Catastrofi non conformi, ma compatibili.

Ritratto di Angelo Sciortino

27 Agosto 2016, 22:14 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

Versione stampabileInvia per email

 

I morti del recente terremoto delle Marche sono già 291. Durante i funerali di alcuni di loro lo stesso vescovo di Ascoli ha esclamato: “Signore, ma tu dove stai?”. Per un credente di sicura fede la domanda sorge spontanea di fronte alla morte di bambini di diciotto mesi o di nove anni; spontanea come spontaneo sorge il dolore in ogni uomo, credente o no.

Un'altra domanda, però, dovrebbero porsi gli uni e gli altri, credenti e no: dove abbiamo sbagliato? Quando la nostra presunzione ci ha fatto decidere di costruire le nostre case, dove i nostri bambini giocavano ignari di quanto esse fossero poche sicure? Di quelle costruite ai nostri giorni e di quelle costruite molti secoli fa, che una becera burocrazia delle Sovrintendenze ha voluto che rimanessero come mummificate?

Forse Dio era distratto, quando le Amministrazioni comunali, i tanti uffici del Genio Civile, le Sovrintendenze e i legislatori tanto distratti quanto ignoranti, permettevano che il nostro suolo fosse coperto di cartapesta o che tale cartapesta vi rimanesse senza accorgimenti tecnici, in nome di un errato concetto di conservazione dell'architettura antica. Ma non possiamo dare la colpa a un qualsivoglia Dio della nostra egoistica sete di facile guadagno economico o di acquisizione di suffragi per la conservazione delle nostre poltrone.

La colpa è dell'uomo e soltanto dell'uomo! A questo punto non dobbiamo chiedere la ricerca di coloro che sono responsabili della mancata prevenzione. Sarebbe una distrazione, che ci allontanerebbe dal nostro compito di dare finalmente all'Italia un sistema di prevenzione degno dei Paesi civili, come il Giappone e gli stessi Stati Uniti d'America. Questo compito non può più essere affidato allo Stato e ai Governanti, che, per decidere quanto sarebbe giusto fare, scelgono con la vista corta di chi guarda all'acquisto di simpatie elettorali; meno che mai ai burocrati di tale Stato centralizzato e per tale ragione lontano dai cittadini, prime vittime degli errori della loro presunzione. Questo compito deve tornare a essere proprio dei Comuni. I cittadini devono vedere con i propri occhi chi decide del loro territorio, quali errori commette e se viene rispettata la loro sicurezza anche di fronte a terremoti o alluvioni, che non ci manda un Dio, ma la natura, che dà alle catastrofi una forza distruttiva maggiore quanto è minore il rispetto di essa.

Porto a esempio la famosa variante di Sant'Oliva a Cefalù. In dieci consiglieri l'hanno approvata e il loro presidente ha dichiarato che “le carte erano a posto”. Le carte? Con le carte a posto si ferma una eventuale esondazione del torrente Sant'Oliva e una conseguente frana? Quel terreno non subirebbe più di un altro le conseguenze di un possibile terremoto?

Ma poi, siamo certi che “le carte” esaminate in sede di commissione consiliare erano “a posto”?

Ecco allora il vero problema della prevenzione. Pensarci localmente, come un buon padre, e scegliere chi dovrebbe amministrarci fra gli uomini, che guardano più alla realtà e alla natura e meno alle “carte”, tra l'altro interpretate da essi. Se ciò non accade, con quella matita e chiusi nella cabina elettorale potremmo punirli per i loro errori, certi che la punizione fungerebbe da esempio e da deterrente per i loro successori.

Oggi questo sarebbe ancora più facile che in passato, grazie alla rapidità e alla molteplicità dell'informazione tramite internet. Forse è questa la vera ragione, per cui chi ha il momentaneo potere attacca, con frequenza sempre maggiore, la stampa sul web e tenta persino di zittirla o di intimorirla con le querele. Così fecero e fanno i sistemi dittatoriali, ma non possono impedire che la natura, con le sue catastrofi, dimostri prima o poi quanto poco valgano le loro “carte”.

Dispiace che a piangerne le conseguenze siano troppo spesso persino i bambini, colpevoli soltanto di essere nati in un mondo “non conforme, ma compatibile”.

Proprio nell'agosto di un anno fa Saro Di Paola scriveva su questo blog di quanto stava accadendo a Sant'Oliva: http://www.qualecefalu.it/node/17752.

Commenti

di un piano di evacuazione, in caso di emergenza, vigente per Cefalù? Mi pare che ogni Comune dovrebbe averne uno. Mi sbaglierò ma mi pare di ricordare qualche anno fa, in un C.C., un virtuoso consigliere di opposizione redarguire l'allora Sindaco Guercio per tale assenza.

Così Sergio Rizzo sul Corriere di oggi:

Perché è inutile illudersi: una guerra così la vinciamo unicamente se diventa, ha fatto intendere ieri il direttore del Corriere, una guerra di popolo. Nella quale tutti devono essere impegnati, senza eccezione. Per questo serve un patto della nazione che coinvolga forze produttive, categorie professionali e organizzazioni della società civile, oltre ad amministratori e politici. Le associazioni imprenditoriali quali Confindustria e Ance sono disponibili a una mobilitazione generale su questo fronte insieme ai sindacati? Gli amministratori locali sono pronti a dedicare gli sforzi maggiori a questa missione? E gli ordini professionali degli ingegneri, degli architetti, dei geologi …? E le università con i centri di ricerca? E le tante associazioni ambientaliste? I burocrati, poi, sono preparati a rinunciare alla produzione di decreti, circolari e regolamenti sempre più complicati per aiutare finalmente a rendere più agevoli i processi decisionali? I politici, infine, ritengono accettabile l’idea di assumersi la responsabilità di decidere?

Invece a Cefalù tutti tacciono!