Il Pantocratore simbolo di che cosa?

Ritratto di Angelo Sciortino

13 Ottobre 2012, 11:38 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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La scelta del Cristo Pantocratore della nostra Cattedrale come simbolo per l'Anno della Fede ha rallegrato un numero incalcolabile di cefalutani e, fra essi, i rappresentanti della nostra Amministrazione. Al punto che qualcuno vorrebbe procurarsi un'udienza con Benedetto XVI, per ringraziarlo personalmente della scelta, e qualcun altro propone che il Sindaco e il Vescovo scrivano al Papa la riconoscenza di tutti i cittadini fedeli.

Non voglio fare il cattivo pensiero che tanta gratitudine sia dovuta alla speranza che tale iniziativa possa promuovere Cefalù nel Mondo, rilanciando il suo agonizzante turismo. Né riesco a convincermi che la fede sia così forte fra i localizzatori, lottizzatori e i giardinieri della domenica, da far palpitare i loro cuori per questo riconoscimento.

Allora, perché tanto fremito? Dopo lunga riflessione, credo di aver trovato una risposta, che non comporta né fede né considerazioni economiche.

Il Cristo Pantocratore è il frutto dell'arte bizantina del mosaico e nulla può rappresentare più degnamente un luogo dove in politica, nel diritto, nei regolamenti e nelle stesse usanze si è così tanto debitori all'Impero di Bisanzio, noto per i suoi bizantinismi.

Commenti

Complimenti sign. Sciortino per la trovata comico-sferzante mi ha fatto sorridere.                                                                                                                                                              Penso però che seguendo il suo filo si possono trovare  anche altre letture;                                                                                                                                                                                  infatti la composizione dei mosaici può richiamare i bizantinismi  visti come moltitudine, pazienza,accozzaglia da mettere d'accordo,perdita di tempo ecc.  ma può degnamente rappresentare gli sforzi umani della democrazia e solidarietà infatti quella moltitudine di tasselli, presi singolarmente con il proprio piccolo segno di colore non vuol dire niente ma messi insieme nel disegno generale hanno dato vita a quella immagine meravigliosa...

E' vero, le tessere di un mosaico possono produrre, se accostate da un bravo artista, un capolavoro, come il nostro Pantocratore. Se però sono usate da un incompetente, talvolta anche in malafede, danno ben altro risultato.

Come le parole, che usate bene danno idee e opinioni comprensibili, ma usate male danno cavilli e bizantinismi, ai quali mi richiamavo, per dare un'idea di quanto poco credo alle gioie dei tanti, che, dopo aver fermato per un momento il loro esercizio al cavillo, vogliono ammantarsi di riconoscimenti, che non possono pretendere.

Il professor Pino Riggio così ha commentato questo mio intervento su facebook:

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    Il Cristo Pantocratore icona dell’anno della fede
    Ha suscitato prima stupore e poi entusiasmo la scelta del Cristo Pantocratore della nostra Basilica Cattedrale ad icona dell’anno della fede. Tutte le espressioni, nella misura in cui sono sincere e disinteressate meritano rispetto, mentre lasciano il tempo che trovano gli interessi di facciata…perché sono destinati a disperdersi come pula al vento, non lasciando alcuna traccia nel nostro vissuto culturale e tanto meno nel vissuto della fede.
    In quest’ottica mi spiego la nota di commento di Angelo Sciortino nei confronti di ventilate iniziative che certamente trovano valore nell’interiorità di chi le compie ma, proprio perché pubbliche, si prestano a tutte le dietrologie possibili.
    L’unica domanda che m’interessa è la seguente: perché è stata scelta l’immagine del nostro Pantocratore per un avvenimento al quale la Chiesa attribuisce tanta importanza, qual è appunto la celebrazione dell’anno della fede?
    La risposta non può certo esaurirsi in una battuta e tanto meno può riguardare soltanto la sfera della nostra emotività e del nostro orgoglio; non serve nemmeno fare ‘gravi’ discorsi teologici che sfuggirebbero alla comprensione del grande pubblico; è più opportuno, invece, articolarla in diverse considerazioni, che purtroppo non sempre e non per tutti fanno parte del patrimonio culturale dei fedeli cefaludesi e dell’intero territorio della nostra Chiesa diocesana.
    La prima considerazione riguarda la qualità della nostra fede: è cristiano chi crede che Gesù è il figlio di Dio che si è fatto uomo e che nella sua realtà umana e divina patì, morì, risuscitò dai morti e ritornò al Padre per redimere l’umanità intera. Questa professione di fede è stata il prerequisito del nostro battesimo, pronunciata dalla comunità che ci ha accolto nel suo grembo se siamo stati battezzati infantes o dal catecumeno adulto a conclusione di un percorso di formazione nell’ascolto e nell’assimilazione della Parola di Dio. Chi pertanto non professa questa fede non è cristiano. E’ un discrimen netto e senza equivoci.
    Nel contesto della Nuova Evangelizzazione, la Chiesa deve necessariamente chiedersi come annunciare il Cristo Salvatore per farsi capire dalla cultura contemporanea, in considerazione anche del fatto che i linguaggi e le strutturazioni della evangelizzazione degli ultimi 5 secoli pare che non reggano più al confronto con le istanze nuove ed appare assolutamente necessario cambiare il passo per non arrivare sempre in ritardo e non sentirsi dire da una delle sue figure più eminenti, recentemente scomparsa, di essere indietro di due secoli; come a dire che sta ancora combattendo i postumi dell’Illuminismo anziché mettere a frutto la grande rivoluzione culturale e spirituale che essa stessa aveva messo in moto con la celebrazione del Concilio Vaticano II.
    Riproporre un ritorno al Concilio perché il nuovo cresca nella continuità con la Tradizione è il classico luogo comune che nasconde il timore che il Vaticano II non abbia marcato la continuità, ma abbia segnato una rottura netta con il passato e, facendo un salto di 4 secoli, ha fatto giustizia dei torti perpetrati dalla Chiesa nei confronti di numerosi ‘profeti’ nei diversi campi del sapere.
    La seconda considerazione è che, volendo proporre un’icona di Cristo, ha scelto la più bella: il capolavoro universale della pittura musiva del XII secolo. Non si trova da nessuna parte, e né prima né dopo, un’immagine di Cristo che meglio esprima la sua realtà teandrica (vero Dio e vero uomo), l’immagine visibile del Dio invisibile, di Colui che dice ‘Chi vede me vede il Padre’, di Colui che è Principio e fine, Lui che ricapitola tutto e tutti e dà senso a tutto e a tutti.
    La terza considerazione è che quell’immagine musiva non è solo espressione in bellezza del mistero di Dio, ma è ricca di significato teologico. Lo leggiamo nella didascalia del mosaico stesso: Factus homo factor hominis factique redemptor – Iudico corporeus corpora corda Deus / Io ho fatto l’uomo, mi sono fatto uomo e l’ho redento - in quanto corporeo salvo i corpi in quanto Dio salvo i cuori.
    In questa straordinaria sintesi teologica è espresso tutto il mistero della Redenzione, come in quell’immagine di perfezione è mirabilmente significato tutto il percorso dell’uomo nella ricerca di verità e bellezza e il volto umano di Dio che di bellezza e verità risplende.
    Di questo dobbiamo prendere coscienza e gioire che nel mondo intero tutti i cristiani, ma anche chi cristiano non è o non si professa tale, legga nell’icona del Pantocratore di Cefalù la più straordinaria sintesi dell’umano e del divino.

    Giuseppe Riggio
     
    A lui così ho risposto:
    Caro Pino, Te ne ringrazio. Il tuo commento ha dato più forza alle ragioni della mia critica a certe espressioni "pubbliche", oserei dire di miseria elettoralistica, che sono state diffuse in questi giorni a proposito di una scelta, la cui valenza tu hai descritto da par tuo. Ciao, Angelo.