Il giorno di Vic

Ritratto di Totò Testa

26 Settembre 2014, 11:02 - Totò Testa   [suoi interventi e commenti]

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Nel cuore di quelli che amano l’automobilismo, ma che lo amano davvero, professandolo come una religione, insieme ai nomi di piloti leggendari come Tazio Nuvolari, Manuel Fangio, Jimmy Clark, Gilles Villeneuve, Ayrton Senna, spicca il nome di Quick Vic, al secolo Victor Henry Elford .

Tra i fedeli della religione automobilistica due numeri hanno un particolare ed ineffabile valore simbolico:

27

e

224

Il primo è quello della Ferrari che Gilles, detto “l’aviatore”, guidò fino alla sua morte in volo nelle prove del Grand Prix del Belgio, l’ 8 maggio del 1982, l’altro è quello che si trovava impresso sulla Porsche 907/8 con la quale Vic Elford vinse la Targa Florio del 1968 e che oggi è scolpito nell’anima di tutti coloro che quella gara l’hanno vissuta da testimoni non solo oculari, ma coinvolti in quell’accadimento con tutti i cinque sensi e, forse, con altri ancora.

Perché la Targa non era solo carrozzerie policrome graffiate dal vento, era anche gusto di tabacchi esotici, vibrazioni stupefacenti, era la musica assordante dei novemila giri di motori sacri, il profumo di gomma strinata, d’olio di ricino, di ginestra.

Il 5 maggio del 1968, tra quei settantadue chilometri di asfalto sconnesso e pastoso, di salite, discese, falsipiani, ponticelli, curve, controcurve, curve a gomito, tornanti, dossi, scrunati tra orizzonti cangianti di montagne, profili turriti di borghi antichi, ulivi, casolari, verdi distese di messi immature, fiori gialli, spume di mare, cielo di cobalto, Quick Vic decide di scrivere la sua leggenda.

Sale in macchina probabilmente intorno alle dieci e un quarto.

Ai piedi un paio di scarpe nuove e molto speciali.

Gliele ha cucite, nella notte prima delle prove, un calzolaio di Cefalù, Francesco Liberto, che tutti chiamano Ciccio.

Per averle ha dovuto chiedere l’intercessione dei “nemici” dell’Alfa Romeo Nanni Galli e Ignazio Giunti e ha dovuto esibire il suo piede amputato dell’alluce a quello strano artigiano dalla voce ipnotica e dagli occhi scintillanti di genio azzurro.

Adesso le aveva ai piedi, quelle agognate scarpe, come Giunti, come Galli e, forse, anche come Scarfiotti, che guida l’altra Alfa ufficiale.

Ha dormito bene, a Cefalù, si è rasato e pettinato come solo un inglese sa fare, sale in macchina, indossa il casco, calza i guanti, è pronto!

Al via, ritardato di otto minuti rispetto all’Alfa di Giunti/Galli, per effetto di un nuovo regolamento entrato in vigore quell’anno, parte subito forte, ma quel primo giro si rivelerà un calvario.

Dopo due chilometri deve fermarsi per ri-avvitare una ruota posteriore che stava per staccarsi, poi la fa cambiare ad un centro assistenza.

Riprende, ma dopo dieci chilometri è costretto a cambiare lui la ruota, poi, ancora, si fa cambiare l’intero treno al successivo centro assistenza.

Il tutto si svolge in uno scenario policromo, futurista e, direbbe Eco, polisemantico, con gli spettatori che si avvicinano alla 908, la toccano, si fanno martinetto umano come in un quadro di Boccioni, la sollevano mentre Vic cambia la ruota, toccano Elford, lo aiutano, danno consigli, urlano, incitano, segnalano la presenza della macchina ferma agli altri concorrenti.

La leggenda vuole che, dopo quel maledetto primo giro, Quick Vic accumuli un ritardo di oltre 18 minuti da Scarfiotti.

Probabilmente quel calcolo è solo parzialmente esatto, nel senso che andrebbe depurato degli otto minuti di ritardo alla partenza.

Ma le leggende sono leggende, e così si formano e si tramandano.

In ogni caso, a “cronometraggio pulito” sarebbero, comunque dieci minuti, belli pieni, di distacco.

Quando, alla fine del terzo giro, Vic passa la guida al compagno d’equipaggio Umberto Maglioli, quei dieci minuti sono già ridotti a sette.

Ha già recuperato almeno tre minuti in due giri, a Ludovico Scarfiotti!

Maglioli è un pilota dal passato kamikaze, uno dei più veloci che si siano mai visti, ma ha quarant’anni, la fatica è tanta e lui ha sempre sofferto le curve strette e i muretti della Targa, dove le sue doti di velocista puro non possono esprimersi.

Quel giorno non è veloce quanto Elford, perde terreno, intanto Giunti incalza Scarfiotti e passa in testa alla corsa.

La tabella prevede che Quick Vic riprenda la guida al penultimo giro.

Lo mettono in macchina per gli ultimi tre, e sono tre giri più metafisici della storia della Targa e di tutte le corse stradali di velocità.

Elford guida come in un toboga, non sente la fatica né il dolore, scivola come in trance verso il suo destino di gloria immortale su quella tonnellata di ferraglia sporca, torrida e malconcia con un 224 sbiadito stampato sul cofano che, con il riflesso del tramonto sul parabrezza si trasforma in una cometa sfrecciante raso terra, fino al traguardo.

Elford è primo, Elford ha vinto!

Esce dalla macchina in condizioni fisiche molto più precarie di quanto un suddito di Sua Maestà Britannica può essere disposto ad ammettere.

Disidratato, stremato, la schiena distrutta, le mani piagate, i muscoli ridotti a strisce di pemmican…

Demolito nel fisico, ma trionfatore

Da quel giorno è come se Vic non si fosse più mosso da quel podio scalcinato di Floriopoli che, nella fede dei credenti dell’automobilismo sportivo rimane quello che ha sostenuto il peso del più grande tra i grandi vincitori della Targa, in quel 5 maggio del 1968 che, da allora in poi, rimarrà per sempre il giorno di Vic.

Fu in quel giorno che il testamento morale di Vincenzo Florio, si manifestò come esatta profezia:

“Continuate la mia opera perché l’ho creata per sfidare il tempo”

E fu in quel giorno, infine, che entrò nella leggenda anche un calzolaio di Cefalù, che da allora abbandonò il suo cognome e la ‘nciuria familiare per diventare semplicemente “Ciccio”, quello che “ha fatto le scarpe” a tutti i grandi del volante di quella e delle successive generazioni di piloti.

Gli anni che seguirono videro la Targa diventare preda di kart ultraleggeri vestiti di plastica (che furono l’inizio della sua fine) e videro diradarsi la presenza sportiva di Vic Elford da queste parti.

L’amicizia con Ciccio, però, e il legame con Cefalù si sono fatti sempre più forti.

D’altra parte, come si potrebbe essere amici di Ciccio e non amare Cefalù?

Il 10 giugno del 2015 Vic Elford compirà ottant’anni.

Sarebbe bello potesse festeggiarli insieme ai suoi amici a Floriopoli.

Sarebbe bello potesse festeggiarli da cittadino onorario di Cefalù.