Francesco Cannia a Cefalù: visioni materiche di architetture scomposte

Ritratto di Rosalia Liberto

31 Agosto 2015, 15:04 - Rosalia Liberto   [suoi interventi e commenti]

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Francesco Cannia a Cefalù: visioni materiche di architetture scomposte.

 

Materia, visioni plastiche, sabbia, nera, volume, crosta, passione, esperienza, architetture, vita, ossa, seppia, fuoco, bruciato, verde, arancione, cemento, grigio, onde, combustioni, legno, tela, forme, informe, suggestioni, visioni, piacevoli, spazio, pieno, vuoto, colmo, assente, luce, calore, paesaggio, deserto, grande, definito, pietra, superficie, creazione, artista, storia, sintesi, espressione … queste parole emergono dalla mente dopo aver visto le opere di Cannia.

    

La vista è certo il senso che più è coinvolto nell’ammirare le opere dell’artista, ma confesso il mio insistente desiderio di voler coinvolgere anche il tatto … Quando si osservano per la prima volta le opere di Francesco Cannia, si avverte la voglia di sondare la materia, di scoprire cosa siano i materiali combusti, le plastiche contorte e il nero, si il nero che con la sua trasparenza sembra un velo misterioso che copre ancora altri materiali. L’olfatto, anch’esso coinvolto nell’esplorazione delle opere dell’artista, si prende il suo spazio e permette così, alla fine, un percorso sensoriale ricco di forme e colori, di dimensioni plastiche e fluttuanti segni che per caso si sono composti e scomposti nella materia utilizzata. Composizioni equilibrate che nascono dalla casualità o dal razionalismo, dall’essere artista legato all’action del momento creativo o dall’essere architetto di colui che le crea? Nelle opere, seppur apparentemente progettate, e quindi razionali, specie nella distribuzione dei materiali, vi sono, è vero, armonia e cromatismo proporzionati, ma c’è sempre qualcosa di casuale, d’inaspettato, di dinamico e mutevole.

    

Quest’ultimo aspetto è dato dall’impiego della materia che l’Artista muta e trasforma per ogni opera: così la plastica perché combusta trasforma il suo aspetto, così la sabbia trova spazio nel momento gestuale in cui l’Artista la sparge sulla tela. Certo è che ogni materiale, ogni colore trova un suo spazio di vita all’interno dell’opera di Francesco Cannia: per assurdo, è come se si razionalizzasse il Tutto e il Tutto diventi creazione artistica, perfezione plastica e struttura che coinvolge la vista, il tatto e l’olfatto. Provare a chiudere gli occhi e toccare le opere vuol dire, dunque, comprenderne al meglio l’essenza!

                                                                                                                     Rosalia Liberto
                                                                                                                     Master Doctor in Storia dell’Arte