In Sicilia si muore prima

Ritratto di Angelo Sciortino

6 Aprile 2018, 17:31 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Se chi ha letto la mia lettera aperta all'Assessore regionale della Sanità e al Direttore generale del Giglio pensa che si tratti di segnalazioni di poco conto dovrebbe seguire le riflessioni, che seguono.

Fino agli anni '50 le aspettative di vita di un siciliano erano superiori di un anno rispetto a un cittadino del Nord Italia; oggi, invece, le aspettative di vita di un siciliano sono inferiori di poco più di quattro anni rispetto a un lombardo o a un piemontese. Proviamo a trovare una spiegazione di questa diabolica inversione di rotta.

Negli anni '50 in Sicilia era diffusissimo il lavoro manuale, che rappresentava quell'esercizio fisico necessario per il corretto funzionamento e la durata del nostro organismo; le abitudini alimentari erano legate ai nostri prodotti, ancora non inquinati come quelli di cui proprio dal Nord o dall'America fummo inondati, quando si aprirono i mercati: la chewing gum, la Coca Cola, i formaggi delle grandi ditte e così via; avevamo medici con pochi strumenti diagnostici, ma capaci di derivare le loro diagnosi dalla loro esperienza e dalla loro preparazione; la sanità non era affidata alla Regione, ma allo Stato centrale.

La prima conseguenza che proprio in questi anni dovrebbe farci riflettere è la seguente. In questi anni, infatti, i nostri politici hanno legato l'età pensionabile alle aspettative di vita, per cui si finisce con l'andare in pensione già dopo il compimento di 67 anni. Se però questo losco aggiornamento vale per il Nord, non dovrebbe valere in Sicilia, dove le aspettative di vita sono piuttosto diminuite. Già questa riflessione da sola è più che sufficiente per ammettere quanto siamo indifesi proprio di fronte alla volontà di chi ci ha accorciato e continua ad accorciarci la vita.

C'è, però, un'altra conseguenza più grave. L'aver investito la nostra Regione, anche in rispetto della sua autonomia, della gestione della sanità, ci ha tolto pure professionalità mediche e scientifiche, visto che i migliori vanno laddove meno pressante è la politica clientelare, al Nord o all'Estero. Ne consegue anche un impoverimento di professionalità mediche, che tanto danno apporta ai malati, destinati quindi a vedersi ridurre ancor più le aspettative di vita e le stesse malattie, visto che questa sanità non è in grado di prevenire e di curare.

Non ho dati sufficienti per indicare se a Cefalù le aspettative di vita sono ancora più basse rispetto al resto dell'Isola, ma temo che non sarebbe pessimistico crederlo. Eppure abbiamo un ospedale!

Ecco perché ho scritto una lettera aperta all'Assessore della Sanità e al Direttore generale del Giglio. Sarà il loro senso di responsabilità e il loro prendere atto dei dati oggettivi sulle tristi condizioni della nostra sanità a spingerli a dare risposte per tranquillizzarci, assicurandoci di conoscere come rimediare e di averne la volontà.