Eppure così … Mediterranea

Ritratto di Totò Testa

12 Ottobre 2014, 20:21 - Totò Testa   [suoi interventi e commenti]

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Il 10 ottobre, eravamo in tanti, nella Sala Gialla di palazzo dei Normanni, a Palermo, alla presentazione di “PAGINE DI VITA SICILIANA”, l’ultima fatica Storico/letteraria di Mariano Lanza, che è un cultore di Storia Patria Siciliana (uno tra i pochi, contemporanei e non, capace di travalicare gli steccati del “villaggio”) ed, insieme, un raccontatore affabile di “storie” e vicende del nostro “essere stati

La Storia, nelle storie di Mariano Lanza, è sempre protagonista, anche quando la prosa si arricchisce delle evocazioni poetiche rivolte al “contesto”, che poi altro non è che quella e questa Sicilia così unica, così ineffabile, così inconfondibile, eppure così intrisa di sapori, colori ed odori che sanno di Provenza, Catalogna, Metaponto, Peloponneso, Marmara.

Eppure così … Mediterranea, è, forse, la definizione giusta per l’Isola/non Isola protagonista, a sua volta, d’una Storia che si fa racconto, fino a trasformarsi in “Romanzo Storico”, genere nel quale Lanza si è già coraggiosamente cimentato, superando brillantemente la prova nei confronti di una platea di lettori che non è più, certamente, quella sulla quale poteva contare (se non altro per mancanza di alternative mediali), per esempio, Luigi Natoli, autore (con lo pseudonimo di “William Galt”) de “I Beati Paoli”, “Coriolano della Floresta e “Calvello il Bastardo”.

Ne “Il tesoro di re Ruggero”, dato alle stampe nel 2011, abbiamo apprezzato, oltre che la capacità di Lanza di sapere evocare situazioni, paesaggi e ambienti aulici, templari, domestici, e descriverli come frequentati e vissuti, pure quel sapersi tenere dentro il rigo stretto del rigore storico, anche quando il fascino del racconto avrebbe potuto indurre a facili eccessi di coloritura, portando tutto il resto, cioè la vera narrazione, a mero sfondo dell’intreccio di due “amori impossibili” che, pure, nel romanzo ci stanno e che anzi, nel loro delicato dipanarsi, ne costituiscono una sorta di fil rouge emotivo.

L’opera di oggi è diversa, anche se, in qualche modo, simile.

Diversa perché, in “Pagine di Vita Siciliana” è proprio la Storia (in senso moderno e “febvriano”) a fare da fil rouge mentre le storie (69 in tutto), lungi dall’essere narrazioni semplicemente inquadrate nel contesto storico, si rivelano, invece, come dei veri e propri mattoncini che, in qualche modo quella Storia costruiscono.

Simile perché rimane intatto il gusto, il verso e la scansione armonica del racconto o, come forse preferirebbe sentire il Lanza, “du cuntu”.

Che non è un “cuntu” qualsiasi, ma è didattica, divulgazione, eccipiente che rende assimilabile (senza nessun effetto collaterale) una materia ai più ostica, ma, in qualche modo, da somministrare come medicina necessaria, se vogliamo continuare definirci siciliani al di là delle etichette e degli stereotipi.

E’ il recupero del valore fondamentale della Storia come strumento essenziale per la comprensione del presente che, poi, altro non è che la trasposizione, anzi, l’applicazione di un fondamentale concetto disciplinare di Marc Bloch, evocato da uno dei relatori.

A contrario, si può tranquillamente dire che la Storia non divulgata non serve a nessuno, anzi, di fatto, non esiste.

Eppure la Sicilia, terra di “ancili e diavuli”, esiste  e, quindi, esiste la sua storia fatta di immani catastrofi (naturali ed umane) e di stupefacenti rifioriture e rinascite.

Il ruolo di Divulgatore che il Professore Lanza interpreta così intensamente, lo porta fino a costruire un gioco di percorsi, come in un itinerario il cui valore didattico è direttamente proporzionale alla sua capacità di presentarsi ludico, fino alla “pensata”, ci sia permesso di dire geniale, dell’appendice enigmistica, che, come una sorta di interrogazione che si può affrontare con leggerezza e curiosità, ci porta a auto-valutare la nostra comprensione del testo ed, in ogni caso, a fissare con naturalezza i suoi costrutti.

Nelle due ore e passa che abbiamo trascorso nella dorata cornice della “Sala Gialla“ di quello che fu il Palazzo di Ruggero, degli Angioini e dei Borbone, abbiamo rivissuto i piaceri e le sensazioni di una dimensione regale, di una realtà vissuta come sogno, ma anche, si potrebbe dire “miracolosamente”, di quello “stare”, più che nel salotto buono, nel tinello di una casa siciliana in un pomeriggio autunnale, dove, non molti anni fa, poteva succedere si dipanassero in racconto le memorie dei più vecchi e dei più saggi della famiglia radunata.

Memorie e “cunti” ch’erano d’un tempo vissuto, ma anche d’un tempo tramandato, di cui nessuno avrebbe mai messo in dubbio il legame con tutta quell’impareggiabile “mezcla” di odori, sapori e voci che precedevano una cena siciliana.

Suggestivi il Corteo medievale e le danze regalateci dai bravi artisti dell’Associazione TE.M.A di Monreale, diretti da Salvo Giaconia.

Qualcuno degli intervenuti ha voluto sagacemente rammentare che, nella Sala Gialla, non si vedeva un Ballo dai tempi di CARLO III di Borbone e, cioè da quasi tre secoli.

Bravo l’attore, di cui mi duole non ricordare il nome, portatore sanissimo di una calda e temperata voce narrante.

Misurati e “in tono” gli interventi musicali diretti dal Maestro Francesco Maria Martorana, che ha saputo regalarci, con il contributo di talentuosi musicisti, un viaggio che parte da lemmi musicali arcaici e, attraverso arpeggi celtici si fa mediterraneo nelle melodie arabe, poi volgenti ai registri del fandango e del paso doble, fino al canto popolare contemporaneo.

Tanto per non smentire la continuità della musica che, come la Storia, svolge i suoi carmi ciclici tra il passato ed un futuro che, in quanto tale, è come scirocco che genera inquietudine, ma anche presagio di nuovo stupore.

L’evento è stato abilmente coordinato da Mario Azzolini, giornalista della RAI, e ha visto le qualificate presenze di Pino Apprendi, politico di riconosciuta sensibilità culturale che ha reso possibile la localizzazione dell’evento nel palazzo del parlamento siciliano, dell’editrice Arianna Attinasi, una fresca e sorridente ventata di un coraggio imprenditoriale che ancora crede nell’investimento in Cultura, di Lino Buscemi, docente di comunicazione pubblica e maestro di sana amministrazione regionale (disciplina oggi in patente sofferenza), la professoressa Concetta Giamporcaro, ormai collaudata assistente ai travagli letterari del Lanza, e il professor Pasquale Hamel, complice recidivo e confesso.

Per dovere di sintesi, mi limito a riferire che tutti gli interventi dei relatori sono stati sagaci, brillanti ed passionali, così come, sempre, dovrebbe mostrarsi divertente, intelligente ed emotivamente coinvolgente ogni espressione culturale.

Un’ulteriore nota di merito: totale assenza di birignao e “trischi-troschi”.