Teatro Cicero - Cefalù, 18 maggio 2012: “Per non dimenticare”

ritratto di Pino Lo Presti

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Le domande dei ragazzi (ma non solo) e (in estrema sintesi) le risposte.

- La presentazione degli intervenuti e il benvenuto da parte del Sindaco, Rosario Lapunzina

-La sig.a Maria Falcone, Presidente della Fondazione Falcone e Borsellino

- Mario Conte, Giudice del Tribunale di Palermo

- Fabrizio Frizzi, in rappresentanza della squadra degli “Artisti”, che si incontrerà il giorno dopo con la squadra “Magistrati” al Palazzetto dello Sport “Marzio Tricoli" di Cefalù, per una partita di Basket allo scopo di raccogliere fondi in favore della “Lega italiana Fibbrosi cistica” e della “Casa di Accoglienza” del Santuario di Gibilmanna.

- Nino Salerno, Vicepresidente di Confindustria-Sicilia

Dopo i ricordi e le testimonianze, un breve documentario sul Giudice Giovanni Falcone, prodotto dalla RAI

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Le domande

- Anna Chiara, Istituto Commerciale “Jacopo del Duca”

“Perché il fronte della lotta alla mafia non si è mai chiesto di avere la compattezza necessaria unendo la politica, associazioni, magistratura, cultura e formazione”?

Mario Conte risponde invitando a non cedere alla tentazione di nascondersi dietro quelli che non fanno il loro dovere, per imitarli; ognuno deve fare il proprio, ma solo agendo in squadra certo si possono ottenere dei risultati.

- Fabrizio Frizzi viene fatto salire sul Palco

- Irene, Liceo classico Mandralisca

“L’abbiamo visto nel video che dopo la morte di Falcone e Borsellino c’era tanto afflato, però ho sempre sentito dire che quando Falcone, ancora in vita, lavorava è stato lasciato solo; perché fu anche per questo che lo uccisero.
Mi domando: in che senso fu lasciato solo, da chi, dalla popolazione oppure dalle autorità?

Signora Falcone dice che tante risposte sono contenute nel libro appena uscito, scritto insieme a Francesca Barra, che ha come titolo “Giovanni Falcone, un eroe solo”. Ricorda, sul tema, che - proprio quando muore - Ilda Boccassini dice: “Non c’è stato mai un uomo così trombato come Falcone”.
Un esempio è “quando non lo nominano Procuratore a Palermo - unico che potesse portare avanti quelle indagini che aveva iniziato -, e gli sostituiscono un uomo che non sapeva quasi niente ma che aveva 17 anni più di lui.
Un uomo peraltro che non è stato lui a volersi presentare ma è stato portato lì da altri magistrati invidiosi, diciamolo”!

La sig.a Falcone, rivolta ora a Sergio Lari, domanda perchè Giovanni - che era stato condannato a morte da tempo, dai primi anni ’80 - si decide di ucciderlo nel ’91, e perché la mafia invece di ucciderlo a Roma, dove sarebbe stato più facile, richiama improvvisamente il Commando che era già in quella città pronto ad eseguire il proprio mandato?
Forse per cominciare a creare il terreno per una “trattativa”?
Chiede inoltre se, accanto alla logica della trattativa si trovasse anche una voglia di tensione, di terrorismo politico, da parte di altri “sistemi” dell’epoca, per arrivare a mettere in gioco la democrazia nel nostro paese.
Ricorda, al riguardo, che: “l’ultima volta che l’ho visto, il 9 maggio, mi disse bisogna far presto perché è in gioco la democrazia nel nostro paese”.

Sergio Lari risponde che c’è una differenza tra la verità processuale - che è quella a cui noi magistrati dobbiamo limitarci - e quella storica.
L’ordine di fermarsi e tornare a Palermo (dove sarebbe dovuto avvenire l’attentato) venne direttamente da Totò Reina; certamente è successo qualcosa che ha indotto Reina a mutare la propria strategia.
L’attentato di Capaci con quelle modalità e con la loro carica di “destabilizzazione”, fa - in effetti - cadere ogni aspirazione di Andreotti a diventare Presidente della Repubblica.

Quelle modalità terroristiche costituirono un messaggio allo Stato e furono il primo gradino per intavolare - come fu poi intavolata - una “trattativa”! Dopo maggio, ai primi di giugno inizia in effetti la “trattativa”; che poi - forse perché fallita - porterà all’altra strage di via d’Amelio.
E’ da ritenere che in quel momento qualche “mente raffinatissima” ci abbia “messo del suo”.
La deliberazione dell’attentato fu opera della Commissione provinciale di Cosa nostra non oltre il 13 dicembre del ‘91. Fu durante l’elaborazione della fase esecutiva di queste stragi che probabilmente intervengono elementi esterni che possono aver condizionato le scelte di Cosa nostra.
“Mandanti - ma io preferisco chiamarli “concorrenti esterni” -, aleggiano sullo sfondo delle nostre indagini a cui però non siamo riusciti ancora a dare un volto nè un nome.

- (...)I.T.C.

“Ci fu chi, dopo le stragi, disse che proprio lo Stato intervenne per uccidere Falcone e Borsellino.
A Conte vorrei chiedere: secondo lei, nel suo lavoro, tra voi magistrati, c’è da avere fiducia; non avete paura che magari ci possa essere qualcuno che rema contro di voi, qualche infiltrazione mafiosa”?

Mario Conte risponde che “noi pensiamo erroneamente che nella vita sia la funzione a fare la persona, ma è l’esatto contrario, ogni persona svolge a suo modo una funzione.
Quindi io non voglio, non mi sento assolutamente di escludere che qualcuno dei miei colleghi possa, in buona o cattiva fede, aver indossato la maglia sbagliata, per qualche aspetto o in qualche momento della sua vita. Ma potrei mettere la mano sul fuoco che il 99% della mia categoria fa il suo dovere”!

Valentina di Stefano, Liceo linguistico “Ninni Cassarà”

“Uno Stato giusto non avrebbe bisogno di eroi. Quindi mi chiedo: è possibile che la politica e la morale, in uno Stato giusto, abbiano un rapporto, vadano congiunti?
Un’altra domanda: l’onore e la disciplina di Falcone e Borsellino, come mai non sono stati d’esempio per la politica odierna, perché sono stati così poco d’esempio per i nostri politici?

Maria Falcone
Certo è una cosa molto brutta nella nostra epoca.
“Una volta gli dissi che la politica è una cosa sporca. Lui mi ha rimproverato aspramente, e aveva ragione; io, da insegnante di Diritto, non avrei dovuto dire quella frase.
Mi disse: ricordati che la politica è quella che condiziona tutta la vita e che stabilisce pure - per dire una cosa “cretina” - il prezzo delle patate la mattina al mercato”.
“Questo dà la dimensione della importanza che ha la politica in un paese; essa dovrebbe essere la cosa più importante perchè è quella che regge la Res Pubblica”.
“Purtroppo in questi ultimi anni dobbiamo ammettere che abbiamo assistito ad una, chiamiamola così, caduta di stile”.
“Ripigliamoci in mano questa politica; dobbiamo essere noi cittadini a farlo, scegliendo solo le persone oneste”!
“Non ricerchiamo tutte le responsabilità nelle mani dei politici perché loro in fondo non sono che i nostri rappresentanti”.

- Maria Rita, Liceo Classico

“Una domanda per la signora Falcone: lì si è visto che in famiglia non si parlava di mafia. Come mai: i genitori non appoggiavano Falcone nella sua lotta? Egli da dove prendeva la forza di non arrendersi?

Maria Falcone spiega che “quando dico che in casa mia non si parlava mai di mafia bisogna ricordare che mi riferisco a quando Giovanni era bambino, anni '50 e '60”.
Spiega che non è che “non se ne volesse parlare” per qualche motivo ma in quegli anni ancora vi era una mafia rurale vecchia maniera “non urbana”.
Ricorda ad esempio che “quando Giovanni comincia a lavorare a Palermo, negli anni ’80 - e stava per entrare nel Pull - ancora un collega ebbe a chiedergli “ma tu ci credi davvero che la mafia esiste”?
Conclude: “non se ne parlava perché non se ne aveva ancora la sensazione”.

- Paola Castiglia, Giornalista del Gruppo editoriale “La voce”

(per la Falcone)
“In merito a un problema che in Sicilia purtroppo, per populismo politico (se vogliamo), in questi giorni si è sentito forte, cioè il fatto che qualcuno, nonostante il lavoro di tanti, nel raccontare la gravità della mafia, ancora oggi continua a dire che la mafia o non esiste o non “strangola”.
Faccio due esempi concreti: Vittorio Sgarbi che gira la Sicilia dicendo che il fenomeno mafioso è un’invenzione di chi fa antimafia e vuole per forza un “mulino a vento” contro il quale lottare per farsi bello davanti ai siciliani, e poi quello di Grillo che invece a Palermo si permette di dire che è peggio lo Stato che ci tassa e che ci strangola, rispetto alla mafia che “al massimo” ci chiede un po’ di pizzo.
Io chiedo quanto è grave dare un’immagine di questo tipo, secondo lei, e quanto invece i siciliani si sanno difendere da chi invece vuole fare populismo con queste parole”.

Maria Falcone
“Questa è una cosa che mi ha ferito tantissimo e mi ha fatto rendere conto che esiste ancora nel 2012, dopo tante stragi, dopo tanto lavoro (non superficiale) e con tanti rischi, tanta gente che parla a vanvera”.
“E’ un facile espediente per far presa sulla società quello di metterne in evidenza i punti più deboli di quel momento, quale è oggi quello delle imposte”.
“Quel demagogo è sicuramente un’incosciente, uno che non ha capito niente di mafia e di quello che significa democrazia”!


Antonio Franco, Professore al Liceo classico Mandralisca e Consigliere comunale

“Due domande.
A Maria Falcone:
Siccome mi occupo da molti anni di elaborare Progetti per la legalità per il Liceo classico. Quale ritiene essere oggi la priorità assoluta - di questi progetti per le scuole - per essere più efficaci e capaci di non far dimenticare quello che abbiamo visto, le tante cose buone che hanno fatto Giovanni, Paolo e tutti gli altri per la nostra terra.

Al Procuratore Sergio Lari:
Siccome conosciamo come la mafia abbia la capacità di mimetizzarsi e di rinnovarsi anche alla luce delle nuove frontiere, persino della tecnologia, e delle sfide del millennio, quali possono essere, o quale può essere, anche lì, la priorità assoluta per una classe politica rinnovata, impegnata sul piano della lotta contro la mafia; quale può essere la priorità per combattere queste nuove forme di mafia e di infiltrazione all’interno delle istituzioni, soprattutto locali?
Questo perché viviamo in un territorio, come è quello nostro, che spesso ripete, come una sorta di mantra, che la mafia in questo territorio non c’è o se c’è è una mafia buona! E invece sappiamo benissimo che non lo è mai stata e che non è vero che non è presente.
Vi faccio queste due domande per attrezzarci sui due fronti che secondo me sono quelli fondamentali: quello dell’agire culturalmente e quello dell’agire politicamente. Perché secondo me se non si combatte assieme su questi due fronti non si riesce a vincere la sfida che Giovanni Falcone ci ha insegnato a tentare di vincere”.

Maria Falcone
“Per quanto riguarda i progetti di legalità.
La parola legalità , così sempre ripetuta, di primo acchito a qualche ragazzo magari può fare antipatia.
Io lavorerei nel senso di cercare di far capire ai ragazzi che quando si parla di legalità, fondamentalmente si parla di rispettare delle regole per stare bene insieme.
In loro assenza la naturale tendenza dell’uomo è quella a fare principalmente il proprio interesse”.
Regole e Istituzioni coincidono perciò il lavoro che fa la Fondazione Falcone e Borsellino - ogni anno con le scuole di tutta Italia - di educazione alla legalità non è il giorno della retorica ma della conoscenza e della vicinanza con le Istituzioni.

Sergio Lari
“Per rispondere alla sua domanda è necessario innanzitutto dire che è necessario spezzare il legame tra criminalità organizzata e politica. Lo strumento principale che ha la criminalità organizzata per infiltrarsi nel mondo della politica è quello di fornire appoggio e assistenza nel momento della competizione elettorale.
Il nostro sistema legislativo punisce soltanto il politico che paga per avere il voto ma è una ipotesi residuale, addirittura risibile” perché in realtà la mafia non ha alcun interesse ad appoggiare un politico per degli spiccioli.
“L’altro strumento, anch’esso con forti limiti, è quello del reato di concorso esterno all’ associazione mafiosa, in cui il politico che riceve voti dalla mafia per poter essere punito bisogna dimostrare che abbia restituito il ricevuto con favori concreti che bisogna andare a dimostrare; quindi scindendo il momento dell’appoggio elettorale da quello successivo della concessione di favori: una “ probatio diabolica”!

“Da più parti - l’Associazione nazionale magistrati l’ha fatto anche di recente -, si chiede che lo Stato prenda una decisione: quella di affermare che il politico, il quale chiede l’appoggio della mafia (o l’accetta consapevolmente), già solo per questo rafforza l’associazione mafiosa, in quanto, solo per questo - dal fatto stesso di intrattenere un rapporto con il politico (il quale poi non si potrà sottrarre al debito di riconoscenza) - , già questo semplice fatto costituisce un reato per la società e quindi andrebbe sanzionato. Basterebbe aggiungere al 416/ter “chi accetta voti in cambio di denaro o altre utilità...”; cioè trovare una forma normativa che preveda comunque che il politico non possa chiedere o accettare appoggio elettorale dalla mafia. Questo sarebbe già un primo passo avanti che si potrebbe fare per interrompere questo perverso rapporto tra politica e mafia”.

Si potrebbe fare anche di più.
L’italia non è un “paese normale” ma quello in cui la criminalità è in grado di condizionare la storia stessa del paese.
Esiste in Italia un fenomeno di corruzione dilagante e di evasione fiscale di massa.
Da molto tempo si chiede un intervento normativo più severo riguardo la corruzione, com’è il fenomeno del falso in bilancio il quale condiziona gravemente lo sviluppo della politica nel nostro paese perché le imprese che truccano i bilanci ingannano i risparmiatori e le banche che devono dare i fidi.
Purtroppo la cronaca di questi giorni non ci induce a facili ottimismi perché vediamo che non si riesce a trovare un accordo (in Parlamento) per una normativa al riguardo più seria.

Anche la mafia è cambiata - non è soltanto quella che puzza di pecora -, e i figli dei mafiosi vanno alle Università, hanno studiato alla Bocconi o in Inghilterra; una mafia che ha capacità di investire i propri proventi, da una parte, infiltrandosi nelle imprese sane e quindi condizionando l’economia del territorio e, dall’altra, investendo all’estero.

Abbiamo una legislazione d’avanguardia che permette di aggredire i beni mafiosi in Italia ma ben poco quando si trovano all’estero. Occorre dunque una normativa internazionale al riguardo.
Molto si può fare ma ci vuole una forte volontà politica di “un Parlamento in cui i parlamentari (intanto) non siano nominati ma eletti dal popolo”!

il Colonnello Buttafuoco della Croce Rossa, porta i saluti del proprio Corpo e del suo Commissario, dottor Saverio Ciriminna.

Nino Salerno Vicepresidente Confindustria-Sicilia, invita a lavorare insieme e a considerare quanto è accaduto, anche di brutto, sin’ora , un investimento anche importante per un futuro migliore per tutti, specialmente per chi si affaccia al mondo della vita e del lavoro.
Confindustria è pronta a stare loro vicino!

ritratto di Pino Lo Presti

Ribadisco

la importanza che ha la trasparenza degli atti amministrativi, anche minimi, della pubblica amministrazione, come uno dei pilastri della lotta per la Legalità.
La reazione - nulla - a quanto (minimo ma significativo) segnalato il 18 scorso (http://www.laltracefalu.it/node/7842), a fronte di tanta partecipazione a "cerimonie ufficiali", mi procura un certo sconcerto ed un velo di sconforto e pessimismo.