Cittadinanza a punti

ritratto di Angelo Sciortino

Versione stampabile

La recente proposta governativa mi sembra un'ottima soluzione per stabilire sani criteri per la concessione della cittadinanza. Mi sembra, infatti, indiscutibile che se si vuol essere cittadini di un Paese che non ci ha dato i natali, bisogna almeno conoscerne la costituzione e impararne la lingua.
Non dimentichiamo che a un vero e proprio esame si sottoposero uomini della statura di Einstein, quando chiesero di essere accolti negli Stati Uniti d'America. E non se ne lamentarono.
Oggi noi ci apprestiamo a usare la stessa regola, anche se all'italiana: non per esami, ma per punti, come ormai si fa con i discepoli nei licei e nelle università o per scegliere gli insegnanti. Se pensiamo che non poche ditte commerciali e supermercati usano la stessa regola dei punti per dare regali o sconti alla clientela, allora ci rendiamo conto che forse non stiamo facendo le cose proprio bene. Comunque, è già qualcosa e io provvisoriamente mi accontento.
Gradirei, però, che si tenesse conto di un'altra cosa non meno importante. Se coloro che sono già italiani, per essere nati su questa Penisola come i loro avi, si trovano nella posizione di qualche ministro, qualche parlamentare e di moltissimi elettori, che non conoscono la Costituzione e la stessa lingua italiana, allora sarebbe il caso che anche per loro si stabilisse un concorso a punti, con lo scopo di concedere loro il diritto di elettorato attivo e passivo. Il diritto di votare per scegliere i nostri rappresentanti e quello, eventualmente, di proporsi come tali.