Gregotti e il suo negato Piano per l'edilizia economica e popolare a Cefalù

Ritratto di Enzo Cesare

21 Marzo 2020, 14:46 - Enzo Cesare   [suoi interventi e commenti]

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Gregotti e il suo negato Piano per l'edilizia economica e popolare a Cefalù

È lutto nel mondo accademico e dell'architettura internazionale per la morte, avvenuta nei giorni scorsi a Milano, dell'archistar Vittorio Gregotti, colpito dal coronavirus.

 

Cefalù ha memoria dell'illustre architetto, originario di Novara ma milanese di adozione, che ha lasciato una sua impronta nella nostra città essendo stato, nel 1976, il progettista del secondo Piano di Zona per l'edilizia economica e popolare, piano mai approvato dal consiglio comunale e, rimasto solo sulla carta.

Un progetto con l'avveniristica idea del "recupero del modello insediativo di valle", avendo scelto, infatti, di realizzare un nuovo quartiere inserito nella vallata del torrente S. Elia, a monte della contrada Caldura e della SS. 113 Palermo-Messina, su una superficie di quasi 24 ettari, capace di ospitare circa 3000 persone.

Gli originali edifici progettati,chiamati "bastioni", si sarebbero dovuti sviluppare a cavallo e quindi trasversalmente al torrente, a forma di viadotti, con gli appartamenti a quattro o cinque piani a fondo valle e con un solo piano alle due estremità delle stecche. 

Un quartiere costituito da 8 coppie di "stecche" a due a due parallele e distanti tra di loro 15 metri, lunghe circa 150 metri e distanti, una coppia dall'altra, 35 metri, con circa 40/50 appartamenti in ogni stecca o bastione.

Gli edifici pertanto, a forma di parallelepipedi, sarebbero stati collegati da una strada che si sarebbe snodata a fondo valle, a fianco del torrente. I servizi collettivi di quartiere quali parcheggi, uffici, asili, negozi, centri commerciali  e sociali sarebbero stati inseriti tra le coppia di "stecche". Inoltre, al preesistete campo di calcio di S. Barbara - inserito nel Piano urbanistico - si sarebbero dovuti aggiungere, per le attività sportive e ricreative, campi da tennis, pallavolo e pallacanestro.    

Una intuizione che, se realizzata, sarebbe stata per Cefalù una vera rivoluzione urbanistica oltre che architettonica con il previsto quartiere, una sorta di "new town". 

La localizzazione dell'insediamento edilizio, previsto nell'ambito della "Legge 167" e da realizzare ad est rispetto alla Rocca, era stata individuata per riequilibrare l'espansione edilizia di Cefalù da sempre orientata quasi esclusivamente lungo la costa occidentale e quindi lungo le contrade di S. Lucia e Mazzaforno.

L'incarico al prof. Gregotti di redigere il secondo Piano di zona venne conferito dall'allora sindaco Salvatore Serio nel 1974. La prima stesura venne consegnata nel 1976, poi riveduta per l'attraversamento della costruenda autostrada Palermo-Messina nella parte alta dell'insediamento urbano in progettazione, riducendo le stecche a sette coppie.

L'iter per giungere all'approvazione dello strumento urbanistico, nonostante i buoni intendimenti iniziali, che avevano portato alcuni consiglieri comunali a dire che sarebbe stato "un gioiello dell'architettura moderna" e addirittura la "cattedrale del 2000", è stato lungo e travagliato e non è mai giunto a conclusione, oltre che per le pastoie burocratiche anche per la scarsa volontà politica.

Nel 1985, a circa 10 anni dalla sua redazione, il sindaco del tempo, Avv. Giuseppe Muffoletto, tentò di riesumarlo, approfittando della necessità di individuare delle aree da destinare alla realizzazione di 160 alloggi popolari, grazie ad un finanziamento regionale di 14 miliardi di lire. Il tentativo, però, risultò vano in quanto il finanziamento era vincolato alla costruzione delle case con moduli prefabbricati, una soluzione inaccettabile - come giustamente venne sostenuto in consiglio comunale – che avrebbe rischiato di dare a Cefalù una immagine di città terremotata. 

Da allora, il Piano Gregotti a Cefalù è definitivamente caduto nell'oblio, mentre in quegli anni continuava ad essere oggetto di studio in diverse facoltà di architettura italiane ed estere e veniva pubblicato in varie riviste e manuali di architettura di diverse nazioni.   

Ricordiamo, tra l'altro, che l'illustre urbanista ha insegnato architettura nelle Università di Venezia, Palermo e Milano, ha realizzato innumerevoli opere pubbliche e private in tutto il mondo, tra le quali la facoltà di architettura e il quartiere Zen (1969) a Palermo, lo stadio Luigi Ferraris di Genova (1990), ha al suo attivo numerose pubblicazioni ed è stato direttore (dal 1982 al 1996) della rivista Casabella.

                                                                    Enzo Cesare

Commenti

Grazie a Cesare per aver ricordato, nel nostro contesto, l'Achitetto Gregotti.

Purtroppo ad un grande Architetto non si è rapportata una grande città.

Perché?

Innanzitutto per aver dato un incarico finito con una spesa improduttiva e basta.

Poi perchè in quegli anni mancava un vero contesto culturale e politico capace di trattare del problema della casa in termini di interesse sociale.

Contesto che era molto legato al bisogno di quelle città, verso le quali, ancora, masse di contadini andavano migrando, per costituire la base del proletariato che avrebbe sostenuto il miracolo economico.

Pertanto la domanda di abitazioni o edilizia sovvenzionata da capitali pubblici era da soddisfare, in quanto funzionale ai processi di sviluppo socio-economico, che generavano pressioni politiche la cui origine venne identificata nelle “lotte urbane”.

Sebbene trattare del problema della casa fosse diventato un motivo d'orgoglio per le varie politiche delle piccole realtà locali, in verità a Cefalù mancava il fermento delle lotte urbane vere e proprie, assolutamente necessarie per far sentire  agli amministratori che l'obiettivo della casa, come servizio primario alle famiglie, doveva anteporsi alla visione della città come terreno della speculazione privata.

Infatti per il Piano Gregotti furono spesi denari pubblici, ma non fu, come ricordi tu stesso, approvato, nonostante, forse, la lungimiranza di qualche illuminato amministratore.

Poi il tema della casa, in quegli anni era usato strumentalmente per attirare consenso, più che per una sincera convinzione.

E con questo, si prenda, anche storicamente, atto che la politica locale non è stata in grado neppure di attuare il primo Piano per l'edilizia pubblica residenziale. E su questo mi riprometto di tornare con esaurienti e probanti dimostrazioni.

Vorrei condividere un bel ricordo dell’ultima volta che ho incontrato Vittorio Gregotti.

Ero a Venezia a luglio del 2004 come tutor in un laboratorio intensivo di progettazione architettonica tenuto dal prof. Vincenzo Melluso.

Il 15 luglio alle ore 17,30, presso l’aula magna della sede IUAV di Santa Marta, il Rettore Marino Folin aveva organizzato la presentazione del libro di Guido Morpurgo "Gregotti Associati 1953-2003" alla presenza, naturalmente, di Vittorio Gregotti.

Dopo il saluto del Rettore e l’introduzione di Marco Mulazzani e di Carlo Magnani (Preside della Facoltà di Architettura), Vittorio Gregotti, alla presenza di Augusto Cagnardi e di Michele Reginaldi, ha invitato il nostro Pasquale Culotta per un intervento.

Il rapporto di stima e di amicizia che c’era tra Pasquale Culotta e Vittorio Gregotti era davvero evidente. Ho vissuto quel bel momento con particolare emozione.

Vorrei aggiungere, in merito al Piano per l'edilizia economica e popolare a Cefalù, che in un altro convegno di Vittorio Gregotti a Trento nel 1990, Bernardo Secchi (noto urbanista Italiano e professore ordinario all'IUAV di Venezia) aveva definito il progetto di Cefalù tra i più interessanti e belli della vasta produzione progettuale di Gregotti. Ovviamente per la città di Cefalù è stata un'occasione mancata.