Ancora nella favola

Ritratto di Angelo Sciortino

3 Aprile 2013, 20:56 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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PAPA'”. Erano le tre del mattino e avevo appena posato sul comodino i Saggi di Montaigne, che avevo letto per oltre due ore, avendo deciso di essere un uomo e non un maschio diretto dai suoi istinti bestiali.

Mi alzai di scatto e andai veloce nella stanza, dove dormiva mio figlio. Se ne stava seduto nel mezzo del letto e aveva lo sguardo atterrito.

“Che succede” dissi, sedendomi sul suo letto.

“Ho avuto un terribile incubo. Mi sono visto in quel bellissimo luogo del tuo racconto di ieri sera. Passeggiavo su quel monte di roccia e mi godevo il panorama, bellissimo da ogni parte. Credevo di essere tornato nell'Eden, dove forse mi sarebbe apparso Dio stesso. Forse fu colpa di questa aspettativa che non capii subito che ad apparirmi era un orco.”

“Ma dove peschi questi incubi? Nella favola che t'ho raccontato non c'erano orchi!”

Nella favola no, ma nel mio incubo sì. Sognavo che t'inseguivano e volevano farti male. Urlavano parole sconclusionate. Aspetta, vedo di ricordarne qualcuna. Ecco, per esempio: non conforme, ma compatibile...il problema si risolve con numeri figurativi...w la salsiccia...volare alto, ma restando con piedi per terra...proclamare e non fare o fare male...Ce n'erano altre, ma non le ricordo”

“Adesso stai tranquillo. Io resterò accanto a te, finché non ti riaddormenterai. E se torneranno, sapremo come mandarli via. Come tutti gli orchi, sono tanto stupidi, che non sanno neppure che cosa vogliono.”

“Sì, se resterai qui, riuscirò a riaddormentarmi.”

Dopo una buona mezz'ora mio figlio si addormentò. Aspettai ancora un po' e poi me ne tornai a letto, ma dovetti alzarmi dopo qualche minuto, perché non riuscivo a prendere sonno. Mi rimproveravo di avere raccontato la favola causa degli incubi di mio figlio. Non aveva ancora cinque anni e avrebbe ancora avuto tempo per soffrire. Mi recai nello studio e dopo inutili tentativi di leggere, misi sul lettore il CD con la Passione di Matteo di Bach e mi sedetti nella poltrona ad ascoltare quella musica straordinaria. Ogni nota mi elevava. Con gli occhi chiusi, mi addormentai e mi ritrovai in alto. Era un sogno, ma di quelli che tradiscono un desiderio covato durante le veglie diurne, quando la realtà sembrava invitarmi ad andar via.

Quando raggiunsi il punto più alto, vidi una potente luce e un luogo ancora più bello di quello della favola, anche se somigliava moltissimo a quello. Le note di Bach – così mi sembrava – si diffondevano fra gli alberi e nell'aria. La luce sembrava ferma in un punto, ma questo punto era uguale dovunque. Sembrava che essa avesse diverse fonti e una soltanto al tempo stesso. Non capivo.

Andai avanti e mi diressi verso una radura, dove c'erano diversi uomini fermi a parlare. Avevano abiti di fogge diverse e tutte strane, che li rendevano somiglianti a tanti uomini delle diverse epoche della storia passata. Qualcuno sembrava un romano o un greco; qualcun altro un arabo o un normanno; un altro un vecchio contadino dell'Ottocento e un altro ancora un nobile.

Mi avvicinai e salutai rispettosamente. Grande fu la mia meraviglia, quando uno di loro – il normanno – mi disse che ero in ritardo.

“In ritardo?” chiesi.

“Sì, molto in ritardo. Ma quest'abitudine sembra esserti familiare. Sei in ritardo persino nel capire, come t'è accaduto recentemente. Dì la verità, non ti sembra di averci messo troppo tempo a capire che avevi dato la fiducia all'uomo sbagliato?” disse ancora il Normanno.

“?”

“Lo so, non capisci, perché non sai che io so. Qui tutti sappiamo e non ci si può nascondere nulla. Lascia che mi presenti e ti presenti i miei compagni. Sono Ruggero II d'Altavilla, già re normanno di Sicilia; a cominciare dalla mia destra ci sono: Marco Tullio Cicerone, Socrate, il barone Pirajno di Mandralisca, Carmine Papa, mia figlia Costanza e suo figlio Federico, Salvatore Spinuzza, Antonino Morvillo e Giuseppe Giglio.

A mano a mano che Ruggero procedeva con i nomi, il nominato abbozzava un leggero inchino e un sorriso. Erano tutti nomi di uomini o cefalutani o che avevano avuto a che fare in qualche modo con Cefalù, ma Socrate in quella compagnia che cosa c'entrava?

Feci male a farmi girare in testa una simile domanda, perché, sempre Ruggero, disse, come se io avessi espresso a voce alta il mio pensiero: “Proprio Socrate c'entra più di tutti. Dei mali della democrazia egli dimostrò sempre di riconoscere bene l'unica vera causa e l'unica riforma, che avrebbe potuto porvi rimedio: la riforma delle riforme, quella dei cervelli.”

“Ha ragione il Re” intervenne Cicerone. “Ha ragione e quel che si prepara per Cefalù lo prova ampiamente. Cittadini, che amano la propria libertà, non possono consentire che li si privi degli strumenti, che servono ad amministrarla. I tribunali a Roma non li chiusero neppure gli imperatori peggiori. E meno che meno con la giustificazione che costavano troppo! State ribellandovi? Raccogliete firme, ma siete pronti a subire qualunque affronto.”

Socrate, in verità bruttissimo, ma dallo sguardo dolce, intervenne: “Anche quello terrificante di ridurre la scuola e i suoi maestri a nemici della sapienza e della filosofia. Meritereste di peggio. Meritereste ogni ignominia!”

“Come quella di distruggere quel che ho donato, perché il popolo avesse gli strumenti per elevarsi,” disse il Mandralisca.

Stava per continuare, ma s'intromise Carmine Papa: “Hanno distrutto persino il buonsenso! Io non sapevo né leggere né scrivere, ma seguendo quelli migliori di me ne ho dimostrato tanto, come ancora si riconosce da parte di tanti.”

Ebbi l'impressione che stessero facendomi un processo, che non meritavo. Forse perché se ne resero conto, Cicerone mi mise un braccio sulle spalle e disse: “Vieni con noi!”

M'incamminai senza timore insieme a loro, finché non entrammo dentro un grande palazzo, che sembrava di vetro o di ghiaccio e il cui ingresso aveva per porta una cascata.

Troppe cose vidi, scoprii e imparai là dentro, perché le possa raccontare adesso. Chi avrà pazienza, le leggerà a mano a mano che saprò metterle insieme.

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Favola precedente:

1ª parte: Una Cefalù da favola nella favola (http://www.qualecefalu.it/node/2005)