Una preghiera: una campagna elettorale più pertinente e consapevole

Ritratto di Angelo Sciortino

9 Aprile 2022, 18:39 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Se innovare significa alterare l'ordine delle cose stabilite per farne di nuove; oppure, per dirla con il vocabolario Treccani: “Ricreare una situazione o un fatto già esistito nel passato.”; ma possiamo affidarci anche a D'Annunzio, che così descrive un suo personaggio in una delle sue laudi: “l’ardire e la pietà di Niso ingenuo innova”; se accettiamo queste spiegazioni del termine, allora non mi riesce facile accettare che alle prossime elezioni troverò una lista titolata “INNOVIAMO CEFALÙ”. O almeno, mi riuscirà altrettanto difficile come per l'altra “CAMBIAMO IL FUTURO”.

Aggiungo che sono autorizzato alla mia osservazione, perché ho deciso di votare per il candidato Abbate, che è sostenuto proprio da questa lista “Innoviamo Cefalù”, per cui sarò costretto a scegliere uno o due candidati consiglieri presenti in essa. Continuo, quindi, per approfondire le ragioni della mia osservazione.

Se con innovare vuole intendersi la volontà di “ricreare una situazione o un fatto già esistito”, allora sarebbe opportuno che si precisasse quale situazione o fatto si vuole ricreare: i tempi di Mandralisca o di Spinola? O quelli più recenti di Giuseppe Giardina? O perfino quelli di Ruggero II?

Se invece si pensa di potere innovare come il personaggio di D'Annunzio, che pecca di ingenuità nel volere “innovare l'ardire” di Niso, allora sarei costretto a credere ingenui, e quindi pericolosi, coloro che hanno scelto il verbo innovare.

Credo però che la scelta infelice del verbo innovare derivi da una scarsa conoscenza della nostra lingua, ingenuamente e con altre intenzioni usata. L'errore è scusabile, se si pensa che c'è una grande necessità che Cefalù corregga le conseguenze di un quarto di secolo di pessime amministrazioni, che ne hanno distrutto ogni traccia della sua storia o, dove non si è riusciti in questa opera di distruzione, la si è mistificata e offesa, trattando i suoi palazzi e la sua arte con una noncuranza, di cui sarebbe il caso che cominciassimo a vergognarci.

Spero che Abbate e alcuni suoi sostenitori rinuncino a “innovare” e pensino a costruire una nuova Cefalù, cercando consiglio ed esempio nei suoi momenti gloriosi e nei tanti illustri uomini, che l'hanno amata e difesa contro chi ne mortificava l'impareggiabile paesaggio per un facile arricchimento e la storia gloriosa e millenaria. Spero infine che si guardi al turismo non più come a un facile guadagno, ma come a uno strumento per far rivivere ciò che non è morto nella nostra cultura, ma ne è anzi il sostegno.