Plasticismo concertante

Ritratto di Giuseppe Maggiore

5 Giugno 2018, 07:24 - Giuseppe Maggiore   [suoi interventi e commenti]

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PLASTICISMO CONCERTANTE

 

Zora, o dell'eleganza del movimento impresso nelle flessuose forme modellate dalle sue abili mani.

Zora, o della grazia del tratteggio nel quadro di un'armonìca cadenza espressiva coinvolgente, o della linfa vitale di cui, con cognizione di causa, sono permeate tutte le sue mirate creazioni.

Zora, o della passione del fare, del creare, del mostrare, dell'esternare le sue più intime pulsioni rivelatrici di un animo sensibile forgiato dallo studio e dalle inevitabili intemperie che l'esistenza non manca di elargire a ciascuno, avvalendosi del mediatico mezzo che gli è più congeniale e diretto: la scultura, dimensione fatta propria secondo la tecnica diretta dell'addizione.

Molte le opere esposte nella mostra allocata all'Ottagono di S. Caterina, ampio vetusto locale, quasi un anfiteatro, tempio dello spirito, luogo sacrale deputato all'arte nelle sue multiformi proiezioni prospiciente la stupenda piazza del Duomo di questo rinomato centro turistico la cui mirifica storica cattedrale è stata dichiarata patrimonio dell'UNESCO.

   

La mostra, inaugurata lo scorso 6 Maggio alla presenza delle più alte cariche istituzionali della città e di un folto e selezionato pubblico sotto il patrocinio del  Comune di Cefalù, della Fondazione Culturale Mandralisca, dell'Assessorato dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana e di Palermo 2018 Capitale Italiana della Cultura, curata con oculatezza dalla D.ssa Rosalìa Liberto, fattiva lungimirante Funzionaria della predetta Fondazione, proseguirà fino al 31 ottobre nella sede dello stesso sopracitato Organismo (http://www.qualecefalu.it/node/21968) al quale il palermitano Autore, M°. Domenico Zora, scultore favorevolmente conosciuto ed apprezzato su ribalte internazionali, intende regalare alcune delle sue più accreditate creazioni.

Molti i pezzi da ammirare, intelligentemente disposti nello spazio espositivo.

   

Ciò che colpisce di più ad una prima lettura interpretativa dei manufatti è l'eleganza del movimento delle forme. C'é qualcosa di eminentemente cinematografico che le composizioni evidenziano: il piede alzato della ballerina al suono di una latente elegiaca sinfonìa, pregevole aggraziata scultura che vanta l'apporto carismatico dell'ineguagliabile etoile, per l'occasione modella, Carla Fracci, i muscoli contratti dell'atleta, prono, pronto a scattare nella esemplificazione della sua performance, l'imponenza evolutiva del complesso "La grande mattanza", affresco che focalizza l'azione della pesca del tonno nel suo momento cruciale più realistico e drammatico: quello degli animali intrappolati ed uncinati nella liquida camera della morte.

Artista sensibile e di spiccato spessore, Zora dirama i suoi molteplici interessi culturali e narrativi, le sue fantasiose vedute, nelle direzioni sociali più svariate.

È da notare la sensualità prorompente che emana dalla figura di donna che con gesto disinibito, quasi una liberazione da occulti dettami di una falsa morale, le mani intrecciate nella nuca e lo sguardo rivolto alla sua sinistra, con atteggiamento languido e senza falsi pudori sembra offrirsi all'amplesso. Dal bronzo emana una libido che giustifica appieno il titolo attribuito alla composizione stessa: "Sensualità".

O l'altra figura femminile, il volto sempre rivolto alle sua sinistra con atteggiamento partecipe e riflessivo (posa espressiva di intenso impatto), "La grande danza", bronzo che, mettendo a nudo le molteplici capacità esecutive dell'autore, riflette le sue più profonde concezioni dell'universo femminile.

E ancora: con che dolcezza e afflato lirico la madre tiene abbracciato a sé il suo pargolo, in un gesto d'amore e di protezione, nell'altro bronzo, "Maternità"; atteggiamento che sottolinea il calore materno che fra tutti gli impulsi naturali è quello più veritiero e profondo.

Grandiosa, pure, l'opera "La crocifissione del servo di Dio", dall'autore a suo tempo donata al Papa Giovanni Paolo II e la scultura il "Satiro danzante" donata al Presidente della Repubblica emerito Giorgio Napolitano.

Queste creazioni promananti dalla spigliata verve di uno Zora prolifico e preparato, sulla cui tecnica compositiva tuttavia non mi esprimo non avendone competenza, e le tantissime altre che dànno prestanza di sé ovunque vengano mostrate, rispecchiano un vissuto culturale di tutto rispetto; un vissuto in cui la linfa poetica che lo ha sempre supportato e sostenuto lo ha immancabilmente portato a dei risultati più che eccellenti.

Non bisogna dimenticare che la quasi cinquantenaria carriera dell'Autore è stata sempre costellata da riconoscimenti, premi e quant'altro.

Un mio vecchio compianto professore di liceo, Steno Vazzana, in una intervista che ha rappresentato il leit-motiv del mio film "Una città, un uomo", ebbe ad esprimere: "... il sentimento della bellezza percepito nella natura è l'anima della poesìa..."

Parafrasando la superiore citazione io mi permetto di adattarla ad un concetto più particolare, che è quello dell'arte considerata nella sua più generale essenza.

Con l'arte, infatti, l'uomo tende a spezzare i lacci che lo avvincono alla sua terrena fralezza, alla risibile materia di cui è costituito, per librarsi in un etere più vicino alle superne sfere; quasi a voler operare un espediente di riscatto della informe limitatezza delle proprie scarne strutture nel tentativo di innalzarle verso la sublimazione perenne cui lo spirito ambisce.

La mostra è stata indubbiamente ingentilita e supportata dalla costante gradevole presenza della nota promoter Sylvia Patti, la cui elegante innata classe ha sicuramente influito nei rapporti con la pubblica fruizione.

In tutte le manifestazioni culturali che si rispettino Sylvia è sempre lì, pronta, compiacente, disponibile, icona insostituibile, mascotte di "ruolo".

Indubbiamente ci sa fare. Chi può negarlo? Ma, comunque, bisogna convenire che è stata anche fortunata in un tempo di penuria di posti di lavoro a trovarne uno "a tempo indeterminato" lucrativamente appagante, come questo di perenne padrona di casa.

Non mi meraviglierei, pertanto, se qualche giorno la vedessi circolare con una Ferrari. Beata lei!

Numerosissimi i visitatori, soprattutto stranieri di estrazione europea, che non hanno mancato di offrire il proprio genuino apprezzamento lasciando firma (e molti anche un favorevole commento) sull'apposito registro opportunamente approntato all'uopo.

Approssimandosi la stagione vacanziera non mi resta, a questo punto, che concludere con una frase latina, riservata agli eletti che riusciranno a decifrarla (Enzo Rosso c'é riuscito; con qualche sforzo, si, ma c'é riuscito, perbacco. Ma lui è professore, seppure emerito!):

eo rus!

Cefalù, 5 Giugno 2018

                                                       Giuseppe Maggiore

Commenti

Il Maestro  Pippo  Maggiore, come sempre, mostra una  rara capacità di penetrare nei più reconditi anfratti di un'opera d'arte, andando oltre la fattura esteriore, quasi risalendo alle motivazioni emozionali che hanno spinto l'artista a modellare la materia in quel modo e non in un altro. In poche parole, Pippo sa immedesimarsi nell'artista, riuscendo a risalire al suo stato d'animo al  momento della creazione. E chi, se non un altro artista, può farlo?