Salviamo il nostro Centro Storico - Porte e Portoni 2: “Esempi positivi e Vecchi sopravvissuti”

ritratto di Pino Lo Presti

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Fortunatamente vi sono degli esempi positivi, certo non per intervento della pubblica Amministrazione

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Questi invece che fine faranno?

-un vero gioiello

Non è una questione di buttarla in politica ma penso che chi ha amministrato questa città, anche per le cose che abbiamo visto, si dovrebbe vergognare.

ritratto di Saro Di Paola

ESEMPI POSITIVI

Caro Pino,
alcuni dei portoncini o dei portoni documentati dalle foto -quelli al n° 47 della foto (2), al n° 29 della foto (5) e al n° 71 della foto (7)- non sono in materiale ligneo e non sono "sopravvissuti" recuperati e restaurati.

Sono, però, accettabili e "compatibili".
Sono, perciò, ESEMPI che possono essere definiti POSITIVI.
Come hai, giustamente, scritto.

ritratto di Salvatore Culotta

L'aspetto più

L'aspetto più scoraggiante,forse perchè oggi il cielo è grigio,è dato non dalla permissività dell'Amministrazione ma dall'operato dei singoli che si esprime con manufatti mutuati da chissà quali esempi o stupide fantasie,senza alcun riferimento al posto in cui si opera.Sembra che tutto stia diventando un baraccone pieno di falsi,in cui privati, imprenditori,commercianti etc. fanno a gara per esibire mascheroni che forse di plastica non sono ma lo sembrano.Non mi ricordo chi fu ma qualcuno ha detto che contro la stupidità nemmeno gli dei possono vincere.A che serve fotografare,pubblicare,lamentare,quando è quasi l'intera popolazione quella contro cui ci si mette.

ritratto di Leonardo Mento

Caro Pino.....

nel febbraio 2010 ti proponevo:
"Sarebbe bello Sig. Lo Presti, visto l'amore che Lei ha per il Suo paese, saperne di più sui nostri rioni perchè di fatto Cefalù ha i Rioni. Come chiamarli per effetto delle porte? Ma non tutti hanno le porte. Per quello che i cefalutani hanno definito nel tempo? Come poterli delimitare? Quale è la storia e l'identità? Perchè non, finalmente, definire la Cefalù dei Rioni, delle strade, delle chiese, delle piazze, dei palazzi, delle facciate, delle ripide scale delle antiche case, gli androni dei palazzi, dei vecchi pozzi dei pianterreni e dei piani alti, delle sorgenti d'acqua "du vasciu", dei tetti e dei terrazzi, dei piccoli giardini interni, delle vanelle, dei balconi,delle finestre...in poche parole la Cefalù dentro le mura."
Francamente quello che viene fuori non è molto edificante (e siamo solo alle facciate e portoni), d'altronde una classe politica che non ha saputo/voluto dire la propria sul Nuovo Piano Regolatore (documento essenziale per il futuro di questa città), come poteva salvaguardare l'esistente (determinante per il presente e futuro di questa città). Verrebbe da dire che "nessuno" è esente da responsabilità (ognuno per quota parte) Amministrazione, ceto politico,società civile, partiti, associazioni culturali, operatori turistici, commercianti, professionisti,noi, artigiani e via di seguito. Speriamo che il nuovo che avanza, Agorà (intanto alla pulizia della spiaggia non erano presenti), Pro-loco ( con tutte le sue difficoltà), sappia rappresentare le giuste "necessità/proposte" per evitare lo scempio del centro storico.
P.S. ma non sarebbe il caso di riunire Architetti, Ingegneri, Geometri, costruttori, muratori e "mastri" e chiedere di evitare questo "schifo"?

ritratto di Pino Lo Presti

Gentile sig. Mento

Sulla prima parte (quella del febbraio 2010) oltre alla mia incompetenza a rispondere alle sue domande, temo che la realtà umana, il tessuto delle relazioni sociali e parentali, sia talmente sfibrato che sia difficile individuare oggi realtà amogenee come quella dei rioni o addirittura delle strade e dei cortili. La crisi identitaria investe da decenni tutto il paese e c'è chi, proprio nell'Agorà, pensa - forse giustamente - che un nucleo - diciamo - "indigeno" a cefalù non esiste più.
Io non sarei completamente d'accordo; esiste ancora un forte nucleo di popolazione "autoctona" ma "smarrito"; il senso dell'appartenenza si alimenta oltre che dei vincoli parentali e/o di quelli di un vicinato maturato nel tempo, di simboli (feste, riti - anche le vampe di S. Giuseppe) in genere religiosi (edicole votive), oggi abbandonati.

Sarebbe bello che i tanti architetti di cui personalmente conosco la sensibilità, in qualche modo si riunissero e facessero sentire la loro voce di protesta e di proposta.

In ultimo proporrei che si istituissero dei corsi per artigiani per qualificarli ad intervenire nel Centro Storico; solo chi avesse questa abilitazione potrebbe farlo, sempre sotto la guida di tecnici altrettanto qualificati e con delle tariffe ovviamente controllate.

ritratto di Leonardo Mento

Caro Pino......

Caro Pino.......
Ipotizzare che: “ e c'è chi, proprio nell'Agorà, pensa - forse giustamente - che un nucleo - diciamo - "indigeno" a Cefalù non esiste più.”, è una considerazione che, forse, risente dal fatto che questi giovani, avendo vissuto nella “città diffusa”, non conoscono i luoghi e le famiglie che abitavano la Cefalù dei loro padri (e forse anche i loro padri sono cresciuti nella “città diffusa”). Per molti di questi ragazzi l'Agorà, il centro della Polis, è stato la “Villa Comunale” e pertanto il loro radicamento non è, loro malgrado, nel Centro Storico di Cefalù. Concordo con te che “un forte nucleo di popolazione autoctona” è ancora presente, direi in maggioranza presente, nel Centro Storico di Cefalù, basta vedere i cognomi nei campanelli delle porte. Credo che i giovani che si riunisco, discutono e si confrontano in questa associazione Agorà, dovrebbero anche trattare e conoscere meglio la “Cifalò” dei loro predecessori. A questi ragazzi vorrei ricordare quanto ho già avuto modo di scrivere a proposito di:
“Prendo spunto dell'intervista al parroco don Giuseppe Licciardi ( Benvenuti allo Spinito dove i residenti dicono: «scendo a Cefalù!»)
per alcune considerazioni. Lo sconvolgimento socio, economico, antropolo...gico che dell'espansione urbanistica ha comportato in questi ultimi 50\60 anni, non si discosta molto da quello che è avvenuto un po' ovunque nel mondo. Come in molte altre realtà, anche allo Spinito il solo centro o presidio di socialità ed ascolto è la “Parrocchia” alla quale va dato atto di non dimenticare mai, facendo supplenza, di chi ha bisogno. Queste situazioni venutesi a creare con la realizzazione delle ”città diffuse”, ha generato “non luoghi” privi di prerogative identitarie, relazionali e storiche. Credo che lo Spinito non sia la sola realtà cefaludese con le criticità evidenziate da don Licciardi. Finchè Cefalù era circoscritta dentro le mura, quanto evidenziato da don Licciardi:

“Lo Spinito resta un quartiere dove chi vi abita sente ogni giorno che passa che la città è altrove, non è tra le case, tra le strade e tra i palazzi. Eppure allo Spinito vivono 5.200 persone circa. I cefaludesi, quelli che hanno lasciato il centro storico o il villaggio dei pescatori, abitano nei complessi delle case popolari o nelle abitazioni comunali. L'altra parte della popolazione dello Spinito è composta da uomini e donne che provengono, soprattutto, da San Mauro, Gangi e Pollina.”

era mitigato dal “luogo “ dalla città che assicurava spazi e prerogative sociali, identitari, relazionali e storici. Eppure fino al finire degli anni 60 quel “ melting pot” di “cifalutani”,”maurini”,”gancitani”,”puddiniti” creava un sociale organico che permetteva di assicurare e di tramandare la “cifalutanità”, l'identità del luogo, della Città. L'espansione urbanistica ha creato “ricchezza” ma ha impoverito in termini sociali, relazionali, di prestazioni e servizi con una perdita di appartenenza e identità . Per questo difendo la Cefalù dentro la mura e l'amico Pino Lo Presti quanto ci richiama alla identità ed alla memoria delle cose, dei fatti, degli eventi. Con mia grande sorpresa ho scoperto, parlando con dei giovani cefaludesi, che molti non conoscevano il “quartiere” di Santa Maria e che non erano mai andati a visitare “i piragni di casteddu” o salire sulla Rocca.Con questa città diffusa siamo diventati più "cefaludesi" che "cifalutani".
Ho avuto la fortuna di nascere,crescere, giocare,litigare in definitiva maturare in un" luogo" dove tutti si consideravano, pur nelle diversità sociali, cifalutani e "nuddu ti riceva ca ieri forestiero".

ritratto di Gianfranco D Anna

Amministrazione e Cittadini insieme

Lo stato attuale del nostro “centro storico” ha una duplice origine.

Da una parte i cittadini che mostrano una scarsa sensibilità verso il proprio patrimonio, verso la propria identità, che spesso si tenta di giustificare dietro motivi di carattere economico.

Molti cittadini ritengono che un infisso in alluminio è più vantaggioso, costando meno, di uno in legno o legno-alluminio o, tutt’al più, in alluminio a taglio termico o pvc effetto legno.
Molti cittadini ritengono che realizzare una zoccolatura è una soluzione vantaggiosa perché più duratura di una intonacatura che, a causa dell’umidità di risalita, si sfalda, si scrosta dopo pochi anni.

Dall’altra parte l’Amministrazione che pur disponendo di regolamenti e norme chiare non si preoccupa di farle rispettare, non si preoccupa di farle conoscere (sul sito istituzionale del Comune di Cefalù non sono disponibili né il Regolamento edilizio, né le Norme tecniche di attuazione del P.R.G. e del Piano Particolareggiato del Centro Storico, è presente solamente il Regolamento per l‘occupazione di suolo pubblico e per l‘applicazione del relativo canone), non si preoccupa di informare i cittadini sui contributi a cui si può accedere con la riqualificazione energetica, sui costi-benefici, sui materiali più adatti da impiegare come ad esempio intonaci deumidificanti, da utilizzare per murature soggette a problemi di umidità, oppure intonaci con calce idraulica, usati come intonaci di finitura dove sia necessario effettuare un risanamento di murature umide o nel caso in cui si vogliano ottenere valori di traspirabilità estremamente elevati.

Il risultato è che ognuno si sente autorizzato a realizzare il tipo di intervento che vuole, a manifestare all’esterno della proprietà il proprio gusto personale, la propria personalità-identità, a discapito dell’identità collettiva di cui fa parte, a discapito dell’immagine di Cefalù.

Il risultato è che abbiamo un centro storico che può essere definito tale solamente dal punto di vista urbanistico e non certamente dal punto di vista architettonico.
Non basta l’età, non basta la presenza di edifici storici per parlare di centro storico, addirittura di uno dei “borghi più belli d’Italia”.

Voglio nuovamente riprendere la prefazione del club de I Borghi più Belli d'Italia in cui si legge:
«[…] un Club di Prodotto che raccogliesse le giuste esigenze di quegli amministratori più accorti e più sensibili alla tutela e alla valorizzazione del Borgo e che intendessero partecipare con convinzione ad una struttura associativa così importante ed impegnativa.
Per essere ammessi occorre infatti corrispondere ad una serie di requisiti di carattere strutturale, come l'armonia architettonica del tessuto urbano e la qualità del patrimonio edilizio pubblico e privato, e di carattere generale che attengono alla vivibilità del borgo in termini di attività e di servizi al cittadino.
Occorre inoltre impegnarsi per migliorare continuamente tali requisiti in quanto l'ingresso nel Club non ne garantisce la permanenza se non viene riscontrata una volontà, attraverso azioni concrete, di accrescerne le qualità. […]» (http://www.borghitalia.it/html/club_it.php)

Per l’Amministrazione di Cefalù l’appartenenza a questo club è solamente un bollino da inserire sulla propria carta intestata, un bollino che produce solamente un consumo di inchiostro rosso nella stampante.

TOGLIAMOLO OPPURE DIMOSTRIAMO DI MERITARLO.

ritratto di Pino Lo Presti

Un altro "bollino"

come quello dell'assessore alla Cultura ("chi la visto"?)

ritratto di Salvatore Culotta

Oltre alle considerazioni

Oltre alle considerazioni sui Borghi d'Italia viene da chiedersi quale grado d'improntitudine sia necessario per tenere in piedi quella peregrina candidatura di Cefalù a bene dell'Umanità.