La grande torta

ritratto di Pino Lo Presti

Versione stampabile

Una delle fondamentali ragioni delle varie lotte sotterranee o meno che dal dopoguerra ad oggi hanno animato le vicende politiche cefaludesi è stata ed è la definizione delle aree edificabili e l’ottenimento delle licenze edificatorie relative. La affermazione secondo la quale la principale vocazione economica cefaludese sarebbe quella turistica meriterebbe una più puntuale verifica, alla luce soprattutto dell’evidente impatto che nella politica del territorio ha avuto ed ha la industria edilizia.
Una forza che - ad avviso di molti - sempre più sembra confligere con gli stessi destini della ipotesi turistica. Ridicola appare la considerazione compromissoria secondo la quale entrambe le industrie andrebbero in perfetto accordo tanto che la proliferazione di ville e villini (di unità o complessi immobiliari in genere) sarebbe una "ricaduta" positiva del fenomeno turistico.
Certo esistono almeno due modi di condurre una attività economica, di fare business: uno che punta a durare nel tempo, preservando anzi curando il capitale come base di sviluppi futuri; l'altro che puntando all'immediato massimo profitto quel capitale piuttosto nel breve lo brucia.
Complessivamente l'etica (se così è possibile dire) economica locale sembra più inscrivibile in questo secondo profilo.
Della sua rozzezza ne è prova evidente la mancata attuazione di alcun criterio minimo di pianificazione, viabilità, servizi primari e secondari; l'unico che sembra averne improntato l'approccio con le aree urbane ed extra-urbane piuttosto sembra assimilabile a quello che seguivano i vari branchi famelici di "pionieri" nelle tante "corse all'oro" del liberalismo più “animale”.
Ciò è stato possibile anche per la totale sorprendente assenza di una "opposizione" al degrado urbano e territoriale da parte della imprenditoria turistica, la quale non ha saputo o voluto ampliare il raggio della propria "filosofia" turistica. Più che approfondire le motivazioni di fondo del "viaggiare", anticipandone così le tendenze più a lungo termine e più stabili, si è trovato più facile rovistare tra le statistiche di quelle già in atto, scegliendo di inseguire da una posizione di costante retroguardia, più che di anticipare da una posizione di avanguardia.
Della cultura, d'altra parte, nella nostra città non vi sono molte tracce, fatte salve quelle di un passato, più o meno remoto!

Per quanto Cefalù sia stato uno tra i primi Comuni d’Italia a dotarsi di P.R.G., per merito di qualche meteora di luce che ogni tanto attraversa la sua storia, è anche tra i primi forse del mondo ad averne fatto sfregio. L’assenza dell’idea stessa di programmazione sembra la naturale filiazione di una comunità priva di senso identitario e del valore collettivo di Bene comune.
“Fai e lascia fare” è stato l’unico principio, levantino, che ha “regolato” (si fa per dire) l’azione di individui e gruppi che, dal dopoguerra ad oggi, hanno attaccato - e ancora attaccano -, con morsi profondi, il corpo stesso della madre comune.

Probabilmente siamo prossimi - se non è già stato varcato - al “punto di non ritorno”.
Vogliamo continuare a far valere come unico principio regolatore quello del “mercato”? Se, nell’epoca della globalizzazione e del superamento di ogni distanza fisica, una quantità indefinita di “clienti” volesse venire a vivere a Cefalù, stabilmente o in vacanza, risponderemmo, esaltati dal business e da un narcisismo idiota, disponendo un grande accampamento di cemento su tutto il territorio?
Se l’idea, soltanto un po', ci fa accapponare la pelle, allora non è venuto il tempo di chiederci qual è “il limite”?
Ogni organismo ha nella sua genetica dei fattori che ne preservano il disegno che definisce la sua natura, superato il quale quell’organismo non è più se stesso ma qualcos’altro da sè.
Qual è il disegno che definisce quella entità, paesaggistica, naturalistica, urbanistica ed umana, che ancora chiamiamo Cefalù, qual è l’idea che abbiamo di Cefalù, siamo ancora capaci di partorire una idea che regoli il mercato o è ormai definitivamente questo a generare l’idea stessa del “noi” e della stessa vita?

Occorrerà approfondire e maturare non la dinamica di mercato del turismo ma quella psicologica ed esistenziale che ha dato origine al fenomeno, trasformando il concetto - un pò da lupanare - di “ricettività” in quello più dignitoso di “ospitalità”. Ciò naturalmente presuppone che vi sia un soggetto che ospita e non un oggetto “ricettivo” che si plasma sulla libido del cliente!

Il “No” a certe attese altrui, è un momento determinante della affermazione della esistenza di una propria identità.
Occorrerà pertanto dire parecchi “no” alle richieste autonome del mercato; dobbiamo stabilire noi le regole della nostra ospitalità. Il nostro territorio non deve essere più “venduto” al migliore offerente ma gestito da noi nel rispetto di quell’idea di una Cefalù, orgogliosa della propria identità, e che la difende nel rispetto anche dell’ospite che vi si accosta!

Occorrerà riconvertire parte della industria edilizia, nel rispetto delle imprese e della manodopera locale; avendo il coraggio dunque di affermare - certo in controtendenza - il principio del diritto di prelazione degli abitanti sulle opportunità di lavoro offerte dal proprio territorio!

Le foto che seguono dicono di un territorio non definitivamente compromesso ma con gravi segni di definitiva compromissione, moltiplicatisi specie negli ultimi lustri che hanno visto decadere gli effetti pur blandi del P.R.G. e divenire il nostro Ufficio Urbanistica l’unico interprete e gestore del nostro maggiore Capitale: “il corpo di nostra madre”!
La prima foto - quella della colata di cemento che in pochi anni è stata distesa sulla piana di Campofelice e di Lascari - ci dà l’idea di cosa pressa alle porte del nostro territorio e di cosa ci attende a breve se non faremo nulla!

ritratto di Gaetano Mocciaro

UN CONSIGLIO

Caro Pino hai fatto, come sempre, un bellissimo servizio fotografico. Non lasciare le foto senza la firma...è meglio!
Mai nessuno aveva rendicontato e documentato come hai fatto tu. Finalmente abbiamo un blog per Cefalù...

ritratto di Saro Di Paola

PUNTO E A CAPO

Caro Pino, la documentazione fotografica del tuo servizio non può non fare riflettere, non può non imporre una necessità.
Quella di METTERE UN PUNTO PER ANDARE A CAPO.

Il Nuovo Strumento Urbanistico, però,DA SOLO NON BASTERA'.
Neanche se fosse già adottato e pronto per essere attuato.
Saro Di Paola

ritratto di Leonardo Mento

ANDARE A CAPO PER ANDARE DOVE

Non mi riferisco al simpatico dialogo fra Totò, Peppino ed il Ghisa milanese del famoso film Totò,Peppino e la malafemmina..per andare dove dobbiamo andare dove dobbiamo andare. Concordo che un nuovo strumento urbanistico da solo non basterà se non si riesce a definire dove ANDIAMO ovvero: "qual è l'idea che abbiamo di Cefalù"? "Siamo ancora capaci di partorire una idea che regoli il mercato o è ormai definitivamente questo a generare l’idea stessa del “noi” e della stessa vita?" Qualcuno asserisce che il mercato regola se stesso; io aggiungo quando ormai è troppo tardi ed a pagare sono sempre gli onesti ed in questo caso l'ambiente ed il territorio. Il mercato.... basta vedere i risultati/disastri economici di questi ultimi anni ed il relativo impatto sociale; d'altronde assistiamo all'attuale insofferenza di alcuni politici verso le regole e la legalità. Ma torniamo a "Cefalù punto e a capo" ed al futuro socio economico dei suoi abitanti e del territorio. Premesso che la fonte primaria ( dalla quale discente tutto il resto) dell'economia cefaludese è principalmente generata dal turismo,pubblica amministrazione, ospedale,agricoltura e pesca (non credo che vi siano industrie di trasformazione) e che a sua volta genera le disponibilità economiche per i consumi/bisogni primari e secondari dei residenti. Dato 100 la fonte primaria dell'economia possiamo dedurre( non ho dati certi) che il 50/60 % è da attribuire al turismo.Pertanto un nuovo strumento urbanistico non può non tenere conto di questi aspetti con una forte tutela del territorio ed incrementi sostenibili per non compromettere le quote di turismo già acquisite.Al riguardo ho assistito di recente ad un programma televisivo dove hanno fatto vedere lo scempio, perpetrato in nome del turismo, in Campania a Castel Volturno. Saremo in grado di partorire idee che regolino tutto questo? Auguriamoci di si anche nell'interesse di quelli della "grande torta". Leonardo

ritratto di Angelo Sciortino

L'incubo dello scempio

Caro Pino, subito i miei complimenti. Poi il permesso di aggiungere un mio commento, al quale credo che mi dia diritto l'incubo che vivo spesso, quando le tue immagini passano per la mia memoria. Attenzione, non le immagini fotografate, ma le immagini sotto i nostri occhi, quando alziamo lo sguardo intorno a noi.
Quando questo accade, mi viene in mente una certa Toscana o l'Umbria, regioni nelle quali l'intervento umano ha reso più godibile il paesaggio, per cui finisco con il chiedermi come mai a Cefalù e nella Sicilia in genere avviene esattamente il contrario.
Soprattutto mi chiedo come mai non c'è un moto di ribellione da parte dei cittadini, che anzi comprano a prezzi salatissimi quelle brutture fotografate e arricchiscono così coloro che hanno derubato loro e i loro figli del "bello". Mi chiedo come mai non c'è mai un intervento degli organi pubblici a tutela del nostro paesaggio. Mi chiedo come mai non ci sono piazze e vie e quant'altro avrebbe fatto crescere in modo più civile il nostro Paese.
Se c'è qualche speranza che inesperti e ignoranti operatori turistici capiscano che così si distrugge e non si potenzia il turismo, se c'è speranza che questi cittadini imparino a giudicare, il tuo servizio è un ottimo strumento.
Ancora complimenti.

ritratto di Nicchi Salvatore

IN RITARDO MA CON UNA CERTEZZA

Caro Pino,
scusami se in ritardo leggo e vedo il tuo apprezzabile articolo-servizio, ma come ben sai mi sono registrato e frequento il sito da poco.
In fisica esite una legge che recita "un corpo mantiene il suo stato di quiete finchè non interviene una forza esterna a modificarne il suo stato".
Se questa legge si può applicare all'agire degli operatori economici del nostro comune, senza che alcun fattore esterno ne possa modificare il modo di pensare e di agire, ben capisci che si andrà a sbattere.
Bisogna dare un'alternativa, un nuovo slancio, un nuovo traguardo a chi opera nel settore dell'edilizia, in un territorio come il nostro, l'edilizia, per come é stata impostata, non doveva essere trainante per l'economia, doveva essere di rincalzo ai settori che dovevano essere primari:Turismo, Agricoltura e Pesca. L'edilizia doveva operare "sottovoce" invece é assordante e grida sguaiatamente.
Per chi cofidava nel "PARTO DI UNA NUOVA IDEA", oggi, se chiudono il punto nascite, "CI PUO' LIVARI MANU"