Mimmo Miceli

Ritratto di Giuseppe Forte

1 Maggio 2014, 11:12 - Giuseppe Forte   [suoi interventi e commenti]

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Da molti anni, Mimmo Miceli, coltiva la passione per le arti figurative, impiegando il suo tempo libero nella ricerca della materia da scolpire, legno o pietra, o da dipingere e disegnare come la tela e la carta. Da autodidatta e gradualmente, ha affinato i suoi mezzi tecnici espressivi trasfondendo nel materiale scelto questa sua passione.
La tecnica non si sovrappone alle inclinazioni e passioni per sostituirsi ad esse, ma rende agevole la loro espansione per una più raccolta, incisiva e sostanziale apertura espressiva.
Nel "Nostro" l'espressione diventa memoria di un mondo migliore sempre desiderato e stabilisce un'attiva relazione tra l'ambiente che ci circonda e il  mondo personale. Egli guarda il fenomeno artistico come lievito della nostra umanità attraverso cui si stabilisce il dialogo con i propri simili, la strada della sua costruzione e del suo continuo arricchimento morale e civile.
Nei dipinti, gli alberi, i paesaggi, il mare con i suoi azzurri sempre diversi, le albe e i tramonti osservati dal vero dal suo angolo meraviglioso del Guarneri in territorio di Cefalù, le figure umane, sono rappresentati in piena libertà perchè riesce a tradurre in immagini le sensazioni della sua esperienza, del suo vissuto e diventano ricordo visivo. Al dipanarsi delle linee si aggiunge quello del colore personalizzato dove l'ingenuità diventa coscienza, conquista interiorizzata, volta all'acquisizione e allo sviluppo del senso della composizione e dell'ordine. Ogni spunto che ha risvegliato il suo interesse, preso dalla natura o nato dalla sua fantasia, è stato vivificato dalla passione e dall'amore per l'arte e lo ha proposto al fruitore con semplicità e senza ambinzione alcuna, col solo desiderio di tradurre in immagini il suo sentire di uomo e di artista avulso da ogni sovrastruttura, da ogni mistificazione o contaminazione.
Mimmo non ha l'ambizione di realizzare opere d'arte (nemmeno gli uomini delle caverne o gli scultori africani pensavano di fare arte eppure hanno lasciato un patrimonio inestimabile e immortale di capolavori) e credo che non lavori nemmeno per fare "Arte", ma opere che mostrino vivo il desiderio di disegnare, dipingere, scolpire. Creazioni nate solo e unicamente dall'intimo bisogno di comunicare le sue sensazioni, i suoi sentimenti e l'attaccamento  al  Creatore di ogni cosa.
Egli ha imparato ad apprezzare ciò che è bello e lo ha scoperto in ogni elemento del creato. I semplici oggetti,  i paesaggi,  le figure, o le composizioni più complesse, sono serviti a destare una emozione, un interesse, e ciò che ha visto lo ha espresso per mezzo del disegno in intelaiature dove è evidente più che uno studio dal vero, l'intento di avvicinare macchie di colore bene armonizzate. Il disegno, a volte ingenuo, diventa una piacevole composizione di toni dove non manca di ritmo, ed espressione di una buona memoria visiva e del senso della profondità e delle proporzioni.
L'armonia di linee, di colori, di luci e di ombre, imprimono ai suoi lavori il suo personale carattere, ricco di esperienze accumulate nel corso della sua esistenza e dei mestieri acquisiti, che gli hanno permesso di conoscere persone e cose soprattutto quando, da collaboratore della parrocchia della chiesa dell'Itria e da consigliere comunale, ascoltava con molta partecipazione i problemi che affligevano i giovani e anche gli anziani, e cercava una soluzione per alleviare i loro disagi.
Nella pittura ma anche nella scultura, soprattutto in quei volti scavati dalla sofferenza con pochi colpi di scalpello e di segni, egli traduce non solo la forma delle cose o una impressione della stessa, ma anche e soprattutto la vita.
Quando la fantasia, a volte, si improvvisa nemica della logica e si trasforma in istintiva forza e sollecitazione, l'artista viene portato a gioiosi accostamenti cromatici, a trepide vibrazioni, a sprigionare l'anima  verso i lidi della libertà. Il tutto ha una sua vitalità e un suo respiro e i segni, i colori, le linee, la materia dura come la pietra, gli servono per ritagliare spazi espressivi liberi e personali con "l'inventiva" come unica ipotesi rasserenante nel marasma generale della babele del nostro tempo.
In altre opere si evidenzia una pulsione razionale, un'urgenza sentimentale di sintesi, di concentrazione, di pensiero, di espressione in una loro fisionomia inconfondibile che le stacca da qualsiasi accostamento e da qualsiasi corrente artistica contemporanea per la loro cristallina semplicità. Proprio per questo emanano un fascino discreto e sottile in un canto che si accompagna sommessamente all'onda di un flauto modulato.
L'artista, lontano dalle suggestioni della moda, seguendo solo il bisogno di una sincera modalità espressiva fa si che ogni opera diventi un mondo ri–creato, memoria di ciò che si è infiltrato dentro, suggerendo sentimenti e impressioni con la freschezza delle pennellate e dei segni grafici o plastici il tutto risolto in una sintesi interiorizzata e vibrante.
Nelle sculture è evidente la semplificazione dei piani, anche perchè viene sfruttata la stessa conformazione della materia e quindi l'adattamento del soggetto rappresentato alla forma esistente.
Il segno scultoreo, con la sua vivace capacità espressiva, costruisce immagini in cui vibrazioni e fremiti si caricano di impulsi intellettivi e sensitivi in una espressione autentica di felice creatività intimamente vissuta.
Il risultato è la sintesi di una nuova metrica del segno e del volume in armonia col colore già insito nel materiale utilizzato.
Sia nella pittura che nella scultura la realtà offre sempre lo spunto per liberi interventi creativi in una pulsione non solo sensoriale ma di ordine strettamente spirituale e infatti oltre alle tematiche accennate, il Miceli pone l'accento anche su soggetti religiosi, appaganti il bisogno della sua anima di credente. A tal proposito  non può essere dimenticata la Via Crucis, donata  alla Chiesa dell'Itria, che racchiude una potenzialità di aperture protese a vedere nelle immagini la sofferenza del Cristo  morto per salvare e redimere l'uomo peccatore. La figura del condannato rappresenta l'innocente che subisce, ingiustamente, la tortura e la morte mentre gli astanti partecipano alcuni con indifferenza, altri con cattiveria e altri ancora con profondo dolore per ciò cui stanno assistendo. Le composizioni e le scene sono scarne, essenziali, semplici nella impostazione grafica e cromatica, ma molto efficaci nel trasmettere quei sentimenti di pietà e anche di ribellione per ciò che è ingiusto.
Il lavoro sincero, appartato, appassionato che Miceli propone alla nostra attenzione sollecitando la nostra sensibilità, va sicuramente apprezzato e incoraggiato così come è avvenuto in altre occasioni espositive delle sue opere. Da non dimenticare, fra le altre, la mostra allestita a Castelbuono alcuni anni orsono nella quale ha riscosso adeguati consensi di critica e di pubblico e non ultimo quello dell'Assessore pro-tempore del Comune, Dottoressa Irene Pantano.
 
 
Cefalù, aprile 2014
Giuseppe Forte