Il peccato capitale di Cefalù

Ritratto di Angelo Sciortino

14 Agosto 2020, 00:01 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Giunto al mio settantacinquesimo anno di età, mi trovo a riflettere sulla storia di Cefalù, che ho vissuto quasi ininterrottamente per tutta la mia vita. Nel momento del riesame dei momenti più salienti di essa, mi accorgo che un particolare la rende caratteristica e che questo particolare l'ha fatta soffrire e regredire alla sua condizione odierna. Parlo di quello che viene considerato un peccato capitale dal cristianesimo: l'accidia. Essa equivale a inerzia, indifferenza e disinteresse verso ogni forma di azione e iniziativa. Quando ciò accade, una società è costretta a subire la vanagloria e l'alterigia di chi le s'impone con promesse o con bugie.

A Evagrio Pontico, un monaco turco vissuto nel 300 dopo Cristo, si deve l'Αντιρρητικός, cioè una raccolta di passi biblici contro gli otto vizi principali (gola, lussuria, avarizia, tristezza [λύπη], ira, accidia, vanagloria, alterigia); la dottrina degli otto vizi, che precedette quella dei sette peccati capitali. Nel VI secolo papa Gregorio ridusse i vizi a sette, abolendo l'accidia e aggiungendo l'invidia. A differenza di Evagrio e di papa Gregorio, Tommaso d'Aquino credeva che tutti questi peccati portassero, indistintamente, all'inferno. Nel secolo XVII la Chiesa rimise fra i peccati capitali l'accidia, sostituendo la vanagloria.

Spiegato che cos'è l'accidia, ci rendiamo conto che se a Cefalù nulla cambia da tempo immemorabile, è colpa della maggioranza dei suoi cittadini accidiosi. Inerti, indifferenti e disinteressati al bene della loro città, subiscono tutto in silenzio. Anzi, se qualcuno tenta di spingerli ad agire nel loro interesse, quasi ti rimproverano di volere liberarli della loro inerzia e del loro disinteresse.

Quando questo accade, si viene spinti a rinunciare a criticare l'Amministrazione nella speranza che corregga i suoi errori, perché l'accidia dei più coltiva la vanagloria e l'alterigia dei suoi componenti. Se non si smette di criticarla quando sbaglia, lo si deve al rispetto dovuto alla nostra coscienza e soprattutto alla nostra intelligenza. Tacere il nostro giudizio finirebbe con il trasformare noi in accidiosi.

Commenti

Inerti, indifferenti e disinteressati al bene della loro città, senz'altro!Ma interessatissimi al loro bene privato e personale, e tutt'altro che indifferenti al medesimo! Quindi, nè inerti nè accidiosi. I miei complimenti per i dotti riferimenti teologici.