Perché molti Comuni siciliani non provvedono alla formazione del Piano Regolatore Generale o al suo aggiornamento.

Ritratto di Giovanni La Barbera

18 Febbraio 2020, 19:14 - Giovanni La Barbera   [suoi interventi e commenti]

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La resistenza che la programmazione, insita nella attività di pianificazione del territorio, trova nelle Pubbliche amministrazioni siciliane ad imporsi come metodo di governo, ha diverse concomitanti cause.

In queste righe propongo una descrizione, anzi una mera elencazione, che vorrebbe essere oggettiva, ma che inevitabilmente risulterà  influenzata da una soggettiva esperienza passata negli anni vissuti in Regione nei quali ho svolto un lavoro, verso i Comuni, di un dato Comprensorio, in una attività di sostegno e divulgazione dei processi di formazione dei Piani, e poi di istruttoria degli stessi finalizzata, quest'ultima, alla loro approvazione.

A questa esperienza occorre aggiungere quella passata nei Comuni nei quali ho acquisito esperienze nella gestione degli strumenti urbanistici.

Insomma, interpretazione soggettiva, ma con l'ausilio della familiarità acquisita nello studio e nelle esperienze della variegata o complessa fenomenologia osservata nei contesti reali vissuti.

Ricordo sempre della brevità a cui mi devo attenere nella narrazione, da cui ne segue , talvolta, la stringatezza degli enunciati, i quali non risulteranno cosi incontrovertibili, almeno nella concatenazione nei quali si presentano nelle diverse realtà, ma, che tuttavia, presentano una ricorrenza nella apparente diversità dei contesti.

Quindi, tralasciando la causa universale, di ciò che accade e di ciò che non accade, attribuibile alla mediocrità  culturale, mi rivolgo alla elencazione, di quelle che io ritengo essere, le più probabili cause che non consentono nelle esperienze amministrative di avvalersi di un progetto per la Comunità chiamato PRG.

Oso distinguerle in esogene e endogene a seconda che le responsabilità siano direttamente imputabili all'Ente locale o alla Regione.

Endogene

  1. L'impreparazione degli amministratori e il conseguente disinteresse ad avvalersi del metodo della programmazione nell'amministrare;

  2. Assenza del controllo sociale sulla efficienza e sulla efficacia delle azioni amministrative;

  3. Dominio di interessi particolari su quelli generali che si esplicano nella convenienza a mantenere lo stato delle cose cosi com'è, e tuttavia modificabile attraverso puntuali isolate specifiche deroghe o varianti occasionali,  non programmate in strumenti di governo che affronterebbero i problemi con ordine sistematico;

  4. Interessi a non rendere trasparente ai cittadini le logiche di governo del territori;

  5. Timori alla gestione del diritto di esproprio per pubblica utilità finalizzato alla realizzazione di opere infrastrutturali primarie;

  6. Assenza di serie e inderogabili disposizioni giuridiche atte a premiare o penalizzare gli Enti locali inadempienti;

  7. Inadeguatezza della struttura burocratica.

Esogene

  1. Assenza di strumenti di pianificazione e programmazione alla scala regionale, atta a svolgere il ruolo di guida di quella locale;

  2. Assenza consistente di una politica regionale di divulgazione, sostegno finanziario e controllo dei processi di pianificazione locale;

  3. Abbandona a pratiche elettoralistiche del ruolo regionale;

  4. Depauperamento dell'organizzazione e della funzionalità delle strutture burocratiche interne, con conseguente incapacità dell'apparato a svolgere una costante azione di divulgazione, di sostegno e di controllo dei processi di pianificazione locale;

  5. Assenza di indirizzi energici per la pianificazione intercomunale o comprensoriale atta a razionalizzare la riorganizzazione e la gestione dei servizi locali a quella scala.

Il laissez faire non è più espressione solo dell'abbandono dei compiti di direzione e orientamento dei complessi fenomeni che legano comunità e ambiente, nella concezione critica del liberismo, ma rinuncia nichilistica verso un futuro a cui non si crede più.

In siffatta realtà l'indebolimento e la successiva decadenza espone il sistema alla competizione perdente con altre realtà meglio dirette o emergenti dal sottosviluppo.

In altre parole ancora una volta questi non sono altro che alcuni aspetti che caratterizzano la nostra arretratezza e a poco o nulla riesce la politica europea impegnata a sostenere le aree in ritardo nello sviluppo, se queste aree sono prive di strumenti che organizzano e predispongono i territori per innescare effetti cumulativi dei diversi investimenti.

L'assenza di strumenti per il governo del territorio si dimostra quindi essere una importante causa della dissipazione delle forme di investimento che via via si possono presentare alle pubbliche amministrazioni.