Rimini-Cefalù: abbiamo di che piangere o di che ridere?

Ritratto di Saro Di Paola

26 Ottobre 2012, 13:38 - Saro Di Paola   [suoi interventi e commenti]

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Parrebbe, stando alle statistiche, che  le presenze turistiche a Cefalù, negli ultimi anni, si siano stabilizzate intorno alle 600 mila unità e quelle nella provincia di Rimini intorno a 18 milioni.
Se i dati statistici sono quelli di cui abbiamo letto, significa che Cefalù riuscirebbe a registrare, soltanto in 30 anni, le presenze che Rimini registra in un solo anno.
Come dire che, nel turismo, Rimini "batterebbe" Cefalù per 30 a 1.

Per la grande differenza tra le presenze di Rimini e quelle di Cefalù abbiamo di che piangere o di che ridere?
A mio giudizio, non abbiamo di che piangere e, neanche, di che ridere.
E, meno che meno,di punzecchiarci reciprocamente.
Abbiamo, piuttosto, di che riflettere.
Soltanto.

E per riflettere o, meglio, per cominciare a riflettere, potrebbe essere utile, a mio giudizio, tornare indietro nel tempo.
Al 4 aprile 1971.
Al dibattito che, quel giorno,il circolo “Il Pungiglione” organizzò sul tema :
“Cefalù : Turismo ed ambiente”.
Un dibattito al quale parteciparono gli architetti Alberto Samonà e Giuseppe Pirrone e il prof. Carlo Doglio che avevano collaborato il prof. Giuseppe Samonà nella redazione del Piano Regolatore Generale.

Nel corso di quel dibattito Francesco Palamara, un giovane studente di Cefalù, così, ebbe a dire :
“Il prof. Samonà poco fa ha detto che il turismo vero, quello grosso, si fa a Rimini, non riempiendo un albergo durante l’inverno con 15 svedesi ma, con 15.000. Io non credo he quando Rimini ha cominciato, ha cominciato di botto con 15.000 svedesi; ci sarà stato un inizio poi un progressivo miglioramento.
Quindi io penso che dobbiamo pure noi cominciare. Lei forse, professore, non ha la minima idea di quello che succede tra i ragazzi del luogo per potere guadagnare un po’, d’estate, facendo i camerieri negli alberghi.”

Al giovane Palamara, oggi ingegnere in pensione, il prof. Doglio, così, ebbe a rispondere : “Sono anni che a Cefalù io ed altri spieghiamo, molto faticosamente, che il caso della riviera romagnola non ha niente a che fare col tipo di strutture naturali che ha la zona di Cefalù; che lo sviluppo del turismo romagnolo è strettamente legato ad una amplissima quantità di sabbia disponibile …… La struttura fisica del territorio cefaludese non permette la presenza sulle spiagge di Cefalù di più di un piccolo numero di persone. Ciò si tocca con mano : basta andare alla spiaggia e non capisco come mai non ci se ne renda conto.
Ma ammettiamo che ci sia la possibilità di un uso del territorio per molta più gente…..lei non morrà per i gas di scarico delle automobili nei prossimi 10 anni ….. lei rimarrà soffocato dai bisogni della gente che non sfrutta il turismo …..”

Se “ciò”, negli anni settanta,“si toccava con mano”, “ciò” , negli anni duemila, può essere d’aiuto, prima, per trovare la chiave di lettura delle problematiche del Turismo a Cefalù e, dopo, per provare a risolverle.

Saro Di Paola, 26 ottobre 2012

Commenti

Vorrei continuare la tua citazione  con un altro passo di Carlo Doglio, nella stessa occasione :

"…Perché io ho studiato questa situazione e sono arrivato alla conclusione che non è mica vero che a Cefalù si mangia tanta pasta tanta carne, e questa miseria non è certo risolta dal turismo. Senza dubbio,io non dubito che una parte della popolazione possa trarre qualche vantaggio dallo sfruttamento del turismo. So benissimo che chi aveva dei capitali li avrà aumentati e potrà andarli ad investire altrove, ma se uno non ha quella forza che cosa fa? Certo che è un discorso politico. Ma non mi venite a dire che non esiste una classe lavoratrice a Cefalù. Può darsi che non sappia di esserlo,può darsi che sia stata imbrogliata fino ad oggi,ma esiste questa classe. Ed è la maggioranza, quella maggioranza che dal tipo di turismo di cui sento parlare qui non trae nessun vantaggio; anzi è un tipo di turismo che aiuta la mistificazione delle classi operaie degli altri paesi, che aiuta il rimbecillimento della classe lavoratrice del marmo e del legno."

E, forse da sprovveduto, aggiungerei che mi chiedo come mai a nessuno viene in mente di riconoscere  e ammettere finalmente  che tutto sommato lo sviluppo turistico e solo turistico è stata una strada sbagliata e che è ora che Cefalù cominci ad essere una città in cui finalmente si cominci a “produrre” qualcosa e non solo servizi “ai tavoli”. E se gli operatori turistici lamentano scarsi introiti c’è una risposta abbastanza semplice : troppe bocche attorno ad un solo osso.

Contemporaneamente a questo commento ho inserito tra gli "Approfondimenti" il testo completo di quella Conferenza che organizzammo anni fa.

Caro concittadino Salvatore Culotta,

convengo con lei che è uno sprovveduto (senza offesa lo dice lei nel suo articolo), ma oltre ad essere sprovveduto lei è uno che non ha contezza della realtà, lei sostiene che avere intrapreso la strada del turismo è stato un errore e si augura che si inizino altre attività produttive.
Se l’immagina lei una Cefalù dove incomincerebbero ad arrivare all’ufficio tecnico, anziché progetti per la realizzazione di alberghi o ristoranti e negozi , progetti per la realizzazione di stalle per ingrassare dei vitelli o di capannoni industriali per la realizzazione non so di che cosa, lascio a lei i suggerimenti, richieste di cambi di destinazione d’uso da magazzini a porcilaie o depositi per fieno e mangimi, oppure per officine meccaniche con torni ed artigiani che lavorano il ferro battuto ??? e potremmo continuare con altri mille esempi.
Forse la categoria che si occupa del turismo a Cefalù ha sbagliato a non evidenziare cosa questo fenomeno porta nella ns.città e per fare qualche esempio le ricordo :
a)investimenti immobiliari per circa € 250.000.000,00 (duecentocinquantamilioni)
b)occupazione in termini di posti di lavoro diretti per circa 1.500 unità lavorative
c)giro d’affari per anno compreso l’indotto non inferiore ad € 300.000.000,00 (trecentomilioni)
in questi dati non sono compresi i lavori edili e di impiantistica per l’ordinaria e la straordinaria manutenzione delle strutture che fanno parte della filiera quali alberghi, ristoranti, agenzie di viaggi, bar, souvenirs, autorimesse, rinnovi autoparchi di taxi-minibus-pullmans-giardinaggio etc…
Non mi voglio dilungare ulteriormente per non tediare i lettori, ma la invito ,qualora lei avesse dei suggerimenti da darci, a non esitare a farlo, io e tutta la categoria sicuramente le saremmo grati.

Saluti
Mauro Lombardo

Non ha detto, Salvatore Culotta, che è stato un errore intraprendere l'attività turistica, ma che è stato un errore puntare "sullo sviluppo turistico e solo turistico". Cosa ben diversa da quello che gli si vuol far dire, che, se fosse il suo reale pensiero, io stesso lo avrei già stigmatizzato. Invece, concordo pienamente con quel che ha detto, non foss'altro che per il fatto che il turismo cerca, magari inconsapevolmente, un mondo e una società, che hanno conservato le proprie tradizioni, anche quelle del lavoro in altri settori.

E' per questa ragione che come Giolitti diceva che la guerra è una cosa troppo seria, per lasciarla fare soltanto ai generali, anch'io dico, parafrasandolo, che il turismo è una cosa troppo seria, per lasciarlo fare soltanto ai suoi operatori.

Solo brevi note, serenamente e senza acrimonia affastellate, sempreché qualcuno abbia ancora voglia di leggere (tutte le frasi, tutte le parole) e di riflettere :

  • Chissà  perché ma mi vengono in mente due cose : il primo dei dieci comandamenti e la locuzione “lavaggio del cervello”.
  • Alle decine e decine (forse centinaia) di ragazzi che ogni anno si diplomano nelle varie scuole di Cefalù (purtroppo poche), ognuno con le sue capacità, desideri, ambizioni bisognerà dire: “Andatevene! Qui si fa turismo o si muore”.
  • Non ho grandi cifre da sbattere con (mia) arroganza sul tavolo, ma solo piccoli numeri di persone che aspettano una casa popolare o che , alla faccia della diffusa ricchezza elargita dal turismo, si ostinano a vivere in pianterreni  bui, e solo grandi numeri riguardanti gli ettari di uliveti distrutti per far posto a residenze stagionali.
  • Non mi permetterò mai (io) di sminuire o irridere la dignità e l’importanza di allevamenti, capannoni industriali, porcilaie, depositi di fieno, officine , botteghe artigianali, che altrove, “insieme” al turismo e senza alcuna mira egemonica, danno di che vivere a città e regioni.
  • Non voglio affrontare il discorso su qualità e quantità, ma è ovvio che la stessa quantità di soldi può essere spesa per costruire lager o il Teatro dell’Opera di Sidney.
  • Un invito infine ad una lettura su Wikipedia alla voce “Attività produttive”, ed un  pensiero a Saro Di Paola : il tuo invito a riflettere e le parole di Doglio sembra non abbiano avuto grande seguito, tranne la solita  solipsistica alzata di scudi.

E già, caro Salvatore, RIFLETTERE!

I numeri sono elementi su cui riflettere.
CERTAMENTE! 
Ma non sono gli elementi da cui cominciare a riflettere.
ALTRETTANTO CERTAMENTE!