Iniziativa antimafia a Raffadali (Ag)

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(comunicato di gaetano alessi)

Si può:
trasformare un deserto in un fiume di persone;
rendere un argomento difficile fonte di discussione, interesse e riflessione;
parlare di mafia e mafiosità dove fino a qualche tempo fa era “corda a casa dell’impiccato”;
prendere uno spiazzo malconcio e trasformarlo in teatro naturale;
vedere finalmente occhi persi di amministratori totalmente fuori posto e fuori luogo optare per la fuga;
vedere mezzo comando dei carabinieri non dare la caccia ai giovani organizzatori;

Si possono:
scavalcare noie burocratiche per ridare un sorriso ad un paese che vive nell’immaginario collettivo tra l’essere il “paese di Cuffaro” e il paese dei ragazzi di AdEst;
vedere visi di tre generazioni, di uomini e donne poco avezzi alle manifestazioni di piazza esser lì a ratificare la loro vicinanza a chi da otto si batte per la libertà d’informazione;

Ecco. Si può.

Perché il più grande cruccio e spesso vedere il senso di rassegnazione che fa dire ad i siciliani “non si può”.
In questo caso:
“Non si può parlare di mafia a Raffadali”,
“Non si può fare una serata davanti alla Chiesa Madre”,
“Non si può proiettare i “Cento passi” perché nessuno lo vede”.

Ma facciamo cronaca.
“Parole e immagini contro le mafie” questo il titolo dell’iniziativa promossa da AdEst, Alicos e Officina democratica e svoltasi in quella Raffadali (Ag) famosa per essere stata per cinquant’anni la piccola Stalingrado e negli ultimi 10 una roccaforte di Cuffaro.
Le parole le hanno messe i protagonisti dell’antimafia militante siciliana che si sono susseguiti negli interventi. Dall’avvocato Aldo Virone uomo di frontiera, capogruppo del Pd in consiglio comunale, a Paolo Vizzì da cinque anni capo redattore di AdEst. Passando dal GIP di Agrigento Stefano Zammuto, all’arringa di padre Giuseppe Livatino, per finire con l’appello commosso del testimone di giustizia Ignazio Cutrò seduto accanto al referente regionale di Libera Umberto Di Maggio che ha aperto i lavori.

Bella e commovente la lettera inviata da Salvo Vitale, assente per problemi di salute, che ha introdotto la proiezione “I Cento Passi”, irradiato in un clima di surreale silenzio con lo schermo allineato perfettamente all’altare maggiore della Chiesa madre del piccolo paese dell’agrigentino.

“L’immagine più bella l’ hanno offerta i raffadalesi – dice Paolo Vizzì alla fine- tanti, interessati, attenti. Un immagine che ci ripaga della fatica, delle nottate a consegnare il giornale in quelle periferie dove non arriva più neanche il camion della nettezza urbana, delle discussioni di chi ancora stupidamente non ha capito che il movimentismo dell’antimafia militante è al servizio di tutti, perché il lavoro di ricucitura del tessuto sociale garantisce un futuro a chi è con noi, a chi non c’è ancora e anche a chi ci è contro”.

Questo paese ha vissuto anni bui – aggiunge Aldo Virone – così come tutta la Sicilia, dovuti alla difficoltà di agire legalmente in un territorio che offre l’humus naturale alla criminalità organizzata e alle sue emanazioni politiche. La partecipazione corale di questa sera, gli interventi degli ospiti, ci danno la garanzia che la nostra “resistenza” è finita e che è cominciata la fase di ricostruzione”.
Mentre “A Whiter Shade Of Pale” accompagna le immagini finali del film di Marco Tullio Giordana, rimbomba ancora nella piazza l’esclamazione di Ignazio Cutrò, coraggioso imprenditore siciliano che con le sue denuncie ha inferto colpi potenti a cosa nostra agrigentina, “n’to culu alla mafia” e permetteteci di aggiungere, questa volta con molta più forza, alla mafiosità!.
Perché : si può!