Ospedale: che cosa può farsi veramente

Ritratto di Angelo Sciortino

9 Settembre 2016, 10:38 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Talvolta accade che qualcuno suggerisca, a chi sta combattendo con la spada, di usare un coltello per fare meno fatica. Meno fatica sicuramente, ma così facendo si esporrà di più agli attacchi del suo nemico, che invece usa una lunga spada.

La stessa cosa accade, quando una cattiva politica tenta di togliere diritti e servizi ai cittadini. Alcuni politici li invitano a deporre la spada – il diritto di mandarli via con il voto – per sostituirla con il corto pugnale – la protesta in piazza. Di questa protesta si metterebbero a capo loro stessi, per cui, quando questa si esaurirebbe, essi potrebbero riprendere la loro attività di predatori.

Sulla questione dell'ospedale G. Giglio sta accadendo la stessa cosa. Politici che indicano con l'esempio come protestare digiunando; altri che vorrebbero, neo Napoleone, marciare alla testa della Grande Armata dei protestatari in sfilata; alcuni opinion's leaders che si accodano a questa sete di protagonismo eroicomico. Tutti costoro dimenticano che simili proteste e persino le rivoluzioni hanno un senso in presenza di dittature, non ne hanno alcuno in un sistema democratico.

In un sistema democratico i cittadini hanno uno strumento più affilato della spada: hanno la matita da usare nella cabina elettorale. Quella matita dà loro la possibilità di cacciare via tutti quei politici, che ne hanno tradito la fiducia. Nel nostro caso, come fidarsi del PD locale e regionale? Non la merita, ma nemmeno i cittadini meriteranno rispetto, se gliela ridassero. Per equità lo stesso dicasi per gli altri schieramenti politici.

È difficile da attuarsi, ma questa e solamente questa è la vera rivoluzione! Alle prossime tornate elettorali diamo il classico calcio in culo a tutti questi arroganti, che creano problemi per poi potersi presentare come i solutori. Questo furbesco sistema deve essere smontato, colpito a morte con la potente matita elettorale.

 

Commenti

protagonista di Cien años de soledad, di Gabriel Garcia Marquez, "promoviò 32 guerras civiles y la perdiò todas"!  

Perchè allora combattere quelle battaglie? Perchè erano battaglie giuste.

Ho sempre visto Aureliano Buendia come una grande metafora della giustizia e del coraggio e di come la giustizia e il coraggio si innestano nel vile ceppo dell'uomo e lo rendono Uomo, con la U maiuscola e con il pensiero, i comportamenti, la capacità di agire, la vita maiuscoli.

Dentro le misure (per altro sconfinate) di Aureliano Buendia ci stanno in tanti: da Ernesto Guevara de La Serna a Chico Mendes, da Madre Teresa a Peppino Impastato, e quel Paolo Borsellino che tu correttamente citi, ma, anche e soprattutto, quello che s'innebriva della "bellezza del fresco profumo della Libertà" già quando aveva perso il migliore dei suoi compagni di battaglia.

Tutti potevano scegliersi un'esistenza più comoda. Aureliano nell'eterna estate di Macondo, Ernesto alla larga ombra di Fidel a Cuba, Teresa in uno dei tanti monasteri di suore altolocate, Peppino nel tepore (e nel sopore) diffuso dalla "montagna di merda" che aveva scoperto dalle sue parti, Paolo indagando sui ladri di polli. 

Ma fecero altro, ed ebbero una vita non facile. Per alcuni di loro ci fu, anche, un tragico epilogo.

Adesso mi chiedo, se, per esempio, Paolo Borsellino avrebbe combattuto lo stesso la sua battaglia se avesse potuto pensare che a beneficiarne sarebbero stati, soprattutto, i cialtroni che popolano, così numerosi ed invadenti, il nostro panorama sociale, spesso abbarbicati alle sedie istituzionali e pronti a difennderne l'insediamento come gli occupanti abusivi delle case popolari?

Sì, non ho dubbi! Perchè Paolo Borsellino sapeva che buona parte del tessuto sociale, sempre e comunque, sarà composto di cialtroni e che, in determinati momenti storici essi possono arrivare a prevalere.

Ma Paolo Borsellino non ha combattuto una battaglia per gli uomini delle istituzioni, ma per le Istituzioni, non per gli uomini dello stato, ma per lo Stato, anzi, per un'Idea di Stato che sarà sempre più forte, più potente e più limpida di qualsiasi stato cogente.

Ma Aureliano, Ernesto, Paolo non avevano solo l'Idea a fondamento della loro battaglia, avevano qualcosa in più, avevano chiaro e ben disegnato, un PROGETTO!

Quindi: da Idea e Progetto nascono i presupposti per la giusta battaglia da combattere. Se si vincerà, bene! Se si perderà, a maggior ragione, andrà combattuta.

Adesso qualcuno si chiederà: perchè tutta questa enfasi per un commento e, coprattutto, che c'entra con l'Ospedale di Cefalù?

Ci arrivo, ci arrivo.

La vicenda (sofferta) dell'ospedale di Cefalù nasce come conseguenza della ristrutturazione della rete ospedaliera della Regione, adempimento che la regione stessa avrebbe dovuto realizzare da svariati anni e che non ha finora portato a compimento (e meno che mai riusciranno a farlo questo governo e questo assessore regionale)  per assicurare a TUTTI i cittadini della Regione servizi sanitari efficienti e distribuiti sul territorio secondo criteri di equità, omogeneità e sostenibilità.

Al centro del progetto di rete ospedaliera, come di tutta la programmazione della sanità, punto di riferimento fondamentale, c'è la persona umana.

Orbene, non per quanto riguarda specificamente Cefalù, ma per tutta la dinamica di elaborazione e, soprattutto, presentazione, sorge, nelle menti dei malpensanti, il sospetto che il più forte principio ispiratore della rete ospedaliera possa essere stata l'autoconservazione delle posizioni acquisite dell'impresentabile casta politica con cui siamo costretti a confrontarci in questi anni bui.

E la persona umana? Beh, la persona umana vota ed è meglio non farle sapere che andrà a votare per chi, probabilmente, favorirà il suo passaggio a "compianta persona umana".

Tutto ciò, se fosse vero, farebbe assomigliare il tutto a una certa montagna di merda evocata da Peppino Impastato e combattuta da falcone e Borsellino, a dispetto della sbandierata posizione anti-montana e (quindi, rivierasca)  di parecchi interpreti.

Voglia Gesù Sabbaturi che ciò non sia vero e che, quindi, la giusta battaglia che andremo a combattere per l'Ospedale di Cefalù sarà condotta contro pugnaci e leali avversari e che si combatterà sul terreno delle idee e dei progetti ispirati al rispetto della dignità e della salute delle persone e solo su quelle.

Per quanto mi riguarda sono pronto ad imbracciare qualsiasi arma (dalla matita, alla stilografica, al forcone, al clistere) atta allo scopo e, io che condottiero non sono, arruolarmi nella fila del Primo Aureliano Buendia che si presenti. 

Ma la domanda è: Abbiamo un'idea?

E, soprattutto: Abbiamo un progetto?,

Sarò orbo, ma, io, ancora, non li vedo.

Vedo (leggo) solo lamenti e invettive.

Ad onor del vero bisogna dire che, anche dai lamenti e dalle invettive si possono cogliere spunti e produrre riflessioni che, messe a sitema, possono fare sorgere idee e scaurire progetti.

Chi ne sarà capace?

Fate sapere. 

La lettura di Marquez suggerì a Munoz Molina la seguente riflessione: "basta che il potere sia assoluto perché ogni ribalderia si trasformi in riverenza". Ecco, non si possono avere idee e progetti, perché ci sono troppi "ribaldi riverenti".