Conferenza sul tema Cefalù: città e architettura sotto i Ventimiglia

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Organizzato dal Rotary Club di Cefalù si è tenuta, alla Base Logistica Militare Caserma Botta di Cefalù, l’iniziativa interclub (Cefalù-Baia dei Fenici) sul tema: “La Committenza dei Ventimiglia nella fabbrica del Duomo di Cefalù: città e architettura”. In sintesi riportiamo l’intervento dell’architetto Giuseppe Antista.

Cefalù: città e architettura sotto i Ventimiglia
Per tutta l’età medievale, i Ventimiglia mirarono al controllo di Cefalù e si può affermare che la storia politica e sociale della città coincise molto
frequentemente con la storia del casato e dalla metà del Duecento e per tutto il Trecento il loro insediamento a Cefalù si attuò a spese dei beni e delle rendite della Chiesa locale.
La loro presenza comunque si palesò in segni concreti nella città e l’erezione sulla via urbana principale della domus magna, introdusse un nuovo cardine laico e feudale, nettamente contrapposto a quello ecclesiastico della
cattedrale normanna.
La domus, nota come Osterio magno, si compone di almeno due nuclei con fasi costruttive distinte: il palazzetto su via Amendola (1258-1261), da ricondurre all’iniziativa di Enrico Ventimiglia, primo esponente della famiglia presente
in Sicilia e la torre ad angolo con corso Ruggero (1358-1378), dovuta all’iniziativa del suo discendente Francesco II. La ricostruzione dell’impianto planimetrico restituisce un complesso di più fabbriche che si discosta dall’esempio palermitano dello Steri dei Chiaromonte, ma trova un parallelo nelle consorterie nobiliari della Liguria del XIII
secolo, luogo di provenienza della famiglia.
La bicromia a fasce alternate di pietra dorata e pietra lavica del palazzetto, rara negli edifici siciliani, al di là delle soluzioni formali, sembra avere implicazioni anche “politiche”, ravvisabili nell’appartenenza dei Ventimiglia alla fazione ghibellina, che accomunava Enrico a re Manfredi di Svevia.
I Ventimiglia hanno poi svolto un ruolo fondamentale nelle vicende del completamento della cattedrale cefaludese. Se le imprese di Enrico Ventimiglia quale promotore del restauro della copertura sono suggellate da una iscrizione
del 1263, dipinta sulla passerella che corre sotto il colmo del tetto, un’altra iscrizione, un tempo nelle pareti perimetrali della navata, definisce lo stesso Enrico «factore» delle opere raffigurate in un disegno della passerella stessa; in esso è leggibile la facciata di un edificio sacro che presenta molti punti di tangenza con la parte superiore della cattedrale cefaludese, sopra il
portico d’ingresso.
In questo disegno possono ravvisarsi le linee guida per il completamento della facciata, a quell’epoca incompleta, con soluzioni confrontabili con il duomo di Siena e Orvieto; esso risulta tra i più antichi esempi sinora noti di disegno
inteso come progetto di architettura e per la sua tecnica offre nuovi termini di ragionamento per la storia della rappresentazione in Italia e in Europa.
Gli altri possedimenti familiari, anch’essi concentrati nella zona sud-occidentale di Cefalù (una torre a ridosso della porta dell’arena e il balneum con le sue sorgenti), rientrano in una precisa logica insediava, finalizzata al
controllo dei gangli vitali della città.
Per circa centocinquanta anni i Ventimiglia esercitarono una pressione costante su Cefalù e sui beni della Chiesa, ma la loro azione non fu solo basata sullo sfruttamento feudale e seppe dare nel campo della committenza architettonica e artistica risultati di alto livello, la cui dimensione
culturale è stata spesso sottovalutata.
Giuseppe Antista