Fede, Tradizione, Arte.

Ritratto di Giuseppe Maggiore

31 Marzo 2016, 10:29 - Giuseppe Maggiore   [suoi interventi e commenti]

Versione stampabileInvia per email

FEDE, TRADIZIONE, ARTE.

 

E così anche la Pasqua, quest'anno, è venuta e se n'é andata; come l'Epifania, il carnevale e tutte le rimanenti feste comandate o meno.

I secondi, i minuti, le ore, i giorni, le settimane, i mesi, gli anni, costituenti la vita stessa, si inseguono l'un l'altro e compaiono e scompaiono con la velocità del lampo in un vorticoso susseguirsi girandolare da circo equestre lasciando in noi un labile nostalgico riverbero.

Fugit irreparabile tempus!

Le ricorrenze pasquali, di cui dànno testimonianza i molteplici sacri sacelli, rappresentano la massima risposta popolare al concetto della fede e fortificano negli animi il comune sentimento religioso che affratella ed irrora nello spirito della tradizione il culto evangelico.

Cefalù, non ultimo fra i paesi sicani in cui il vessillo della memoria mantiene alta la consapevolezza  del trascendente, è disseminata di lungimiranti edicole votive dalle più semplici e minuscole alle più architettonicamente elaborate e consistenti, dalle più colorite e infiorate alle più modeste e spoglie, in molte vie, cortili e piazze, dedicate a Santi, Madonne, Cristi, Beati e Martiri: espressioni esemplificative di una forbita dicotomia chiesastica che nei secoli passati rappresentava (ed anche oggi rappresenta) il comune afflato più veridico e sentito verso il Divino.

Tanto per documentare le strutture dalle varie denominazioni, eccole:

"San Rocco" in Piazza Garibaldi", "La Passione" in via Saraceni, "Madonna delle Grazie", "Cristo Pantocratore" e "Immagine di Cristo" in Via Francavilla; un altro "Cristo Pantocratore" in Via Amendola, un terzo in Via Spinuzza, un quarto in Via Seminario, un quinto in Via Madonna degli Angeli, un sesto all'angolo di Via Carbonari ed infine un settimo in Via Pierre (come si può notare, la devozione al Pantocratore è massima).

E poi un "Cristo Redentore" nel Corso Ruggero.

In quest'ultimo sito si trova anche la sacra edicola dell' "Ecce Homo", nicchia contenente una statua di terracotta a grandezza quasi naturale la cui fattura può esser fatta risalire al tardo settecento, raffigurante il Cristo flagellato incatenato alla colonna e la parte superiore di un sottostante bassorilievo marmoreo, possibilmente di epoca romana, sicuramente facente parte nel suo complesso di una ben più poderosa opera scultorea, che mostra il Gesù che predica ai fedeli; e poi ancora "Sant'Anna" in Via Gioieni, un' "Addolorata" nell'omonimo vicolo ed altra "Madonna Addolorata" in Piazza Marina ed una terza in Via Botta. Un "S. Giuseppe col bambino" in Via Spinuzza ed un "SS. Salvatore Redentore" in Via Candeloro.

Continuiamo: pure nel Corso Ruggero: "Madonna col Cristo". "Cristo con la Croce" in Via Gioieni, un secondo ed un terzo in Via Botta, un quarto in Via Costa ed un quinto in Via XXV Novembre.

A seguire: "Immagine di Cristo" in Via Francavilla, "Edicola votiva con nicchia vuota" in Vicolo Re, "Cristo Risorto" in Via Vanni, "La Pietà" in una nicchietta compresa nella stessa facciata ove è collocata la statua del citato "Ecce Homo" nel Corso Ruggero ed un'altra "Pietà" in Via Candeloro; "S. Giuseppe" in Via Umberto I, "Cristo tra la Madonna Incoronata e S. Giuseppe" e "SS. Salvatore" in Via Lo Duca. Quest'Ultimo pure in Via Carbonari, in Piazza Bagno Cicerone ed in Via Bordonaro; "S. Pasquale" nell'omonima via, "Gesù Bambino" e "Madonna di Tindari" in Vicolo Neglia, "Madonna col Bambino" in Via Roma, "Cappella del SS. Salvatore" a ridosso dell'omonima chiesa, "Maria SS. di Gibilmanna" e "Madonna Rifugio dei Peccatori" nella statale 113, "Madonna del Lume" in Via del Faro; un "SS. Salvatore benedicente" in Via V. Emanuele e qualche altra edicola non meglio identificata dispersa qua e là.

E se alla fine di questo nutrito tour de force elencativo qualcuna ne ho dimenticata, quando sarà si spalanchino per me le caustiche porte dell'orrido dantesco inferno e mi si collochi nel girone, nel cerchio o nella bolgia più appropriati al mio modo di essere stato.

Che ne so, io, in quale? Mi rifaccio alla Pietà Celeste!

È intuitivo che io, con penna e notes in mano, non sia andato a spendermi fra vie, vicoli, stradine, vicoletti, bagli, cortili, anfratti, rioni e quant'altro di questa nostra annosa città: se così avessi fatto, certamente mi sarei sentito stremato per la confusionaria immane fatica sostenuta..

Ho preferito, invece, trovando la torta bell'e pronta offertami su un conveniente piatto d'argento, rifarmi all'esauriente e sagace testo "Le Edicole Votive di Cefalù", edito a cura della locale sede dell'Archeoclub d'Italia col patrocinio dell'Assessorato alla cultura del Comune di Cefalù, supportato da pregevoli assunti a firma dei non mai abbastanza lodati Simona Vicari, Giuseppe Barracato,  Grazia Imbraguglio e Carla Napoletano e Nico Marino, al quale compendio rimando i più curiosi che vogliano saperne di più.

L'esistenza delle molteplici edicole votive nel nostro centro, come s'é visto, è notevole. Ve ne sono per tutti i gusti, insomma. Non c'é che l'imbarazzo della scelta. Cosa che è da ascriversi a nostro esclusivo vanto; perché fino a quando il perpetuarsi di determinate usanze non disattende ma corrobora l'imprescindibile senso della comune credenza, la civiltà di un popolo rinnova alla grande le proprie radici e si proietta nel futuro conseguimento delle più alte aspirate aspettative.

Questa ridda di luoghi di culto, di finestre sul Cielo, di spiragli di eternità, di oasi di appagamento spirituale dà esauriente contezza di grande spiritualità nel nostro habitat. Tuttavia (è un mio personalissimo bislacco parere) la mia natura dubbiosa mi spinge a nutrire profonde perplessità circa la consistenza di tale ipotesi ed ho l'impressione, purtroppo imbarazzante, che, in generale, il profluvio di manifestazioni sacrali  adombri, spesso e purtroppo, un discutibile specchietto per le allodole.

Quando, poi, alla tradizione popolare s'accomuni l'arte dispiegata nella cura scenografica della composizione, l'oculato senso critico mediato dal gusto e dalla passione per il genere, la credenza più assoluta e veridica nella certezza del Divino, facoltà, queste, esperite e profuse nell'addobbo delle medesime durante le loro cicliche fauste ricorrenze, elargite dalla mano sapiente di una coscienza in cui lo stile e l'aderenza ad una realtà storica e soprannaturale è certosinamente presente, allora il carisma che promana dal sacello, piccolo o grande che sia, istoriato o meno, con Santi, Beati, Cristi e Madonne di turno, è molto più percepito.

Tuttavia spesso le qualità degli scenografi che attendono a tale encomiabile impegno sono sconosciute agli stessi conterranei, sia per la modestia delle personalità operative dotate di qualche innato talento, sia anche perché gli improvvisati esecutori ufficialmente indulgono in altro settore lavorativo e chi trasmigra in quest'altro campo lo fà esclusivamente per hobby.

Quest'ultimo è il caso del nostro Nino Valenziano, che, da imprenditore avveduto (gestisce un esercizio commerciale per la vendita di confezioni in questo nostro millenario Corso Ruggero), non disdegna di occuparsi annualmente, e ciò da qualche tempo e con fattiva dedizione, all'addobbo ricorrenziale della sacra edicola dell'Ecce Homo sopra menzionata, lucrando il corale pubblico consenso.

     

Onore al merito!

Laborioso, umile e capace, egli si autodefinisce esclusivamente "commerciante" rifiutando espressamente la qualifica di artista.

Il suo inconfondibile stile, del qual non se ne fregia per natural ritrosìa, è conosciuto ed apprezzato nella nostra città.

E come lui tanti altri ve ne sono. Cefalù è piena di volenterosi ingegni, poco noti purtroppo, che si prodigano, spesso silenziosamente e senza aspirare al pallio od a remunerazione veruna, per il maggior sviluppo della nostra città.

Gente che tende più all'essere che all'apparire.

Laddove l'arte regna il bello emerge!

 

Cefalù,  Pasqua 2016.                                                                                                                                               Giuseppe Maggiore.

Commenti