Mandralisca - Paolo Zarcone "Storie e leggende di Sicilia" al c.le del Teatro Comunale

ritratto di Pino Lo Presti

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La Presentazione del Vicepresidente della Fondazione, Manlio Peri

Stasera, prima di presentarvi Paolo Zarcone, vorrei comunicarvi alcune mie riflessioni.
Credo che alla mia età non più tenera, la nostalgia sia un lusso che non posso concedermi.
Riporta lo Zingarelli “Nostalgia: desiderio ardente e doloroso di persone, cose, luoghi a cui si vorrebbe tornare, di situazioni già trascorse che si vorrebbero rivivere.”
Paolo Zarcone stasera desterà in me tanta nostalgia perchè evocherà tanti ricordi della mia infanzia, non certo felice ma sicuramente serena.
Io ho vissuto la mia infanzia (ma anche la giovinezza e la maturità) a Collesano.
Collesano, come certamente sapete, è un piccolo paese delle Madonie, e negli anni cinquanta i divertimenti per noi ragazzini erano alquanto limitati.
I comuni allora non organizzavamo manifestazioni estive, come si usa (e si abusa) oggi; in paese esistevano (fortunatamente) due soli televisori – uno al circolo dei civili ed uno al circolo degli artigiani - ma l’ingresso ai due sodalizi ci era assolutamente vietato in considerazione della nostra…irrequietezza, e poi la sera il rientro a casa era tassativamente fissato per le otto.

Si giocava, a “strummula”, a “sciusciuni” e, quando le finanze (scarse) lo permettevano, al “calciobalilla”: se qualcuno ci avesse detto che sarebbero state inventate le playstation, internet e tutte le meraviglie (o diavolerie?) elettroniche oggi in possesso di tutti i ragazzini, avremmo sicuramente pensato che si volesse misurare la nostra credulità.
Altri tempi.
Migliori, peggiori?
Non lo so, so solo che per noi possedere una “strummula” o un piccolo capitale di figurine rappresentava un grande felicità.
Ma ogni anno nel mese di ottobre, in un giorno qualsiasi del mese di ottobre, nel pomeriggio arrivava una seicento multipla e questo era il segnale che la sera si sarebbe esibito il cantastorie.
Per noi era già uno spettacolo vederlo armeggiare con i pochi strumenti che possedeva: il cartellone, un piccolo amplificatore a valvole che collegava con un lungo filo alla presa elettrica messa a disposizione da una negoziante di generi alimentari appassionatissima delle storie del nostro.
Ricordo che il cantastorie voleva sempre pagare (forse era una sorta di rito o di gioco delle parti) l’energia elettrica che avrebbe consumato e che riceveva sempre la stessa risposta dalla signora, “E’ tutto a gratis”. E anzi, prima di cominciare lo spettacolo gli preparava una enorme mafalda farcita di mortadella e innaffiata da una bottiglia di vino, pasto frugale che il cantastorie consumava all’interno della sua seicento multipla.

Il pomeriggio si gravitava nella piazza principale del paese, nella trepida attesa dell’ inizio dello spettacolo. I nostri genitori ci avevano preventivamente elargito 50 lire da dare al cantastorie, che alla fine dello spettacolo girava tra la folla e raccoglieva le monete che tutti dico tutti gli davano. Era il suo modo di sostentarsi,e nessuno si rifiutava di porgergli una moneta.
Il cantastorie si arrampicava sul tetto della sua seicento multipla ( i tetti delle macchine di una volta sopportavano il peso di una persona, del cartellone e dell’amplificatore – oggi non so) e cominciava il suo spettacolo.
Ricordo nitidamente Ciccio Busacca e ricordo altrettanto nitidamente la storia di Turiddu (Salvatore) Giulianu, che Ciccio aveva trasformato in una sorta di eroe. Ciccio ci coinvolgeva, ci appassionava, calamitava la nostra attenzione.
Era veramente una serata che per molto tempo non avremmo dimenticato. E l’indomani avremmo commentato, interpretato la storia di Turiddu o le altre che avevamo ascoltato.
Una atmosfera magica sapeva creare, il cantastorie.
Tutti (ragazzini ed adulti) seguivamo con grande attenzione la narrazione, il canto, le spiegazioni dei vari quadri (non se si chiamano così) che il cantastorie indicava con una lunga bacchetta.
Ecco, il cartellone: capolavoro di arte naif dagli splendidi colori che attiravano l’attenzione di tutti e che noi ragazzini avremmo voluto possedere per raccontare a nostro modo la storia.
Non so se se ne dipingano più (questo può dircelo Paolo) ma spero che lo facciano ancora.

Paolo Zarcone mi riporta indietro di 50 anni: ed è un lusso, come dicevo all’inizio, che non posso permettermi.
Perché ho nostalgia di quegli anni, della mia Collesano, di quei giochi, anche della perenne mancanza di denaro: allora non esistevano paghette o premi per promozioni.
Ho nostalgia dei miei amici di allora, insomma ho nostalgia di quei tempi quando (per parafrasare Totò il buono del film di De Sica “Miracolo a Milano”) “Buongiorno” voleva dire veramente buongiorno.
Diceva l’altra sera Gaetano Celano che i bambini di oggi non sanno apprezzare i “cunti” perché preferiscono la playstation o chattare o mandare messaggini; io ho vissuto senza questi congegni e vi assicuro che la mia infanzia, che non poteva essere felice per tanti motivi, è stata però veramente serena.

E stasera la ricordo con grande nostalgia!

Paolo Zarcone, bagherese, nasce a Palermo nel 1978. Dopo il liceo, intraprende gli studi archeologici all’Università di Palermo. Si accosta alla musica all’età di 12 anni, iniziando a suonare la chitarra. Alcuni anni più tardi, comincia a comporre brani di musica leggera italiana; a questa produzione, dal 2004, accosta quella di canzoni in lingua siciliana, sia di propria composizione, sia tratte da testi letterari esistenti. Dal 2005 Zarcone indossa definitivamente le vesti del “cantastorie”, componendo cantate tratte da leggende e fatti storici locali (cantate sul Principe di Butera e su quello di Palagonia, sul coccodrillo della Vucciria, sui carcerati dell’Inquisizione a Palazzo Steri, sui casi di delitto d’onore ecc.) ed esibendosi in numerose piazze della Sicilia, munito di chitarra e cartelloni illustrati. L’approdo all’attività di “cantastorie” è quindi, più che una scelta predeterminata, l’esito di un processo quasi naturale, l’intersezione tra due esigenze: da una parte quella di Zarcone di esprimere il proprio messaggio in maniera immediata e accessibile a tutti, dall’altra quella della gente di riappropriarsi di certe forme di comunicazione ‘arcaiche’, riscoprendole sorprendentemente attuali. Zarcone segue progetti sul cantastorie nelle scuole del comprensorio ed è di prossima pubblicazione un suo Cd. La sua continua ricerca sperimentale lo ha portato, da alcuni anni, ad avviare interessanti collaborazioni con altri artisti, fondendo la musica siciliana sia con il tango argentino che con il flamenco andaluso.