Umani scolpiti nel ghiaccio

Ritratto di Michele Cutaia

2 Gennaio 2015, 12:54 - Michele Cutaia   [suoi interventi e commenti]

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L’ultimo libro di Umberto Eco, “Il cimitero di Praga”, m’ha indotto a ricordare una storia raccolta ai tempi in cui insegnavo a Cefalù.

Il protagonista era un uomo che campava trasportando piccoli carichi con una lambretta tre ruote. Sorrideva sempre e, nella sua dimensione esistenziale, era tranquillo, per ciò che il Signore gli dava. Da buon soldato, secondo la sibillina definizione etichettata da uno scrittore nel libro “Italiani brava gente” finì, nell’ultima dannata guerra, in Russia, intrappolato, con altri commilitoni, in un deserto di ghiaccio. Così, malgrado l’inglorioso precedente napoleonico contro i sovietici, ci ricascarono vergognosamente i due razzisti, il “folle Fuhrer” e il “grande Camerata”. Il delirio di onnipotenza non ha limiti.

Ed ancora una volta la tragedia si consumava sui poveri soldati. Molti di loro caddero assiderati, come tronchi d’albero divelti in una giungla senza radici. Un “cimitero a giorno”, esseri umani scolpiti nel ghiaccio, uniformati da un bianco accecante, senza ombre. Nel cedimento che uccide “uno solo”, sorretto da una forza istintiva, lotta con il peggior nemico, il gelo, annaspa con tutte le sue forze. Si “costruisce” con alcuni corpi irrigiditi come travi, un “capanno” in modo che possa rannicchiarvisi dentro, attutire quella morsa infernale, respirare, aggrapparsi ancora ad un filo di vita. Quel tanto che permise ai soccorritori, di trovare il suo corpo stremato “quel tanto” che gli risparmiò la morte.

Riflessioni: forse ci saranno stati altri casi di salvataggio, analoghi, più o meno, a questa vicenda, ma il sopravvissuto che me l’ha narrata non me lo disse.

 

Febbraio 2011                                                                                                                                                                 Michele Cutaia