Cefalù e il suo turismo nel terzo millennio

Ritratto di Angelo Sciortino

11 Dicembre 2017, 05:44 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Non esiste convegno o incontro sul turismo e nemmeno conversazioni da caffè, nei quali non si sentano ripetere, con malcelato orgoglio, le percentuali relative al patrimonio monumentale e artistico mondiale presente in Italia e non manca il solito ritornello sulle potenzialità del settore turistico per consentire una crescita economica spettacolare e sostenibile. L’enfasi e la retorica sul turismo “petrolio d’Italia” devono però fare i conti con la realtà: sebbene l’Italia si trovi tra le prime nazioni al mondo sia per numero di arrivi che per spesa turistica (rispettivamente al quinto e al sesto posto), l’analisi condotta dall’OCSE identifica l’Italia come un Paese dalle forti potenzialità non espresse, principalmente per problemi relativi al divario tra regioni del Nord e del Sud d’Italia, con quest’ultimo che contribuisce per il 18% soltanto alla ricchezza prodotta dal settore, con una forte concentrazione del turismo nelle principali città, legata principalmente alla inefficienza del sistema di trasporti. Le tristi vicende del raddoppio ferroviario della linea Palermo-Messina; lo stato pietoso delle strade interne; gli incendi spaventosi, che hanno distrutto migliaia di ettari boschivi; le iniziative prese da amministratori comunali improvvisati esperti di politiche turistiche, ne sono un esempio. Un esempio, che anche in una località di alto potenziale turistico come Cefalù mostra la sua perniciosa presenza.

Certamente un miglioramento è possibile e di certo auspicabile, ma la favola della crescita economica italiana trainata dal turismo, “se solo lo volessimo”, dovremmo lasciarla ai libri delle favole, che si leggono nel corso dei convegni sullo sviluppo equo e sostenibile e sulla decrescita più o meno felice.

Scegliere che cosa sia meglio per i turisti e il turismo sulla base di consultazioni, convegni, studi, ha molto poco di strategico. Si corre il rischio, sempre insito in questo tipo di operazioni, che i soggetti privati e pubblici coinvolti nella predisposizione del piano si preoccupino più di assicurare rendite di posizione o possibili investimenti su idee e offerte, che non interessano affatto il turista-consumatore, i cui bisogni, solitamente trasmessi dal meccanismo di mercato, diventano solo una scusa per impostare le politiche che si ritengono più opportune. Gli investimenti vanno orientati dal mercato e dalle scelte che gli imprenditori fanno, in coerenza alle loro previsioni. Di tutto ciò, però, non si parla. I politici credono di avere in mano ogni soluzione e tentano d'imporla agli operatori turistici e alberghieri, ai quali chiedono finanziamenti del tipo della “tassa di soggiorno” per finanziare le loro soluzioni improvvisate. Fra costoro e i politici rimane intrappolato e quasi triturato il povero turista.

Nessuno che si chieda qual è la vera ragione per cui un turista dovrebbe venire a Cefalù. La stessa associazione Federalberghi pochi giorni fa ha raggiunto un accordo con il Comune relativo alla tassa di soggiorno, ma in quell'occasione e nei comunicati nessuno ha espresso idee chiare. È stato tutto molto interessante. Ma dove era finito il consumatore? Dov’era il mercato? La sostenibilità è un concetto di enorme rilievo nel caso del turismo, ma non è detto che il suo risultato sia gradito al consumatore-turista, se ne impedisce la fruizione secondo le sue esigenze o se ne aumenta i costi. L’innovazione può essere spinta dalle imprese o trainata dal mercato. Nei comunicati non si distingue sul punto né c'è stato un richiamo ai veri innovatori del settore quali Airbnb, Booking ed Expedia, che di certo hanno finora soddisfatto i consumatori-turisti in maniera efficace, contribuendo allo sviluppo del turismo più e meglio di tante iniziative corporativistiche. Insomma, in perfetto stile sovietico, pare che si miri più ad educare il turista a come debba comportarsi per essere bravo, equo e sostenibile piuttosto che a soddisfarne le esigenze e invogliarlo a visitare il nostro Paese spendendo il proprio denaro.

Così facendo, però, le speranze di un migliore turismo rimarranno deluse, nonostante gli sforzi di alcuni albergatori e le improvvisazioni della politica.