Una Cefalù da favola: preparazione all'incarico.

Ritratto di Angelo Sciortino

8 Aprile 2013, 14:18 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Dopo l'ultimo sogno, non accadde nulla per una settimana. Piano piano me n'ero quasi dimenticato e ormai la sera prendevo sonno con facilità. Non mi disturbavano più neppure le profonde riflessioni di chi riteneva i miei sogni una similitudine della incredibile realtà politica attuale. Fino al punto di ritenere opportuno informare quelli che ne sono gli attori principali.

Insomma, ero guarito, sebbene non fossi stato malato. Quella sera, però, accadde qualcosa di particolarmente strano. Rientrando a casa, fui fermato da un vecchietto, che con voce ferma mi disse: “Sei atteso per stanotte, non mancare!”. Poi, improvvisamente com'era apparso, sparì.

Dopo cena non riuscii a leggere. Decisi quindi di ascoltare un po' di musica. Nella scelta evitai Bach in favore di Ma Vlast di Smetana. Più rasserenante e meno pretenzioso di elevare, ma piuttosto in grado di far vedere il mondo attorno a noi con occhi più innocenti e con cuore più allegro.

Senza che me ne accorgessi, seguendo le note che scorrevano come l'acqua della Moldava, mi ritrovai nello stesso luogo, dov'ero stato già. Davanti a me la cascata, che attraversai, per ritrovarmi subito di fronte allo stesso tavolo, dov'erano seduti gli stessi uomini conosciuti prima e che qualcuno osò paragonare ai saggi umani e terreni.

“Benvenuto” disse Ruggero. Gli altri accennarono un sorriso e piegarono la testa in segno di saluto.

Anch'io salutai con un inchino, per evitare di parlare, sia per timidezza e sia per timore reverenziale.

Costanza si piegò verso Ruggero e gli sussurrò qualcosa all'orecchio. Quando se ne allontanò, Ruggero fece un segno, come a invitarla a parlare.

“Abbiamo trascorso una settimana, perché volevamo essere certi di te.” prese a dire Costanza.

“Volevamo essere certi di dotarti dei grandi poteri, che ti saranno necessari per eseguire correttamente le nostre disposizioni. Usati correttamente, perché non dubitiamo né dubitavamo che non ne avresti approfittato. Adesso ascoltaci bene, quando ti diremo che cosa ci aspettiamo da te, perché non ti è concesso di chiedere che ci ripetiamo. Pesa bene le nostre parole e attieniti alle nostre disposizioni. Adesso ti parlerà per primo Socrate.”

Ebbe appena il tempo di finire, che Socrate così prese a parlare:

“Una esperienza simile alla tua l'ho vissuta anch'io. Anche ai miei tempi esistevano uomini come il tuo conterraneo Gorgia, che discuteva con serietà se un solo chicco di grano poteva definirsi anche mucchio, visto che esso è formato da tanti chicchi di grano. Allora questi uomini si definivano sofisti. Oggi il nome è cambiato e si chiamano politici. Erano in grado di far credere quel che volevano, specialmente se in possesso di potere. Io mi scontrai più volte con essi e questi incontri sono stati annotati fedelmente dal caro Platone. Alla fine preferii bere la cicuta, pur di non farmi martoriare ancora con le tante chiacchiere di costoro.”

Mi guardò come se volesse capire dalla mia espressione se avevo capito e poi così proseguì:

“Per non farti soffrire come soffrii io, abbiamo voluto darti una protezione. Come tu sai, nel cervello possono entrare soltanto gli zuccheri e i grassi. Tutte le altre sostanze ingerite da te non avranno alcuna possibilità di entrare. Purtroppo la natura non ha dato la stessa difesa contro le chiacchiere, i proclami e contro tutto ciò che entra attraverso i sensi dell'udito e della vista. Tale difesa noi abbiamo deciso di darla a te. Non è un dono da poco. Io stesso, te lo ripeto, non ne ho goduto.”

Guardò verso Ruggero, che gli sorrise in segno di assenso, e poi proseguì:

“Con tale armatura difensiva, ti diamo anche la possibilità di leggere il pensiero. Questo ti permetterà di capire se, chi ti sta parlando, è sincero o reticente. In questo modo potrai esaminare bene ogni situazione e poi riferirla a noi.”

“Come sto facendo io con te, che in questo momento leggo la tua domanda: ma perché non fanno loro direttamente quel che vogliono chiedere a me?” disse Mandralisca, intervenendo a sua volta. Poi continuò:

“Già siamo intervenuti personalmente e abbiamo punito con severità alcuni. Ormai non li vedi più nemmeno in giro. Questo tipo di personaggi risorge dalle proprie ceneri e noi siamo stanchi di ritornare ancora lì, perché ci fa troppo soffrire il vedere la povera importanza, che date a ciò che di grande vi abbiamo donato. Non per vantarmene, ma anch'io l'ho lasciata qualcosa di grande: il Museo, che porta il mio nome.”

“Per non dire della chiesa di San Giorgio, trasformata in parte in albergo per turisti, in parte in calzoleria e persino in deposito di bar.” intervenne Ruggero. E poi proseguì:

“Per non dire dei vetri sporchi della mia Cattedrale. Ricordo ancora i disegni di quell'artigiano arabo, che studiò le aperture per dare la giusta luce e la giusta aria in tutte le ore del giorno e in tutte le stagioni. Per non dire, infine, di quali Principi hanno scelto di essere governati!”

“E io che cosa dovrei dire. Ricordata insieme alla sa...” diceva Costanza, ma l'interruppe Ruggero:

“Adesso basta. Puniremo chi ti ha mancato di rispetto!”

Mi svegliai di soprassalto, impaurito dalla vista del dito di Ruggero, che sembrava indicare me. Solo e circondato dal silenzio della notte, intravidi in fondo, tra mare e cielo, la rossa aurora e sentii il canto di un'allodola. Mi alzai e mi preparai per uscire.

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Favole precedenti:

1ª parte: Una Cefalù da favola nella favola (http://www.qualecefalu.it/node/2005)

2ª parte: Ancora nella favola (http://www.qualecefalu.it/node/2017)

3ª parte: Cefalù da favola: qualcuno vuole proteggerci (http://www.qualecefalu.it/node/2024)

Commenti

Caro Angelo, so bene che, se tu potessi, "i vetri sporchi" li romperesti a sassate.
Però, secondo me, il ricordo dei "disegni di quell'artigiano arabo, che studiò le aperture per dare la giusta luce e la giusta aria in tutte le ore del giorno e in tutte le stagioni", il Mandralisca non può averlo.
Ciò perchè, secondo me, quelle "aperture" non erano opera di un artigiano arabo.

Caro Saro, non era un artigiano, infatti, ma un vero e proprio progettista. A detta del Mandralisca, egli spiegò a lungo a Ruggero le ragioni, che lo spingevano a volere quel tipo di finestre, simili anche a feritoie, per difendere coloro che vi si sarebbero rifugiati in caso di ribellioni popolari o di attacchi pirateschi.

Comunque sia, sono costretto a credere alle parole del Mandralisca, che ha fonti d'informazione e di conoscenza, che vanno oltre le mie capacità. Persino oltre le capacità di coloro che pubblicarono per i tipi della Zecca e altri per conto dell'Istituto Treccani pregevoli studi sulla nostra Cattedrale, ora premiata con l'invito a pranzo come se fosse un familiare degli ospiti, che forse sperano soltanto nell'eredità.

Ti ringrazio di avermi pungolato e di avere pungolato, spero, anche la curiosità dei lettori.