“Le nozze di Alfonsina e altri racconti” di Valeria Ferrante

Ritratto di Rosalba Gallà

11 Giugno 2020, 18:15 - Rosalba Gallà   [suoi interventi e commenti]

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LE NOZZE DI ALFONSINA E ALTRI RACCONTI DI VALERIA FERRANTE

di Rosalba Gallà

 

La lettura di questo libro di Valeria Ferrante, quando arriva alla conclusione, lascia una sottile malinconia, non tanto per i contenuti delle storie, quanto per il distacco dai protagonisti, personaggi che il lettore impara a conoscere e, soprattutto, a riconoscere man mano che sfoglia le pagine, perché fanno parte di un mondo atavico che tutti noi ci portiamo dentro, attraverso memorie dirette e indirette, anche attraverso vicende raccontate in famiglia e che spesso rimangono relegate nell’oralità. Si tratta di personaggi legati alla nostra terra, ad una Sicilia in cui i valori e i disvalori spesso si impastano e si confondono, in cui virtù e vizi convivono in un intreccio simpatico (nel senso etimologico) che spinge al sorriso, dove il giudizio e la condanna per certi gesti vengono in qualche modo affievoliti dalla sofferenza che li ha prodotti o dal riscatto che hanno provocato. Uomini e donne che, per quanto siano frutto della fantasia dell’autrice, sono “veri”, realisticamente inseriti in un ben preciso contesto sociale e che chiunque può avere incontrato, oggi come ieri, nel proprio paese o nel proprio quartiere. Si tratta sicuramente di personaggi individui, a tutto tondo, ben caratterizzati ma che, per ciò che rappresentano, acquistano spesso la connotazione di personaggi tipo, rappresentanti di una categoria umana al di là del tempo e dello spazio. Una galleria vera e propria in cui incontrare i protagonisti che vedono soffocare i propri intimi desideri tra convenzioni, tradizioni e finzioni sociali e che si dibattono disperatamente alla ricerca della loro strada, in un intricato groviglio di doppia moralità: un po’ “vinti” secondo il grande modello verghiano, un po’ paradossali, secondo la grande lezione pirandelliana.

I dodici racconti che compongono la raccolta sono molto diversi tra di loro, per ampiezza, stile, linguaggio e tempo della narrazione.

Tre sono molto brevi e sono quelli che, partendo da una trama molto esile, attraverso una prosa che si potrebbe definire lirica, esprimono la soggettività della voce narrante, come Avevo bisogno di volare oggi, giocata sulle antitesi leggerezza / pesantezza, vento / terra. Infatti, alla terra avvertita come “una calamita, forte e fredda” che con il suo “potere assoluto” impedisce il volo, soprattutto se si respira a fondo il suo odore, si contrappone il vento “l’unica cosa vibrante” che può alleggerire la pesantezza dei giorni che sono “copie sbiadite dei giorni”; oppure Nulla è come sembra, in cui al sonno “profondo, dolce” si contrappone quello “fatto di abbandono per sfinimento, fatto di sopportazione e odore di tranquillante” in una condizione in cui la vita non è più vita, ma un giacere e un languire in cui sperare che ogni sera sia l’ultima, ma in cui inesorabilmente la mattina arriva sempre; o ancora, Da bambina viaggiavo molto, fortemente autobiografico, in cui il viaggio in treno dava un’opportunità, “come se si dormisse ad occhi aperti o si vegliasse chiudendo gli occhi” e dove si poteva “far parte, temporaneamente, di vite che non ci appartengono e mai lo faranno”, una connessione di esistenze in cui ciascuno insegue un sogno e in cui “chiuso lo sportello del vagone,  si ha la necessità di ricominciare”.

Probabilmente Valeria, che da bambina ha viaggiato molto in treno, dove ha incontrato un’umanità molto varia, sente il bisogno di ricominciare ad ogni chiusura di sportello, di ricominciare a raccontare. Lei stessa dice: “Ho preso persone comuni e le ho fatte diventare protagoniste di racconti semplici, ho preso esperienze e le ho trasformate in azioni, ho preso sentimenti e li ho lasciati esprimere senza fermarli mai”. Ed io che ho il piacere di presentare questo libro avrei anche il piacere di raccontarle le sue storie, ma toglierei ai prossimi lettori il piacere della lettura e, pertanto, devo mantenermi su un piano diverso.

Sicuramente un elemento che accomuna tutti i racconti è la voce narrante, sempre presente in prima persona, con commenti spesso ironici che ci consegnano un punto di vista soggettivo, emotivamente coinvolto nella vicenda, con uno sguardo affettuoso sui personaggi e sulle loro vicende. Il linguaggio attinge anche alle espressioni colloquiali: “come fu e come non fu”, “volere o volare”, “si doveva figurare e si figurò”, espressioni dietro la cui semplicità si nasconde un universo emotivo in cui prevale la sofferenza di chi si trova coinvolto in una situazione senza averla veramente scelta, ma per un’adesione spesso imposta alle apparenze, alle finzioni sociali, alle tradizioni portate avanti e rispettate dai più solo per evitare il “curtigghiu”,  dove una piccola infrazione poteva costare molto, soprattutto alle donne, e dove l’interesse, anche delle persone più care, era rivolto non al benessere interiore della persona ma al rispetto di regole esteriori. Il linguaggio si caratterizza anche per l’uso del siciliano nei discorsi diretti, talvolta con riferimento al lessico, sempre nella costruzione sintattica, con il verbo collocato alla fine e l’uso del passato remoto, tipico della nostra lingua regionale.

Tutti i racconti sono attraversati dalla presenza della cultura e delle tradizioni siciliane: spiegare le nozze, portare alla sposa un anello più luminoso delle luminarie di Santa Lucrezia, esporre il corredo, non poter toccare prima il letto nuziale perché porta male, cautelare il materasso, le visite alla sposa nel giorno delle nozze (“vennero i barbari”), esporre le lenzuola… senza mai curarsi della voglia di piangere di Alfonsina, delle sue paure, di quel dovere da assolvere che non le sembrava desiderabile, delle sue delusioni… e di fronte alla sua scelta, l’unica autentica, l’unico problema che tormentava la famiglia era la “vergogna” di fronte alla gente. Una storia senza tempo, quella di Alfonsina, valida sempre anche se con situazioni e circostanze diverse: mancanza di attenzione ai desideri di una persona in nome della finzione sociale, perché davvero le cose non sono come sembrano. Una storia senza tempo, sospesa, come quella generale del paese di ambientazione, dove “la vita si svolgeva con estrema lentezza… come se gli orologi non fossero di alcuna utilità… e il tempo sembrava un’entità sconosciuta”.

Diversa la dimensione temporale nel racconto L’ultima volontà di Liborio Anticipato, che racconta la storia di un uomo dal 23 ottobre 1917, giorno della nascita, al 23 ottobre 2017, giorno in cui le campane a mezzogiorno suonarono a morto per la sua scomparsa. Cent’anni di storia che attraversano importanti eventi come l’arrivo a Palermo nel settembre del 1931 della nave Amerigo Vespucci, appena varata, le elezioni del 18 – 19 aprile 1948, l’arrivo dell’uomo sulla luna, la caduta del muro di Berlino… tutti eventi, questi e altri, vissuti da Liborio e da chi gli stava accanto in maniera del tutto particolare, per uno strano destino che si portava addosso da quando all’anagrafe, nel momento della registrazione della nascita, era stato commesso un errore. Una vita difficile, in cui lottare quotidianamente contro tante avversità, raccontata con leggerezza e ironia, ma con una grande serietà di fondo: la resistenza eroica contro tutto, il tentativo di opporsi agli impedimenti, una profonda serietà interiore fino all’ultimo istante della vita di Liborio Anticipato.

Particolarmente intrigante la strutturazione del racconto Bianca Agnese Falsaperla (Falsaperla, un nome, un destino) che soltanto alla fine rivela il vero significato di certe affermazioni che nel corso della narrazione possono avere altre interpretazioni, attraverso la tecnica dell’ellissi che nasconde alcuni passaggi e alcuni gesti della protagonista che vengono intuiti solo nella conclusione. Solo allora il lettore comprende il senso delle lacrime e del rossore degli occhi con cui la bella e candida Bianca Agnese Falsaperla accompagna prima la suocera, poi il suocero e poi il marito al cimitero. Come dicevo prima, le cose non sempre sono come sembrano, ma il lettore non può fare a meno si sentirsi un po’ complice della donna e della sua scelta, un modo, forse non l’unico, per conquistare finalmente la felicità. Alfonsina e Bianca Agnese: due donne vittime di scelte altrui, profondamente deluse nelle loro aspettative d’amore che trovano due vie di fuga diverse nel cammino verso l’amore.

Coinvolgenti i due racconti Il castello di Roccatagliata e Magna cum laude. Nel primo, Cono, il protagonista, comprende solo alla fine, quando un giorno “qualcuno buttò all’aria tutti i pezzi della scacchiera”, metafora di come si era intessuta la sua esistenza, che non poteva continuare a farsi scorrere la vita addosso e gli venne voglia di correre, “vai a capire perché”. Nel secondo, Vittorio, trionfa con grande sacrificio e un forte senso morale su un costruito sistema di menzogne che lo ha tradito e offeso nei suoi sentimenti profondi: “era luglio ma pioveva, pioveva forte come gennaio”.

E poi ancora personaggi tipo, come tanti ne incontriamo nella nostra variegata Sicilia, dove il confine tra il rispetto della legge e la sua violazione viene interpretata a propria misura: così troviamo il furbo commerciante di tondino di rame raggirato dal vicino più furbo di lui;  il grande lavoratore ed esecutore degli ordini altrui, che per questo non si sente complice in quanto “lui comandato era”, in grado di utilizzare tutto il sistema di corruzione presente nel suo paese in seguito all’ultima soperchieria subita e a diventare sindaco con un programma che è un messaggio fondamentale per tutti, soprattutto quando afferma che “non ci saranno diritti che avranno la forma della cortesia privata” perché “di sudditanza si muore”; e poi, invece, giovani con forti valori, come chi sogna di fare l’insegnante, lavoro in cui il pane e il pomodoro viene esaltato dalla presenza del sale; o figure fiabesche come la signora delle pomelie, capace di trasformare la realtà estraendo qualcosa da una bustina che tiene nella sua borsetta. E con l’auspicio che la sua bellezza, il suo sorriso e il suo profumo possano ancora diffondersi, vi auguro buona lettura.