I cicli quasi ventennali

ritratto di Angelo Sciortino

Versione stampabile

Mentre si consumava la tragica farsa della crisi sia del Governo che del berlusconismo, mi passavano per la mente molti pensieri, ma uno in particolare ancora non mi abbandona: ci sono altri esempi negli ultimi centocinquant'anni della storia d'Italia?
Sì, purtroppo ci sono.
1) Dopo la proclamazione dell'Unità, per circa diciassette anni Minghetti e altri Presidenti della Destra storica, con l'aiuto delle capacità tecniche di Sella, riportarono in pareggio il bilancio, in completo disastro a causa delle spese sostenute per le guerre risorgimentali e per l'alto costo derivanti dalla costruzione del nuovo Stato. Furono anni di lacrime e sangue, ma alla fine la Destra, quando lasciò il Governo, lasciò alla Sinistra di Depretis e Crispi una ricchezza da dilapidare.
2) Vent'anni dopo questa ricchezza quasi non esisteva più. Toccò al liberale Giolitti, al quale lo stesso Salvemini, riconoscendo di avere sbagliato, con grande onestà intellettuale chiese scusa per averlo definito “Ministro della Malavita”, rimettere in sesto l'Italia non soltanto economicamente, ma anche politicamente e socialmente, perché fosse all'altezza dei nuovi tempi.
3) Poi venne la Grande Guerra, con le sue morti, la povertà dei più deboli e la ricchezza dei più forti. Anche qui altri vent'anni di statalismo, non più socialista, ma fascista. Si trattava, però, sempre dell'infausto statalismo, ammantato questa volta della pseudo dottrina economica dell'immarcescibile Keynes. Una dottrina che permise di giustificare l'IRI e tante altre stupidate del genere, che dopo gli anni '60 partoriranno la politica catto-comunista. Poi la Seconda Guerra mondiale, ancora morti, distruzione e povertà. Ancora una volta ci si rivolge a personalità liberali, in primis a Einaudi. In meno di quindici anni avemmo il famoso Boom economico e la nostra lira vinse nel'60 l'Oscar mondiale quale moneta più forte.
4) Poi tornarono gli anni dello statalismo sfrenato e lo Stato divenne persino produttore di panettoni (Motta e Alemagna), di automobili (Alfa Romeo ecc.), di cipolle e ortaggi vari (SME). Non solo, diede pure libertà di corruzione a non poca sua burocrazia e alla sua classe politica. La conclusione di questa situazione nuovamente insostenibile si ebbe nel '92. I tempi, però, non erano ancora maturi per un Giolitti o un Einaudi. Si presentò un tale Berlusconi, che disse agli Italiani di voler fare come questi suoi predecessori. Gli credettero così numerosi, che si convinse di essere una sorta di uomo del destino. Fu preso da una sorta di delirio di onnipotenza e non ascoltò nessuno che non gli dicesse che aveva ragione. Lentamente si circondò sempre di più di yes men e all'unico statalista accanto a lui, Tremonti, permise di bloccare la crescita del Paese. Il suo pensiero era troppo debole di dottrina, per cui forse non si accorse neppure che stava ingannando gli Italiani: aveva avuto fiducia in nome di una politica liberale e ora esercitava una politica statalista. Come nelle due precedenti occasioni, adesso tocca a un liberale come Monti tentare di chiudere le falle.

In forza di questi esempi del passato, io sto con Monti e Napolitano. Il loro sarà un tentativo difficile, ma mi auguro che nel poco tempo a loro disposizione possano riuscire a rendere più moderna e aperta l'Italia provincialotta che il dito medio di Bossi e i cucù di Berlusconi ci hanno lasciato.