Salviamo i giovani e la cultura.

Ritratto di Angelo Sciortino

4 Aprile 2021, 17:08 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Le scuole italiane continuano a procedere a singhiozzo, con l’alternarsi di aperture e chiusure. Le conseguenze su apprendimenti e benessere degli studenti rischiano di essere devastanti.

Il 7 aprile è previsto il ritorno in classe ovunque fino alla prima media, mentre rimarranno in didattica a distanza gli studenti della secondaria di secondo grado e quelli della II e III media delle regioni rosse.

Nelle secondarie la situazione è aggravata dalla frenesia valutativa: i rari ritorni in classe dalla didattica a distanza diventano il momento in cui concentrare interrogazioni e verifiche, anziché occasione per rinsaldare la relazione educativa.

Il rischio è che così non avremo cittadini in pieno possesso di saperi e competenze.

Mi rendo conto che il problema non è di facile soluzione, anche perché sono ormai decenni, dal famigerato '68, che la classe docente ha perso la preparazione – complici i sindacati e la politica – e lo spirito di missione, che dovrebbe invece consigliarne l'azione. Aggiungo che essa è quasi autorizzata a ritenere se stessa un semplice burocrate, visto che, per la scarsa considerazione che se ne ha, viene pagata forse meno di un operatore ecologico, che svolge un lavoro dignitoso e indispensabile, ma che con tutta la generosità possibile non può essere considerato una missione.

Di prove ne abbiamo tante. Recentemente, per esempio, abbiamo avuto due governi, che hanno proclamato di avere sconfitto la povertà, ma non era e non è vero. Hanno invece creato i presupposti perché essa si protragga ancora più a lungo, grazie alla povertà educativa, che sta preparando un futuro d'ignoranza, dal quale non possiamo aspettarci nulla di buono.

Anche i programmi scolastici ci offrono altre prove. Religione a più non posso, ma poca storia, ancor meno geografia, matematica da pallottoliere; filosofia ridotta a una elencazione di pensieri altrui, mal digeriti e incapaci d'insegnare a pensare; le due lingue antiche, il greco e il latino, poi, insegnate non come strumenti per capire la sintassi e l'etimologia delle parole, ma come lingue morte, sebbene abbiano dato e diano vita non soltanto alla lingua italiana, ma anche ad altre lingue europee e persino ai dialetti, il siciliano in primis.

Insomma, tutti questi programmi e i criteri di valutazione imposti ai docenti, contraddicono l'affermazione che Kant diceva ai suoi discepoli: “Da me non imparerete pensieri, ma a pensare”. E per imparare a pensare è necessario dimostrare i teoremi in matematica, criticare il pensiero dei filosofi studiati, criticare persino, con argomenti logici e con conoscenza, i libri di testo e le stesse lezioni degli insegnanti.

Soltanto così i giovani d'oggi saranno i cittadini consapevoli di domani e non resteranno vittime del clientelismo, che da un quarantennio ha indebolito e indebitato l'Italia. Provvedere con la massima urgenza a fare della scuola uno strumento di crescita culturale è ormai indispensabile, se non si vuole un'Italia futura povera economicamente e culturalmente, con i giovani che, ancor più di oggi, entreranno nella società indebitati per colpa nostra.

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