A Cefalù l' Arancio miracoloso di S. Antonio

ritratto di Giovanni Biondo
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Una tradizione pietrificata? Una leggenda? Una semplice storia o una verità sepolta?

La passione per la ricerca mi ha spinto a curiosare in un'altra pagina della nostra storia recente o passata, che dir si voglia, tanto, tutto è relativo, e certe distinzioni sono sempre dubbie.
Certo è che il passato è matrice del presente ed un ponte per il futuro, lungo una strada di tempo senza inizio e fine.
Il problema è che oggi a percorrere questa traettoria si fa fatica. Si frappongono interruzioni malevoli ed interessate ad ogni passo: la nostra attenzione viene distolta su altre mille cose: simboli vincenti, modelli imposti, codici di comportamento, paure predisposte ad arte, nuove verità...
E così può capitare che venga smarrita per strada una nostra storia cefaludese, tramandata per sette secoli , prima a voce e poi per iscritto, senza mai perder nulla, anzi, arricchendosi sempre di più di particolari che la solidificavano. Si cementificava il fatto, e attorno ad esso la comunità ritualmente si ritrovava con cadenza perentoria e costante. Allo stesso tempo, facendolo rivivere ogni qualvolta fosse necessario, si offriva la possibilità al singolo di riconoscersi come appartenente, tutt'uno appunto, al gruppo, paese, città; con il suo caratteristico e tradizionale bagaglio di storie condivise, vissute e portate avanti da tutti, per dono di armonia, come in una staffetta che dal passato rilancia in avanti, nel tempo...
Nella chiesa di Sant'Antonino (così l'ho sempre chiamata sin da piccolo, oggi Parrocchia San Francesco, eretta tale nel 1962), la mia attenzione è stata spesso attratta da una lapide che si trova accanto alla porta d' ingresso, a sinistra, ad una altezza tale da offrirsi alla facile lettura di chi voglia.

Vieni, vedi et honora.
Fra queste sacre mura,
Devoto pellegrin, almo tesoro:
Qui pianta i cui frutti sembran d'oro,
Il calice in cui beve anima pura,
La campana sonora
D'Antonio Padovano
Memorie sono e don della sua mano.

La lapide sembra si trovasse alla fine dell'800 sopra la porta dell'antico convento a segnalare appunto il giardino che ospitava "l'Albero dei Miracoli di S.Antonio.

L'Arancio miracoloso di S. Antonio

Una tradizione pietrificata? Una leggenda? Una semplice storia o una verità sepolta?

Il Canonico Giuseppe Maggio Ruina (Cefalù 1848 – 1912) ci viene incontro con un grazioso libretto poetico del 1894, scritto in terzine, in occasione del settimo centenario della nascita di
S. Antonio da Padova :

...Come n' è dolce ognor la rimembranza!
Come soave il dir: Quì Antonio venne!
Questa sua Chiesa fu, questa sua stanza!...

Le note al poemetto sono ricche e dettagliate:

"Non senza il divino soffio del Nume, la nave che conduceva per le acque da Padova ai saraceni, il divino Antonio, animato dall'ardore del martirio, approdò in sicilia; infatti la sicilia regina dell'isola del mediterraneo, non dovette privarsi della dottrina, della tutela e degli aiuti di tanto uomo: ciò che la sua lunga sosta per tutta la sicilia provò, fu infatti nella città di Messina, di Palermo, di Milazzo,di Patti, di Taormina, di Leontini e infine dimorò a lungo in Cefalù come accerta la fondazione di questo convento che per una certa antica tradizione trasse origine dal divino Antonio, luogo in cui verso tanto eroe e benefattore vige ancora oggi la devozione dei cittadini: difatti tutti i venerdì anche a piedi nudi accorrono al tempietto dedicato al divo Antonio, nel quale si vede intatta l'immagine dello stesso dipinta sul muro, quasi tutti i cittadini per chiedere la grazia del sommo Dio. Si osserva in questa chiesa il calice usato dal divo Antonio, vi è anche un albero di meli dorati piantato dallo stesso la cui foglia straordinaria è applicata sulle ferite così che sembra che con quella foglia miracolosa si ottiene la salute delle persone e sono altre le cose memorabili dello stesso divo."
(Passafiume: De Origine Ecclesiae Cephaleditanae ecc. Venetiis 1645)( traduzione Angelo Sciortino)

L'affresco che si trova nella cappella del Santo mostra S. Antonio che predica in strada.

La tradizione vuole che il Santo abbia celebrato usando la coppa di questo calice. Le famiglie nobili di Cefalù in seguito vollero arricchirlo con i loro stemmi in segno di devozione. Alla base dello stesso si nota l'effige del Santo ed una composizione di tre pesci e un pane che potrebbe essere ricondotta allo stemma della nostra Città.( Lo stesso stemma si trova nella campana di S. Antonio, anche se lì i pesci sono disposti diametralmente)

Cita ancora il Maggio - " Trovandosi S. Antonio in Messina, venendo fatta replicatamente istanza dai cittadini di Cefalù a mandare qualche patre per fondare ivi un convento del loro Istituto, per profitto ed edificazione del popolo, fu eletto a comuni voti dei padri Frate Antonio da Lisbona. Allo l'ubbidiente servo del Signore, piegato il capo all'ubbidienza, e anteponendo l'ubbidire al suo ardente desiderio di tragittarsi nell'africa, s'incamminò a piedi all'impresa di quella fondazione. Quivi giunto fu accolto come un angiolo venuto dal cielo; gli fu assegnata una casa, la quale per le sue soavi parole e per la dolce sua carità fu ridotta a Convento. (E' pure tradizione che la Cappella del Santo sia stata la sua stanza a dormire) Di poi si edificò la chiesa con ancora un bel Campanile con una gran campana, che sino a di nostri chiamasi la campana di S. Antonio, la quale è efficace e prodigiosa contro le tempeste e i fulmini. Non altra rendita procurò pel mantenimento dei religiosi, che la limosina; e si vede e si sperimenta sino ai dì nostri la benedizione del Santo, che quel convento, senza rendite, viene religiosamente alla giornata provveduto a sufficienza.(N.d a:.con lo stesso stile il convento è stato aperto oggi a Casa di Accoglienza Maria SS. Di Gibilmanna per i fratelli bisognosi). Piantò in mezzo del chiostro colle sue mani un arancio, e sono ormai più di cinque secoli, che vegeto e fresco presentemente mantiensi prodigioso, guarendo ogni sorta di infermità, fecondo sempre di fiori, di frutta e di prodigi."...(De Cesare Vita di S. Antonio)

Il secentesco Tabernacolo ligneo , nella cappella del Santo, copre oggi la nicchia dove veniva conservata la statua di S. Antonio.
Inoltre l'autore aggiunge: "Dell'arancio, che esiste tuttavia, il Signor Francesco Alessandro Bianca in un suo lavoro manoscritto sulla storia di Cefalù,Vol. 2 par. 3, pag 598 ci dice: Quell'albero essendo desiccato nel 1671, fattosi recidere un braccio, si videro germogliati miracolosamente dallo altro braccio secco, con ammirazione degli astanti, dei germogli i quali oggi ridotti in albero, tutt'ora esistono. Un tal reciso braccio fu consegnato colla presenza del Notaro al Vicario Generale di Monsignor Roano Vescovo di quel tempo e di molti altri testimoni presenti dai quali se ne fece l'attestato a perpetua memoria. Ridotto agli atti di Notar Giacomo Li Volsi ai 21 Novembre 1671 Del qual atto l'amico mio, P.Giuseppe Maria Alcarese M.C. Morto a Palermo il 19 Gennaio 1893 in odore di virtù, conservava una copia autentica"...

cromolitografia applicata su supporto punzonato

Il Canonio Maggio Ruina aggiunge una sua testimonianza:
"In quanto a me posso far fede che il , addì 11 Febbraio 1870, fu da un vento impetuoso interamente abbattuto, non rimanendo che una vecchia radice giudicata da tutti per secca ed infracidita; non passarono che pochi giorni e su quella radice si vide spuntato un tenero germoglio che in breve divenne quell'albero che adesso vediamo".

L'autore poi continua, parlando della campana...
"Per ciò che riguarda la campana poi il sopra citato Sig. Bianca nella sua Storia manoscritta la dice adirittura portata da S.Antonio, e la tradizione è con lui; però a dire la verità l'iscrizione sembra contradirgli. Vuolsi intanto notare che detta campana è stata rifusa parecchie volte,e la sua iscrizione ha subito delle sostanziali alterazioni, sino ad omettere il nome del primo artista Lotoringo de Pisis e dire nel 1649 Jacobus Ferrau me fecit! Ciò posto non è difficile riconoscere un errore di qualche cifra nella sua data primitiva. Vedi -Salinas- Due iscrizioni Cefalutane del secolo XIII Palermo 1880. Arch. Stor. Sic. N.S.Anno IV

"SE CERCHI MIRACOLI
SCACCIO LA FORZA DEL DEMONIO E DEL VENTO
CANTO ANCHE LE LODI
CHIAMO I VIVI PIANGO I MORTI"
(traduzione della didascalia della campana di S. Antonio a cura del Parroco Frate Aurelio Biundo)

Mi piace pensare ai nostri padri che si recavano, durante tutti quei secoli, in pellegrinaggio al convento, portando sotto i rami dell'arancio miracoloso i più intimi affanni, le speranze e le loro preoccupazioni.
Se ci accostassimo per un attimo con delicatezza a questo pensiero, forse riusciremmo a cogliere quelle voci sussurrate, gli sguardi pensosi, le mosse prudenti, il calore umano, il rispetto, la dolcezza, l'attenzione... Tutto quell'Amore che profondamente commuove.
Sono le voci lontane e le immagini sfuocate dei nostri avi in un luogo di culto, un luogo vivo, anche una sorta di rifugio, certamente un luogo importante per le donne e gli uomini che hanno vissuto le nostre strade, abitato le nostre case.
La memoria stratificata è sostanza pregnante della nostra Storia.
Una memoria che era stata protetta gelosamente fino a cento anni fa; poi il nostro strappo.
Il dissolversi del tutto...la dimenticanza...
Va da sè che mi sembra doveroso operare per ricucire questo strappo, risvegliando l'interesse dei concittadini : in tal senso, sono convinto che ogni tanto faccia bene guardare indietro, che poi vuol dire: guardarsi dentro...

Prendo in prestito un'altra terzina del concittadino canonico Maggio Ruina, per concludere con un auspicio:

...Cefalce mia, chi mai sarà l'ingrato
Che a tai ricordi di pietà, di fede
Di gioja il cor non sentasi inondato?...

Statua del Santo che viene festeggiato per 13 giorni con grande afflusso di popolo