Arrestato il latitante Di Fresco: da mesi era nella sua casa

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PALERMO. Da mesi se ne stava tranquillo nel suo lussuoso appartamento facendo - dicono gli inquirenti - una normale vita familiare insieme alla moglie e ai due figli. Una singolare latitanza, quella di Francesco Di Fresco, 53 anni, mafioso di Brancaccio, ormai fuori dal giro dei criminali che contano, arrestato a Palermo dagli uomini della Catturandi della Mobile. Negli anni d'oro della sua lunga carriera criminale, raccontano gli investigatori, era tra i pochi a poter incontrare il capomafia trapanese Matteo Messina Denaro. Vicinissimo al boss Nino Mangano, legato a filo doppio al gotha di Cosa nostra di Brancaccio e al medico mafioso Giuseppe Guttadauro, dimostrò la sua fedeltà alla cosca partecipando all'omicidio di Antonino Vallecchia, un uomo d'onore punito perché si era messo a fare estorsioni in proprio. Di Fresco, mafioso con la passione per le corse automobilistiche, attirò la vittima in un tranello. L'estortore fai da te venne rapito, strangolato e sciolto nell'acido. Per il delitto Di Fresco venne condannato all'ergastolo assieme ai capimafia Luca bagarella e Mimmo Raccuglia, gli stragisti di Cosa nostra, e all'allora fedelissimo dei Graviano Gaspare Spatuzza, ora pentito.

Dal giorno del verdetto, ormai definitivo, Di Fresco era latitante. Per 15 anni la polizia gli ha dato la caccia. Poi, come è accaduto per molti capimafia "illustri" - da Provenzano allo stesso Raccuglia - è stata la pista familiare a portare gli agenti sulle sue tracce. Gli uomini della Catturandi, guidati da Gianfranco Minissale, hanno seguito la moglie di Di Fresco, Nunzia Bonura, figlia di un costruttore palermitano. Sospetto il comportamento della donna che, negli ultimi mesi, era sempre chiusa in casa. Anche il giorno di Ferragosto non è uscita mai dall'appartamento. Per gli inquirenti era la prova che in casa ci fosse il marito. Lunedì scorso, la polizia ha perquisito l'appartamento: Di Fresco non c'era, ma la struttura della casa era diversa da quella riportata nella planimetria a disposizione degli investigatori. Da qui il dubbio che, al momento dell'irruzione, l'uomo fosse nascosto in un posto segreto ricavato nell'abitazione.

E poi c'erano quei tre coperti sul tavolo: "Sono per me e i miei figli", ha spiegato la moglie agli inquirenti. Ma il figlio non era solito tornare a pranzo e per gli agenti è stata la conferma che al tavolo, con la donna e la figlia, si sarebbe dovuto sedere Di Fresco. Stamattina agenti di polizia hanno fermato il figlio Giuseppe mentre usciva dal lavoro e si sono fatti dare le chiavi di casa. Il mafioso era nell'appartamento e ha accennato una corsa per nascondersi dietro all'armadio che chiudeva l'intercapedine ricavata in una parete. Dentro non ci sarebbero state armi, né pizzini, segno, per gli investigatori, che il capomafia era ormai fuori dal gruppo di comando della cosca.
Fonte: www.gds.it