La pianta di Cefalù del Passafiume: una vicenda da chiarire

Ritratto di Franco D'Anna

16 Febbraio 2019, 15:45 - Franco D'Anna   [suoi interventi e commenti]

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L’altro ieri, sfogliando il catalogo della “Mostra della Iconografia Storica di Cefalù” allestita dalla Fondazione Mandralisca alla fine dell’anno 1991, a cura di Nico Marino, con l’introduzione di Domenico Portera, mi sono ricordato della pianta di Cefalù del Passafiume.   

La Biblioteca Mandralisca con i suoi 7.000 volumi circa, di cui 3.500 lasciatici dal Barone Enrico Piraino di Mandralisca, è stata, ed è ancora oggi, la più importante accessibile a Cefalù. I libri più comuni vengono dati in prestito, mentre quelli di particolare valore possono essere consultati solo all’interno della biblioteca.

Uno di questi volumi è il “De origine Ecclesia Cephaleditanae eivsque urbis, et diocesis. Brevis descripitio” di Avctore Fr. Benedicto De Passaflvmine Cephaleditano, pubblicato nel 1645 e conosciuto comunemente come il Passafiume.

Il testo ha avuto da sempre valore testimoniale relativo alla Città di Cefalù, alla Basilica Cattedrale, al suo Vescovato e alla Diocesi.

In occasione del Centenario del Liceo Mandralisca, sorto per volontà testamentaria di Enrico Piraino, il Consiglio di Amministrazione di allora, di cui ero Presidente, sapendo di fare cosa gradita ai tanti raffinati bibliofili e, al tempo stesso, per evitare che il testo originale potesse essere danneggiato dai tanti studiosi durante la consultazione, decise di fare stampare detto libro in anastatica, con tiratura limitata da 1 a 100 copie.

Però, al momento della stampa, ci rendemmo conto che dall’ultima pagina del volume mancava la pianta di Cefalù. Qualcuno, in passato, l’aveva sottratta strappandola anche in malo modo. Di tale mancanza, peraltro, la Fondazione era già a conoscenza ma, malgrado le tante ricerche, non era riuscita ad avere alcuna notizia in merito.

Sul momento decidemmo di sostituirla con quella dell’altra copia esistente a Cefalù di proprietà della famiglia Agnello ma, per evitare un falso, ritenemmo opportuno riprodurla sul retro della copertina, in formato ridotto.

Anni dopo, sul suddetto catalogo della “Mostra della Iconografia Storica di Cefalù”, ci siamo accorti che, a pag. 13, era stata riprodotta la pianta di Cefalù del Passafiume ripresa dall’originale e che nella relativa nota era indicato che la stessa si trovava, e si trova tutt’oggi, presso la Biblioteca Comunale di Palermo (“ai segni X. B. 37, n. 3”).

Sul lato destro della riproduzione si vede chiaramente lo strappo. Allora l’abbiamo messa a confronto con il libro della Biblioteca Mandralisca e ci siamo resi conto che i due lembi coincidevano perfettamente. Inoltre, in alto a sinistra si vede una parte di un timbro, simile a quello della Biblioteca Mandralisca riportato all’interno del libro, dove si legge chiaramente il nome di Cefalù, però i caratteri tipografici sono diversi.

Dunque, se le note riportate da Nico Marino erano esatte, era chiaro che si trattava proprio della pagina che in origine, piegata in tre, date le dimensioni, faceva parte del volume di proprietà della Fondazione.

L’allora Vice Presidente della Fondazione, Manlio Peri, so che si mise in contatto con la Biblioteca di Palermo ma senza successo.

Il Presidente della Fondazione, Franco Nicastro, poco prima delle sue dimissioni, mi disse che voleva parlarmi per avere notizie in merito, ma l’incontro non è avvenuto.

Sono passati tanti anni, anche troppi, senza sapere come la Biblioteca comunale di Palermo ne sia venuta in possesso ma, soprattutto, senza chiederne formalmente la restituzione. Per la Biblioteca di Palermo un foglio volante ha un valore relativo, mentre per la nostra biblioteca si tratterebbe di far tornare integro un libro così importante per Cefalù.

Purtroppo, ad ogni rinnovo del Consiglio di Amministrazione della Fondazione, molte cose vanno a finire nel dimenticatoio, ma, se si presenta l’opportunità, possono essere ripescate, ed è quello che ci auguriamo.

                                                                                        Francesco D’Anna

Commenti

Confesso che non conoscevo questa storia. Adesso, però, non posso non aggiungerla alle tante che in questi anni hanno fatto nascere in me una forma acuta di disperazione per la sopravvivenza culturale di Cefalù.

Viene strappato, "in malo modo", un foglio di notevole valore storico da un libro della biblioteca del Mandralisca e per anni regna il silenzio. Soltanto casualmente si scopre che il foglio strappato si trova nella Biblioteca Comunale di Palermo e a quanto pare ne viene richiesta inutilmente la restituzione, per cui continua il silenzio.

Oggi, grazie a Franco D'Anna, la notizia diventa pubblica e nessuno può continuare a far finta di non sapere. Non possono continuare a tacere gli attuali amministratori del Mandralisca; non possono tacere gli attuali amministratori del Comune; non possono tacere, infine, tutti quei cittadini, che hanno a cuore Cefalù non per formalità, ma per profonda convinzione.

Sono tantissime le domande, che sorgono spontanee e alle quali devono essere date risposte. Come e da chi ha avuto la Biblioteca Comunale di Palermo il foglio strappato? Che cosa ha risposto, quando è stata chiesta la restituzione? Perché non è stata presentata una denunzia alle Autorità? Sarà possibile porre rimedio, dopo tanti anni? E se sì, chi si farà parte attiva per rimediare all'inazione di questi anni?

In tanti attendiamo fiduciosi le risposte. Personalmente posso soltanto aggiungere che non lascerò nulla d'intentato per ottenerle.  

Giustificate domande che meriterebbero un interessamento sia di opinione che giudiziario. Non avevo mai sentito di questi risvolti pur conoscendo la pianta di Cefalù del Passafiume dalle numerose pubblicazioni o della sua copia a questo punto... la storia può essere affascinante nella sua desolazione per come l'imbroglio e il mal agire investa tutti i piani del nostro vivere. Affascinante perchè è un vero giallo e trattandosi di una biblioteca non si può fare a meno di pensare alle doti indagatorie di un fra' Guglielmo da Baskerville nel "Nome della Rosa" di Umberto Eco, di cui mi sembra, avremmo bisogno... Molte cose di Cefalù nel tempo hanno preso altre dimore più o meno legalmente, tra gli altri, i ritrovamenti archeologici (quei pochi sfuggiti all'occultamento e alle ruberie) qualche anno fa li ho ritrovati, quasi fortunosamente, nell'ultimo anfratto dell'antiquarium di Himera a cui arriva proprio il visitatore più resistente... per me una vera sorpresa. Non ci sarebbero in città edifici adatti a tale scopo?