Alla scoperta di Constantin Brâncuși

Ritratto di Rosalba Gallà

19 Giugno 2019, 22:39 - Rosalba Gallà   [suoi interventi e commenti]

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ALLA SCOPERTA DI CONSTANTIN BRÂNCUȘI

di Rosalba Gallà

 

La recente mobilità in Romania dell’I.I.S.S. “Del Duca – Bianca Amato” di Cefalù, nell’ambito del programma Erasmus+ STE(A)M 2017-1-TR01-KA201-045815 (acronimo inglese di Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Arte, Matematica), ha dato la fondamentale opportunità, oltre al conseguimento degli obiettivi specifici del progetto, di approfondire la conoscenza di un grande artista romeno: Constantin Brâncuși.

Egli nacque a Hobiţa, un piccolo villaggio vicino a Târgu Jiu, capoluogo del distretto di Gorj, il 19 febbraio 1876 e morì a Parigi il 16 marzo 1957, dove si era trasferito nel 1905, dopo un lunghissimo viaggio a piedi durato un anno e una sosta a Vienna, e dove aveva creato la maggior parte delle sue opere, raccolte in un atelier lasciato in eredità allo stato francese.

Dopo il trasferimento a Parigi, Brâncuși ritornò solo per qualche anno in Romania (1937-38) e a Targu Jiu realizzò opere  monumentali alla memoria dei caduti della prima guerra mondiale nella lotta per la difesa della città, lungo un asse viario chiamato oggi Viale degli Eroi. I temi dominanti del percorso sono il tempo, la vita, la morte, la terra e il cielo.

All’ingresso del viale si trova La Porta del Bacio (quasi un arco di trionfo) e poi, su entrambi i lati, sono collocate delle sedie di pietra (marmo di Bonpotoc, un piccolo villaggio nei pressi di Deva), a forma di clessidra, simbolo del tempo, elemento che si ripete in quasi tutto il complesso monumentale del Viale degli eroi.

    

La porta evoca il passaggio dalla vita alla morte e, in generale, ogni ‘passaggio’ esistenziale: il bacio è ormai ridotto all’essenza, con un’astrazione scultorea in cui l’amore, espresso con l’abbraccio e con il bacio, evoca gli occhi. Lo stesso Brâncuși ha affermato: Non vedete questi occhi? I profili dei due occhi? Questi emisferi rappresentano l’amore. Che cosa rimane da ricordare agli altri dopo la morte? La memoria degli occhi che mostrano amore per le persone e per il mondo.

Il Tavolo del Silenzio, circondato da dodici sedie rotonde di pietra a forma di clessidra, rappresenta l’ultimo pasto consumato dai soldati prima di cadere in battaglia. Il numero dodici è molto evocativo: potrebbe riferirsi ai mesi dell’anno, dal momento che il tema del tempo è dominante, o potrebbe ricordare i dodici apostoli e, quindi, l’Ultima Cena.

Al polo opposto dell’asse viario, allineata con la chiesa ortodossa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, si trova la Colonna senza fine, che collega la terra e il cielo, alta 30 metri e formata da moduli di bronzo, anch’essi a forma di clessidra. Svetta verso il cielo, quasi un volo, come quello di un uccello, figura ispiratrice di tante sculture di Brâncuși. Ecco che cosa affermava l’artista della sua colonna: Io ne ho fatte diverse, ma solo una è riuscita ad elevarsi al cielo. La mia colonna non ha una base o un capitello, come quelle antiche: essa non ha né un inizio né una fine.

     

Il tema della clessidra e della sabbia, probabilmente, può essere riassunto in una famosa espressione dello scultore romeno: Anch’io ho fatto passi sulla sabbia dell’eternità.

Non sempre in buoni rapporti con la sua patria, affermò: Voi non  sapete che cosa vi sto lasciando qui.

Probabilmente non ci fu vera comprensione dell’arte di Brӑncuşi da parte di quella Repubblica Popolare Romena che nel 1951 rifiutò l’eredità dell’atelier parigino dell’artista, con le circa 200 opere in esso contenute. Così l’atelier, alla morte dell’artista, divenne proprietà dello stato francese.

L’architetto Renzo Piano, nel 1997, nello stesso centro Georges Pompidou che aveva progettato vincendo un concorso internazionale nel 1971, ricostruì, in maniera fedele all’originale, l’atelier di Contantin Brӑncuşi, conservandone l’intero contenuto: sculture, piedistalli, disegni, dipinti, lastre fotografiche, fotografie, attrezzi, materiali grezzi.

Brӑncuşi nel suo atelier parigino: foto tratta dall’articolo ”Alla scoperta della Romania”- Sezione Oltenia

Brӑncuşi poneva grande attenzione alla relazione tra le sue opere e l’ambiente in cui erano collocate, in un profondo legame spaziale che lo ha portato alla creazione di gruppi scultorei che potessero interagire con lo spazio all’interno di un unico sistema. Così il suo atelier è diventato esso stesso opera d’arte, tanto che, verso la fine della sua carriera, ha smesso di produrre nuove opere per dedicarsi alla sistemazione spaziale di quelle già presenti nel suo atelier. Importante sottolineare che per Brӑncuşi non esisteva una netta linea di confine tra studio e abitazione, tra arte e vita.

Consapevole di ciò, Renzo Piano, ha voluto riprodurre nel nuovo atelier sia l’articolazione dei volumi e la disposizione delle opere, sia l’ambientazione generale, con particolare riferimento alla luce. Ha lavorato sulla base di una grande quantità di appunti, taccuini e foto che l’artista romeno aveva lasciato affinché tutto venisse conservato com’era.

L’atelier di Brӑncuşi è oggi inserito in uno spazio museale aperto al pubblico, come mostra permanente, spazio protetto e intimo in cui i visitatori sono isolati dalla strada da un giardino da cui si può ammirare lo studio attraverso pareti di vetro.

L’arte e l’opera dello scultore romeno erano già state oggetto di attenzione durante le attività del plesso Liceo Artistico di Cefalù, nell’ambito di un altro progetto Erasmus+, Zoom in good focus, 2017-1-AT01-KA219-035105_2, progetto artistico-fotografico per l’apprezzamento del bello a partire da sé per giungere alla messa a fuoco del bello nel mondo. In quella occasione, molti alunni avevano studiato l’opera di Constantin Brâncuși e diversi, anche in autonomia, avevano dato un’interpretazione grafica delle sue sculture, come tre alunni della classe III B, Indirizzo Architettura e ambiente / Design del legno.

Alessia Garifo: Interpretazione e composizione di tre opere, “Il bacio”, “Preghiera” e “Madamoiselle Pogany”, matita su carta

Giacomo Valvo: Interpretazione dell’opera ”Madamoiselle Pogany”, matite colorate acquerellabili su carta

Erika Vivinetto: Interpretazione dell’opera “Sleep”, pastello su cartoncino

Da sottolineare che gli alunni citati hanno aderito alle attività Erasmus+ (come tanti altri) pur non partecipando alle mobilità, cosa che risulta di particolare rilievo per mostrare che il partenariato riguarda l’intera Istituzione scolastica, con ricadute che possono coinvolgere tutti gli alunni.

Le opere degli alunni citati si trovano a Vienna, presso la Neue Neusprachliche Mittelschule.

Nel plesso Liceo artistico sono state realizzate anche delle sculture, con la stessa intenzione di studiare e reinterpretare con materiali diversi le opere di Brӑncuşi. Nel laboratorio di Design del legno è stata realizzata la scultura lignea The young bird, a cura dell’assistente tecnico, arch. Vito Lanza.

Nell’aula di Discipline plastiche e scultoree, a cura del prof. Nicolò Agliolo Gallitto, è stata realizzata in gesso La musa dormiente, con una tecnica che la presenta come se fosse stata appena estratta da uno scavo archeologico, risvegliata da un sonno secolare.

Le ultime due opere si trovano oggi presso l’istituto Colegiul National Cantemir-Voda di Bucarest.

Per concludere, non posso che auspicare un incontro al Centro Pompidou di Parigi con i miei splendidi compagni di lavoro, di studio e di viaggio Erasmus+, per vivere l’emozione di entrare nel laboratorio dello scultore romeno, riprogettato dal nostro grande architetto Renzo Piano, Senatore a vita della Repubblica italiana.