La storia dipinta di Francesco Biondo

Ritratto di Rosalba Gallà

30 Agosto 2018, 09:35 - Rosalba Gallà   [suoi interventi e commenti]

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LA STORIA DIPINTA DI FRANCESCO BIONDO

di Rosalba Gallà

 

“Ma chi l’ha detto che le date sono solo numeri?”
Già, chi l’ha detto e chi può dirlo? So bene, da insegnante di Storia, quanto siano importanti le date e quanto sia importante il recupero della loro memoria, in controtendenza rispetto ad una teoria e ad una prassi pedagogica che negli ultimi decenni hanno voluto bandire il processo mnemonico (quasi demonizzato) dalla didattica: non ci può essere conoscenza senza memoria e non ci può essere memoria storica se non attraverso la capacità di collocare gli eventi in un periodo ben preciso, in una data, e senza la consapevolezza che ci sono date simboliche che hanno determinato svolte, cambiamenti, cesure, in un processo di trasformazione in cui, però, anche la più grande rivoluzione conserva qualcosa del periodo precedente.

Ci sono date ‘mondiali’, riconosciute universalmente come fondamentali; ci sono date ‘personali’, legate ai singoli percorsi esistenziali.

Tra questi due estremi, ci sono innumerevoli date, collocate lungo la linea del tempo e della storia, all’interno delle quali ciascuno di noi può scegliere quelle che, dal proprio punto di vista, costituiscono un punto di riferimento, una pietra miliare, un fondamentale momento della Storia.

Così, mi piace pensare che attorno ad una data universamente conosciuta e riconosciuta ve ne siano tante altre a formare una ‘costellazione’, in cui viaggiare per approdare a date sempre più importanti per la propria percezione della realtà e dello sviluppo storico. Se l’anno 476 è considerato in tutti i manuali di storia come data conclusiva dell’Impero Romano d’Occidente, quante altre date  precedenti e successive hanno un’importanza fondamentale come momenti preparatori o come sviluppi successivi! E perché non puntare l’attenzione su di esse e farne il centro della storia o di un storia?

Tempo, Storia, Arte: lungo queste direttrici si è dispiegata la mostra La storia dipinta di Francesco Biondo presso l’Ottagono di Santa Caterina, patrocinata dal Comune di Cefalù, e conclusasi il 29 agosto. Calandomi nel mondo di Francesco Biondo, anch’io ho fatto una scelta: non la data di inaugurazione, ma quella della conclusione. Perché? Perché probabilmente Biondo ama le date che lasciano la “scia” e questa mostra lascerà una scia nella nostra città, come evento nato da una perfetta sintesi tra arte, cultura e impegno civile, vale a dire bellezza, conoscenza e cittadinanza attiva. Come dice Luigi Tua nel pieghevole di presentazione della mostra, Francesco Biondo “non sceglie quasi mai le date centrali degli eventi, più note, ma quelle che ne definiscono in modo indelebile l’ambiguità della conclusione. Più che dagli eventi in sé, l’autore è ispirato dalle loro scie. Dalle pennellate che lasciano sulla sua memoria”. E certamente nella nostra memoria resteranno le sue pennellate e il suo colore disteso con le spatole, e non solo: resteranno le parole, le note, le atmosfere del Reading della storia dipinta - I deboli e i potenti, nella Sala delle Capriate, nel giorno della presentazione e dell’inaugurazione della mostra. Un insieme di letture, recitazione e musica a cura di Alberto Culotta, Gaia Biondo e Michele Orlando, che hanno avuto la capacità di farci vedere la mostra prima di visitarla, non attraverso le arti visive, ma con la potenza delle parole e delle note, della poesia e della musica, della denuncia verbale e dell’enfasi musicale, a conferma della profonda interazione esistente tra le diverse espressioni artistiche.

Le date non sono numeri: sono schegge di tempo che racchiudono una storia (o, forse, tante storie). E la storia diventa quadro, opera d’arte, racconto materico, in cui i protagonisti sono soprattutto i colori e i materiali inseriti nel dipinto, con un risultato originale e difficilmente definibile: arte informale, espressionista, astratta… D’altra parte, perché definire? Meglio, in questo caso, non incasellare, non porre un limite alla libera espressione, non ingabbiare in un’etichetta un artista colpito nel profondo da avvenimenti della storia, da ingiustizie, da casi giudiziari non risolti, da stragi impunite, da poeti inascoltati, da sofferenze non comprese, da scelte discutibili. 

Quella di Francesco Biondo è stata una personale che allo stesso autore, in un processo di estraneazione da essa, è apparsa come una mostra collettiva in quanto basata sul frammento, su ogni singola data, senza uno sviluppo cronologico e, quindi, senza un percorso da seguire nella visita: tante opere realizzate in momenti diversi su diversi momenti della storia, in un rapporto  bidirezionale in cui la storia si fa arte e l’arte si fa storia.

Date come pietre, con un peso che resta nell’animo dell’osservatore, che porta via con sé materia per riflettere, per ripensare gli eventi e (perché no?) per cercare notizie, per approfondire, per conoscere. Per tutto questo si può senz’altro affermare che la mostra La storia dipinta è stata un’operazione colta in cui l’arte offerta allo spettatore ha lasciato un segno, una “scia”. E ancora, per tutto questo sono importanti le parole, anch’esse “pietre”, quelle delle didascalie che hanno accompagnato ogni opera e quelle dentro il dipinto, a volte graffiate nelle tele, perché le parole graffiano (e devono graffiare) le nostre coscienze. Colori, forme, parole hanno condotto l’osservatore in un viaggio nel tempo, più o meno lontano, ma che riconduce al presente e alla sua complessità, perché nessun evento si chiude mai definitivamente, ma lascia echi nella storia che verrà. E allora, la complessità dell’oggi può essere dipanata solo attraverso una piena consapevolezza di ciò che è stato: così La storia dipinta diventa non solo un omaggio alla storia, ma soprattutto un richiamo al presente, alla necessità di un risveglio della coscienza civica e della partecipazione attiva agli eventi.

Solo a titolo esemplificativo, alcune opere con le relative didascalie:

16 ottobre 1946
“Una sola ammissione di colpa”

(… Norimberga)

(acrilico, 2006 – 100x100)

A un anno dal suo inizio si chiude lo storico processo di Norimberga su 24 “grandi accusati” per crimini di guerra e contro l’umanità. Dei 24, 12 furono condannati a morte, 3 all’ergastolo, 4 a pene inferiori tra i 10 e i 20 anni e 3 assolti. Solo uno dei 24, Baldur von Schirach, capo della Gioventù hitleriana, espresse pentimento durante il processo.

21 marzo 1931 – 1 novembre 2009
“Io la vita l’ho vissuta tutta – Omaggio ad Alda Merini”

(tecnica mista, 2010 – 89x80)

Dotata di una personalità originale, audace e irriverente, ma soprattutto sensibile, la Merini non smise mai di amare la vita: “ Io la vita l’ho goduta tutta, a dispetto di quello che vanno dicendo sul manicomio. Io la vita l’ho goduta perché mi piace anche l’inferno della vita (e la vita è spesso un inferno)… Per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara”.

26 giugno 2000
“La sequenza dell’unicità dell’essere umano”

(acrilico, 2016 – 80x60)

Francis Collins annuncia al mondo che la sequenza del genoma umano è stata completata. E Collins è il primo che si fa analizzare il DNA.
“Ci sono 172mila e 115 varianti nel mio genoma; è quello che mi rende diverso da 1.000 altre persone…” . Ma il profilo genetico dice anche della sorprendente unicità dei popoli originari, degli aplogruppi.

23 febbraio 2018
“Bruciano le parole”

(acrilico, 2018 – 100x100)

Viene appiccato un incendio all’interno del Centro Sociale Magazzino 47 di Brescia, in cui viene deliberatamente dato fuoco ai libri presenti nei locali, raggruppati al centro di una stanza. Il riferimento inquietante è quello al rogo dei libri del 1933 nell’Opernplaz di Berlino. E a tutti i roghi di cui è piena la storia. Nonché a Fahrenheit 451.

XX YY ZZZZ
“Dacci oggi nostra mafia quotidiana”

(tecnica mista, 1998 – 100x100)

“La mafia non sorge e si sviluppa nel «vuoto» dello Stato, ma «dentro» lo Stato. La mafia altro non è che una borghesia parassitaria, una borghesia che non imprende ma soltanto sfrutta” (Leonardo Sciascia).

Un giorno qualsiasi, un mese qualsiasi, un anno qualsiasi: per i delitti della mafia, e per le connivenze, c’è soltanto l’imbarazzo della scelta.

29 dicembre 1024 a. C. (data presunta)
“L’eredità di Davide”

(… un sampietrino che ha fatto la storia…)

(tecnica mista, 2016 – 85x85x25)

Nel 1040 prima di Cristo sarebbe nato Davide. Siccome all’epoca dello scontro con Golia era ancora “giovinetto”, possiamo ipotizzare che avesse circa 16 anni, e dunque che quel giorno fatidico fosse il 1024. Magari il 29 dicembre, giorno liturgico dedicato a Davide.
“Lanciare pietre è un’azione ma anche la metafora della resistenza”.

E poi tante altre date, relative alla Guerra del Golfo, alla lotta partigiana, alla strage di Ustica, alla striscia di Gaza, alla strage di piazza Fontana, e ancora ad eventi legati a figure come Dario Fo, Vincenzo Consolo, Roberto  Saviano, Erri De Luca…

Altri aspetti da sottolineare sono quelli relativi all’allestimento della mostra. Lo stesso artista, in occasione della presentazione, ha parlato di una particolare organizzazione degli spazi suggerita dalla stessa forma della sala espositiva di Santa Caterina: un Ottagono con quattro nicchie che si aprono simmetricamente in quattro lati, curve che si inseriscono in linee rette.

Le nicchie sono diventate “i quattro canti temporali”, con date sospese in trasparenza, numeri che non sono solo numeri, date relative al passato e al futuro, un tempo sospeso, un tempo altro, in uno spazio che sfonda la linea retta e diventa profondo, archetipico, ancestrale: uno spazio-tempo che affonda nel mito, ma che è legato con fili aerei alla storia umana e allo svolgersi delle sue vicende e che ha al centro un tizzone, un legno bruciato ad evocare tutto ciò che è già stato.

QUATTRO CANTI TEMPORALI

Date a popolare spazi, quattro nicchie
Contrappunto di geometrie lineari
Di un ottagono in divenire.
Quattro canti temporali.

Luoghi non luoghi
Dove date di numeri, numeri in date
Semplicemente sono.
Presenze in oscillante sospensione.

Frammenti temporali, anche questi
A segnare eventi, accadimenti.
Di una storia già accaduta
Di una storia ancora da accadere.

Quattro
I pilastri cosmici
Crio, Ceo, Giapeto, Iperione
Di Kronos fratelli.

Linee, fili, metafore di cordoni  ombelicali,
intreccio di destini. Geometrie,
schemi razionali, strutture razionali
piramidi di futuribile memoria. Depositi. Archivi.

E poi tizzoni
A segnare ciò che è stato
Come tracce di quel che era
A memoria di.

Francesco Biondo è un architetto per il quale, come ha scritto, “l’arte è un incidente di percorso reiterato all’infinito”: quando accadono certi incidenti, l’architettura diventa poesia.