Eternit

ritratto di Salvatore Culotta

Versione stampabile

A meno di un grosso sbaglio da parte mia credo che l’obbligo della dismissione delle lastre di eternit vige quando le stesse presentano evidenti segni di disgregazione. Quello che non so riguarda il “chi” deve farsene carico promuovendo la rimozione e affrontandone le spese. A lume di logica, della faccenda dovrebbe occuparsi il responsabile sanitario del Comune. Che l’eternit sia responsabile di tumori è accertato al di là di ogni dubbio, l’aggettivo con cui definire chi irresponsabilmente ne permette l’erosione lo lascio a chi legge questa nota. Se l’Amministrazione comunale avesse a cuore la salute pubblica dovrebbe farsi carico, senza ulteriori perdite di tempo,del censimento e successiva eliminazione di tutto l’eternit presente sul territorio comunale.

ritratto di Pino Lo Presti

La rimozione e lo smaltimento

mi risulta essere a carico del proprietario, ed è un conto anche abbastanza salato. Naturalmente, in difetto, il Comune dovrebbe provvedere a sue spese e poi rivalersi.
Mi colpisce, sulla destra della tua foto, qualcosa che assomiglia ad un pannello fotovoltaico (o è forse è una finestra?).
Naturalmente il Comune non lo toglie neanche quando si trovi su sua proprietà (vedi: http://www.laltracefalu.it/node/3161), figurati se si preoccupa di quello che sta in aree private.
In genere queste cose si rimuovono solo perchè c'è il solito "qualcuno" che denuncia (non certamente sugli organi di informazione)!

ritratto di Salvatore Culotta

E' un lucernario.Vorrei

E' un lucernario.Vorrei aggiungere che nei pressi di quella copertura c'è un asilo nido. Chissà cosa ne pensano i genitori.

ritratto di Marcello Panzarella

ETERNIT SULL'AUTOSTRADA

Ci sono circa ottanta (non otto, dico ottanta) grossi vasi di Eternit, ciascuno della capienza di parecchi metri cubi, dislocati lungo l'autostrada Palermo-Catania, tra Scillato e Palermo, nello spazio tra le due carreggiate dei viadotti. In effetti, più che di vasi essi hanno l'aspetto di grossi serbatoi, riempiti però di terra e riattati a contenere delle piante. Quasi tutti sono ormai molto mal ridotti, lesionati, fatti a pezzi, e i loro frammenti, quando non giacciono al piede, devono essere precipitati da tempo nei valloni o torrenti sottostanti, finiti in polvere, dispersi nell'ambiente. Dai vasi emergono ancora, quando non si sono seccate, contorte foglie di agave. A suo tempo i vasi furono dipinti di bianco, con l'orlo verniciato di verde, tanto che il marchio Eternit ne risultava camuffato. Ma da una decina d'anni, scoloritasi la vernice, l'inconfondibile logo Eternit è riapparso. Me ne sono accorto quando, bloccato in una lunga coda nei pressi di Casteldaccia, mi sono messo a osservare intorno e la mia attenzione fu catturata da quei grossi contenitori tanto malridotti. Mi chiedo se, allo stesso modo, non sia mai capitato di restare bloccato in un rientro anche a chi ha il dovere di intervenire in merito. Mi pare impossibile. Come mi pare impossibile che durante la sosta più o meno lunga gli occhi non gli siano caduti su quel marchio. Eppure quei vasi sono ancora lì, sempre più a pezzi.