La Cultura e la Devozione a tutela dell'Ambiente

Ritratto di Clarice D'Agostino

10 Settembre 2017, 20:16 - Clarice D'Agostino   [suoi interventi e commenti]

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La Cultura e la Devozione a tutela dell’Ambiente

 

Il 2017 verrà ricordato, ahimè, per i diffusi incedi che hanno colpito e devastato non solo la Sicilia ma tutta l’Italia.

La causa di questo scempio ambientale è riferibile maggiormente alla scelleratezza dell’uomo e colpisce non solo la vegetazione ma anche la fauna e tutto l’ecosistema, oltre ad arrecare danni materiali alle persone.

In questi anni segnati dai nefasti incendi abbiamo avuto modo di verificare le “conseguenze” al nostro habitat alle prime piogge, ormai di tipo tropicale dovute al “cambiamento climatico”.

Piogge torrenziali colpiscono il suolo che, privato della vegetazione arborea e arbustiva che ha l’essenziale ruolo di contenimento naturale del suolo e di filtro assorbente delle acque, “lavano” il terreno innescando frane, smottamenti e alluvioni.

Già nel 1999 Cefalù subì un vasto incendio nella zona est del suo territorio lambendo il Santuario di Gibilmanna; già allora il compianto Prof. Arch. Pasquale Culotta, in occasione di un incontro pubblico di qualche mese dopo il funesto incendio dell’agosto di quell’anno, disse: “La campagna, la storia agricola di Cefalù, sono state cancellate”. Un vero grido di dolore!

Ma l’uomo dimentica, relega nell’oblio l’esperienza, la storia …. l’urlo di dolore di un uomo di cultura e di ampia visione che lo portava a riconoscere il Genius Loci della sua amata Sicilia, della sua Cefalù e delle Madonie!

Forse riscoprire i sentieri della fatica e della fede ci potrebbero aiutare a ritornare “umani” e a “svegliarci” dall’oblio!

In questi giorni caratterizzati da siccità climatica e da arsura da incendi ma in trepida attesa delle piogge autunnali, tanto agognate quanto temute, ho voluto rileggere un mio articolo scritto nel settembre 1999 e pubblicato sul Corriere delle Madonie (ANNO XXXVI – N.9 – OTTOBRE 1999) dal titolo “La cultura e la devozione a tutela dell’ambiente”. Rileggendolo ho notato che a distanza di quasi 20 anni risultava attualissimo!

Lo riporto integralmente con l’auspicio di un risveglio maturo che ci porti a riscoprire e valorizzare la fatica e la devozione dei nostri avi e con una coscienza ambientale consona al XXI secolo … Come diceva Marcel Proust: “Il vero viaggio di scoperta non è nel cercare nuove terre ma nell’avere nuovi occhi”

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““I continui incendi estivi dei boschi delle Madonie e quello devastante del 10 agosto scorso nel territorio di Cefalù hanno scosso gli animi della popolazione madonita e ne hanno risvegliato l’assopito legame al territorio.

Il territorio, inteso sino ad ora come insieme di proprietà private, dopo la sua devastazione viene sentito e valutato nella sua accezione più ampia di bene collettivo, dunque di tutta la comunità.

Uomini di cultura come il Prof. Arch. Pasquale Culotta hanno pronunciato frasi come “La campagna, la storia agricola di Cefalù, sono state cancellate”.

Negli incontri pubblici tra i rappresentanti delle istituzioni e i cittadini che hanno subito i danni materiali, finalmente si sente affermare che gli incendi sono al 90% dolosi e che ci sono dei responsabili da individuare e da condannare.

Nelle riunioni operative del Comitato, costituito da cittadini e proprietari dopo il disastro ambientale, con i responsabili locali della Protezione Civile, dell’Ente Parco, del Corpo Forestale sono stati affrontati i problemi dei singoli proprietari legati alla ricostruzione degli immobili e alla ricostruzione dei fondi agricoli e delle aziende zootecniche.

Individuata la procedura dell’iter burocratico per accertare i danni subiti dai privati, si sta procedendo per via amministrativa alla realizzazione delle opere urgenti per il ripristino degli impianti a rete (luce, telefono, viabilità) presenti sul territorio e soprattutto per il consolidamento delle scarpate che, in caso di pioggia, metterebbero a serio rischio anche le infrastrutture di comunicazione presenti a valle (SS 113 . linea ferroviaria – strade comunali).

Riscoprire i sentieri della fatica e della fede

Il 5 settembre, appena un mese dopo l’evento calamitoso, nel Santuario di Gibilmanna in territorio di Cefalù si è svolta la tradizionale festa della Madonna di Gibilmanna che vede coinvolte le istituzioni di tutti i Comuni delle Madonie e la devozione delle popolazioni degli stessi centri.

Questa festa religiosa, legata al territorio e alla spiritualità popolare, segna antropologicamente il passaggio dal periodo del raccolto al periodo della semina; raggiungere il santuario da parte degli abitanti delle impervie Madonie, ha significato per secoli un atto di ringraziamento per le messi raccolte e di richiesta di protezione per il successivo lavoro di semina.

Il legame tra l’uomo e il territorio non si saldava solo attraverso lo sfruttamento legato al pascolo, al taglio del bosco per legname o per fare carbone, o gli interventi di dissodamento per ottenere i prodotti dell’agricoltura, o mediante la costruzione delle case, dei rifugi, dei pagliai, o delle strade o dei sentieri, ma soprattutto avveniva a livello culturale.

Gli uomini e le donne che provenivano dalle varie comunità confinanti hanno attraversato per secoli quello che ora è territorio del Parco delle Madonie portando con sé la propria cultura,storia e religiosità, lasciandone segni e tracce.

I percorsi della benedizione della campagna e dei pascoli spesso lunghi e faticosi, le edicole e le cappelle posti in luoghi stabiliti dalla tradizione come punti d’incontro delle varie comunità confinanti o come custodi del territorio, sono i segni di questa appartenenza.

I sentieri della fede solitamente ripercorrono le Regie Trazzere: queste antiche vie di comunicazione erano diffuse su tutto il territorio ed erano larghe trentasei metri per permettere alle mandrie di spostarsi dai pascoli invernali a quelli estivi e viceversa per la periodica transumanza.

Se le piccole edicole votive segnavano gli impervi percorsi, demandati alla custodia del territorio erano i più autorevoli Santuari e Conventi; le Madonie hanno un ricchissimo patrimonio storico-architettonico di edifici religiosi: il Convento Basiliano nel territorio di Geraci, l’Abbazia di San Giorgio a Gratteri, la Chiesa di Pedale a Collesano, il Santuario della Madonna dell’Alto a Petralia Sottana, l’Abbazia di Liccia a Castelbuono, il Convento dei Cappuccini a San Mauro, la Chiesa della Madonna dell’olio a Blufi e tantissimi altri ancora.

La religiosità nell’anima del contadino, del boscaiolo, del pastore era naturalmente animata dalla semplice esigenza di poter ricorrere alla protezione di Dio e dei Santi, verso i quali aveva un istintivo trasporto, consapevole di quanto l’uomo e tutto quello che egli possiede dipenda dal Cielo e di quanti avvenimenti accidentali siano in agguato negli aspri monti, lontano dai centri abitati, per danneggiare l’opera faticosamente condotta dall’uomo.

Una religiosità individuale e collettiva, istintiva e se si vuole interessata, legata al bisogno di una protezione superiore, ma che ha contribuito al mantenimento di alcune tradizioni religiose e devozionali e che appartengono alla storia autentica del territorio.

Uomini donne ragazzi, a piedi o a dorso di mulo o, per devozione, a piedi scalzi affrontavano con coraggio il pericolo delle intemperie e soprattutto della fatica, percorrevano questi sentieri con un’agilità ben maggiore di quella riservata al comodo trasferirsi del nostro tempo.

Oggi ripercorrere a piedi questi itinerari è una vera impresa agonistica (da San Mauro C.de per raggiungere Gibilmanna occorrono 9-10 ore di marcia), tuttavia per secoli questi trasferimenti, anche con pesanti carichi, erano considerati del tutto normali dagli abitanti dei nostri monti.

L’azione di tutela di questi percorsi, da sempre, è stata svolta dai pastori e dagli agricoltori con tenacia e con fede per garantire il collegamento tra i pascoli, i centri abitati e tra le diverse zone di sfruttamento agricolo, consapevoli della grande fatica impiegata per la loro costruzione.

Lungo i tragitti c’erano punti noti di riposo dove si poteva sostare all’ombra di un albero o rinfrescarsi alla tenue vena d’acqua nascosta tra la roccia o raccolta in un bevaio.

Proprio in questi punti talvolta sono stati posti quei segni religiosi (croci ed immagini sacre) che dovevano incoraggiare a superare la fatica e lo spossamento dell’ardua salita o discesa, e che oggi ci parlano di una vita semplice in un territorio povero e difficile, ma illuminato dalla fede e dalla devozione.

La preghiera quindi come ricorso abituale e tradizionale da parte del popolo in caso di bisogno, e non comportamento superstizioso e irrazionale che sfocia nella magia.

Una Patrona spirituale del Parco

Per salire faticosamente verso le cime, occorre occorre che lo sforzo non sia solo fisico, ma anche morale e spirituale; la cultura moderna pretende di trascurare questo aspetto, e ciò induce e determina il regresso della nostra civiltà cristiana ad un paganesimo consumistico, vuoto di ideali autentici o addirittura ateo, rifuggente da ogni responsabilità morale.

 I sentieri della fatica e della fede sono parte integrante dell’ambiente. Essi costituiscono un patrimonio di insegnamenti di valore umano, religioso e morale; insegnamenti che non possiamo dimenticare.

La devozione alla Madonna di Gibilmanna, nelle Basse Madonie, e alla Madonna dell’Alto, nelle Alte Madonie, sono ancora oggi tra le più sentite e coinvolgenti per gli abitanti dei paesi del Parco. Sebbene si siano scelti altri e più facili percorsi per raggiungere i due Santuari, da qualche anno i giovani madoniti hanno riscoperto l’antico valore dell’impegno fisico associato a quello morale e hanno ripristinato il tradizionale pellegrinaggio naturalistico e devozionale e incamminandosi insieme, e in piccoli gruppi dagli antichi centri di Geraci, Gangi, San Mauro, Cefalù, Pollina, Gratteri, ecc., lungo gli antichi sentieri, oggi né segnati né potenziati, raggiungono come facevano i loro antenati il Santuario di Gibilmanna.

Ricordare il passato per insegnare a vivere il presente e per conoscere l’ambiente in cui viviamo è un principio di vita che i giovani e i ragazzi, grazie anche alla scuola, stanno sperimentando.

Ma è anche uno degli scopi fondamentali delle aree protette: non è possibile tutelare il territorio di un Parco senza ricordare quanto e come l’uomo ha influito su di esso, come ha vissuto e in che cosa ha creduto. Per il solo fatto di esserci e di avere delle proprie regole che determinano dei comportamenti, il Parco diventa inevitabilmente fonte di Educazione Ambientale nelle diverse accezioni di culturale, naturale, storico e, non ultimo, spirituale.

Riflettendo sulla storia del territorio che ora appartiene al Parco, considerando che è stato modellato per secoli dalle attività, dalle fatiche, dalla religiosità e dalla devozione dei suoi abitanti, e che se su tutto il territorio del Parco aleggia ancora oggi, in continuità ideale e devozionale, l’immagine e la protezione della Madonna perché non riconoscerLa Patrona spirituale del Parco delle Madonie?

Recuperare i diversi segni legati alla sua devozione e che arricchiscono, con la loro presenza, il territorio può essere un valido contributo per tutelare il nostro ambiente.

Sono due proposte che l’Ente Parco e le Amministrazioni dei Comuni delle Madonie dovrebbero valutare.””

Settembre 2017

                                                                    Arch. Clarice D’Agostino