza nell’ambito di una visione più generale, riducendo un eccesso di delega che, in questo campo, ha prodotto una sovrapposizione e frammentazione di poteri decisionali tra Regioni e Comuni, a danno della trasparenza e della legalità.

La riscrittura del Codice è stata avallata in corso d’opera dalla stessa Corte Costituzionale che, con una sua sentenza (n. 367/2007), ribadisce che la tutela del paesaggio rientra nella competenza “esclusiva” dello Stato, precedendo e limitando il governo del territorio attribuito agli Enti locali.

Da qui, appunto, l’obbligo di elaborare i piani paesaggistici con una pianificazione congiunta tra Stato e Regioni. In questo iter amministrativo, disciplinato dall’art. 143, è previsto il parere vincolante e preventivo delle Soprintendenze, su qualsiasi intervento urbanistico che incida su territori vincolati.  

La Pianificazione paesaggistica, e l’elaborazione del Piano paesaggistico (art. 143), sono il prodotto congiunto di una interazione tra Stato e Regioni, volto in modo interdisciplinare ad una analisi delle dinamiche della trasformazione del territorio, attraverso l’individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio. La necessità quindi di determinare misure per la conservazione dei caratteri connotativi delle aree tutelate per legge, nonché degli interventi di recupero e di riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate, e degli interventi di valorizzazione.

I Comuni, con il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, non sono abbandonati a se stessi. Le Regioni, il Ministero dei Beni Culturali e del Turismo, Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, possono stipulare intese per la elaborazione congiunta dei piani paesaggistici. Nell’intesa, è stabilito il termine entro il quale deve essere completata l’elaborazione del Piano.

A seguito del devastante incendio di giugno scorso, che ha danneggiato ampie aree a verde del nostro hinterland, con la soppressione tra l’altro di migliaia di alberi di ulivo secolari, patrimonio storico del nostro territorio, non si potrà lasciare a qualche iniziativa dei singoli proprietari di ricostituire timidamente e con pochi mezzi qualcosa di quanto è stato distrutto.

Foto La Presse/Guglielmo Mangiapane

Occorrerà un enorme sforzo di tutta quanta la collettività, con una strumentazione adeguata, che è proprio una pianificazione paesaggistica che blocchi sul nascere, in modo deciso, qualsiasi iniziativa volta magari a cementificare aree danneggiate dal fuoco. Un pensiero va alla valle di Fiume Carbone, dove non l’incendio, ma una impresa chiamata a realizzare un’opera pubblica, il ben noto raddoppio ferroviario, aveva proceduto alcuni mesi prima all’abbattimento di circa 800 piante di ulivi secolari, ritenute affette da “fisiopatie, parzialmente bruciate e o in stato di abbandono”.

Abbattimento in completa violazione delle norme che prevedono il parere vincolante e preventivo della Soprintendenza, su aree vincolate dal punto di vista paesaggistico, come è quella di Fiume Carbone. Su questo mancato adempimento, che non è soltanto burocratico, vorremmo che la nostra Amministrazione Comunale fornisse, più volte sollecitata, dei chiarimenti precisi, e non l’alibi di una firma di uno sconosciuto funzionario dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura.

Se vogliamo quindi voltare pagina, cominciamo dal denunciare tale clamoroso illecito, non importa se giustificato dall’apertura di cantieri delle Ferrovie in quella vallata, e diamo significato morale e politico all’eredità preziosa che ci ha lasciato il nostro compianto Prof. Architetto Pasquale Culotta, al quale ieri l’Università di Palermo ha conferito l’onorificenza di “Benemerito” per le sue molteplici attività, tra le altre, di ricerca nella… costruzione di ponti,… di nuovi equilibri.

Cefalù 1 agosto 2016

                                                                                           Comitato Ferrovia Impatto Minimo
                                                                                           (Salvatore Ilardo)

Commenti

Egregio Signor Ilardo,

Mi rallegro per l'argomento che lei ha affrontato su questo Blog.

Che qualcuno si ricordi di questo dovere primario nell'ambito delle attività amministrative pubbliche e ne parli con qualsivoglia approccio mi fa piacere. E colgo l'occasione per introdurre qualche considerazione, anche con l'intento di precisare quali sono le priorità a cui deve attendere la pubblica amministrazione in materia pianificazione territoriale ed urbanistica. Per essere scorrevole evito di citare le fonti normative.

E compito di tutti i Comuni dotarsi di Piano Regolatore Generale (PRG). Lo stesso deve essere redatto in modo tale da rispettare i contenuti di eventuali strumenti di pianificazione e programmazione alla scala superiore, se vigenti. Il piano territoriale e nella fattispecie il Piano Paesaggistico, che ci interessa, non è ancora vigente ne pubblicato. Si hanno notizie sul sua gestazione piuttosto problematiche che lasciano presagire tempi lunghi. Va da sè che non appena il Piano Paesaggistico sarà approvato (non esiste per ora un modello matematico che possa fare previsioni probabilistiche sui tempi occorrenti), ogni Comune, dell'area estesa grosso modo a quella del territorio della ex Provincia, dovrà adeguare il proprio PRG ad esso.

Nell'attesa di norme gerarchicamente superiori, il PRG rimane inderogabile compito di tutte le Amministrazioni ed ogni ritardo nella sua redazione è dimostrazione della intolleranza alle regole e trascuratezza nella salvaguardia delle emergenze paesaggistiche. Se pero si vuole e si deve conferire al Piano Comunale il carattere di un Piano urbanistico, che tiene in particolar modo alla tutela degli aspetti salienti del paesaggio, è possibile che il tema del paesaggio possa essere anticipatore, all'interno di un quadro di scelte coerenti nell'uso del suolo, di ciò che potrà essere il Piano Paesaggistico.

Quindi, prima il PRG e, se possibile subito, perché siamo in grave ritardo a Cefalù.

Rinnovo la stima per aver affrontato un tema che ritengo di civiltà obbligatoria e indilazionabile.