La versione completa dell'elogio funebre di Samuele Cassata pronunciato da Angelo Giardina

Ritratto di Angelo Sciortino

17 Maggio 2022, 20:07 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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In memoria del notaio Samuele

 

Questa notte ho fatto un sogno, ho sognato che camminavo sulla sabbia accompagnato dal Signore,e sullo schermo della notte erano proiettati tutti i giorni della mia vita.

Ho guardato indietro e ho visto che, per ogni giorno della mia vita,apparivano orme sulla sabbia: una mia e una del Signore.

Così sono andato avanti,finché tutti i miei giorni si esaurirono.

Allora mi fermai guardando indietro, notando che in certi posti c’era una sola orma…

Questi posti coincidevano con i giorni più difficili della mia vita;

i giorni di maggior angustia, maggior paura e maggior dolore…

Ho domandato allora:

Signore tu avevi detto che saresti stato con me in tutti i giorni della mia vita, ed io ho accettato di vivere con Te ma perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti peggiori della mia vita?”

Ed il Signore rispose: “ Figlio mio io ti amo e ti dissi che sarei stato con te durante tutto il tuo cammino e che non ti avrei lasciato solo neppure un attimo, e non ti ho lasciato…i giorni in cui tu hai visto solo un orma sulla sabbia sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio.”

Orme sulla sabbia

Non sono mie ma della scrittrice canadese Margaret Fishback Powers.

Caro Samuele,

In queste ultime settimane segnate dalla sofferenza avrei voluto incontrarti certamente per sincerarmi delle tue condizioni di salute e, con l’occasione, recitarti questa bellissima poesia scoperta di recente che , tanto mi ha commosso e rafforzato nel mio percorso di fede.

Chissà come l’avresti presa, forse con uno sberleffo o – infastidito più causticamente – con un invito a desistere dal proposito della conversione che, dicevi di non volere.

A malincuore ho rispettato la tua volontà di rimanere solo comprendendo le ragioni intime del tuo pudore, segnatamente quelle di una dignità che tenacemente volevi tutelare anche nel fondo di un letto, e perciò ho lasciato cadere il pressante desiderio di farti visita e, forse, porgerti l’ultimo abbraccio.

Il ns. ultimo incontro risale – dunque – all’estate trascorsa quando venni a trovarti nel tuo eremo di Colombo.

Ci intrattenemmo piacevolmente in spensierati ricordi del tempo passato e non potei non cogliere già in quella circostanza i segni di un decadimento prima che fisico esistenziale/spirituale .

Non facesti mistero nel ribadire – anche in quel momento – di non vedere più i giorni di un futuro ma, piuttosto, quelli di una auspicabile ed incalzante fine che declinavi semplicemente con “voglio morire”.

Allora, per distogliere l’attenzione da siffatte funeree previsioni e desideri, spostai lo sguardo e l’argomento scivolando su ricordi più sereni e felici.

Così mi attardai al pensiero dei tuoi amici più cari già scomparsi e, tra questi,

-il buontempone barone Giovanni con le sue ironiche taglienti battute che tanto ti facevano sorridere;

-il fedele compagno mastro Nino Culotta – con il quale eri solito spesso litigare salvo una pronta immediata riappacificazione – su come costruire un muro di sostegno o su dove spostare una pietra;

-il caro tuo fratello, mio mentore amico e compare Giovanni a cui eri legato da profondo amore, sentimento questo, da Giovanni corrisposto in egual misura e, mai declinato a parole ma con gesti e fatti.

Quel giorno mi ricordasti di come fossero deliziosi e saporiti i frutti e gli ortaggi che, pazientemente coltivavi e, di come oggi non sapessero più di niente neanche le angurie - acquistate in negozio- a cui spesso ricorrevi come terapeutico refrigerio nelle calde afose estati.

Quel giorno avvertii il profondo sentimento di sconforto che ti aveva raggiunto.

Eri preda del “ mal di vivere “

Ti iniziava a mancare quel contatto continuo che praticavi con la natura, infatti, non c’era giorno della settimana in cui non desideravi portarti in campagna.

Non c’era freddo, pioggia, neve o caldo torrido che poteva fermarti;

a volte, neanche le sanzioni del codice della strada per guida con patente scaduta in attesa di rinnovo.

Era più forte di te, non potevi rinunziare a quel amplesso voluttuoso che consumavi tutti i santi giorni, con l’eccezione della domenica che, religiosamente rispettavi, per immergerti fisicamente nelle zolle di terra appena arate o, per respirare il salubre ossigeno che promanava dalle piante secolari dove, eri solito trovare rifugio e riparo nelle torride giornate estive.

Non potevi rinunziare al cinguettio degli uccelli, al nitrito dei cavalli al buongiorno dei galli.

In quei luoghi Samuele si realizzava trovando intima pace e idonea terapia per l’incalzante “ mal di vivere “.

In ciò egli fu degno figlio di Ignazio precursore in famiglia di questa passione sfrenata, di questo amore viscerale per la natura.

Quel giorno compresi perfettamente come non avresti mai potuto immaginarti in un letto alle altrui dipendenze anche per i bisogni più intimi.

Da ciò il tuo grido di dolore nel ripetere “ voglio morire “

Chi ha conosciuto profondamente Samuele potrà comprendere questo suo grido.

E, tra i miei ricordi del notaio si affaccia forte e nitido il pensarlo seduto nella sua pregiata scrivania di studio con la bic nera a cesellare i rogiti alla ricerca del più sparuto errore, dei punti e virgole ortograficamente mal posti, dopo, che gli stessi atti, erano stati letti e riletti per ben tre volte.

Era meticoloso sino a rasentare la pignoleria e, nel contempo , umile nel chiedere a Giovanni preziosi ed illuminanti consigli su aspetti giuridici controversi.

Di questo ne fui personalmente testimone negli anni del mio praticantato.

Era questo il suo modo di intendere la professione che interpretava nel senso più nobile del termine.

Dominus inter pares “non costituiva per lui una frase latina scolpita nel codice deontologico del notariato ma, l’essenza profonda di essere e di sentirsi “pubblico ufficiale” al servizio dello Stato.

E non di rado – per tale regione – accadeva di rifiutare rogiti e, con essi il giusto onorario, allorché si convinceva che la volontà prospettata dalle parti non poteva tradursi in atto pubblico.

Infatti, non esercitò mai con l’intento del facile arricchimento, cosa questa, che attesa la professione avrebbe potuto inseguire facilmente ma, a lui bastava quel giusto che gli consentisse di vivere dignitosamente.

Questo era per me Samuele.

A volte ombroso , a volte scontroso, a volte burbero.

Di sicuro estremamente riservato fino all’impenetrabilità del suo carattere che, proprio in virtù di questi conclamati difetti ( in una dinamica difensiva ) riusciva a nascondere insieme alle sue migliori virtù.

La disponibilità, la professionalità, l’umiltà, la vicinanza con il prossimo di qualunque ceto, razza, cultura erano la cifra del suo forte carattere.

A volte, e non suoni irrispettoso lo consideravo simile - atteso il suo amore per la natura - ad un cavallo selvaggio a cui è difficile imporre la museruola.

Chissà, se questo estemporaneo accostamento lo avesse trovato divertente e, per certi versi, vicino al vero .

Rifiutava la modernità o almeno questa “ modernità “ definendosi uomo di vecchio stampo. Modernità che, molti di noi, non riusciamo più a leggere, interpretare e capire nella sua complessità e, con essa i suoi corollari: le tecnicalità, le digitalizzazioni, la velocità delle scelte, l’abbandono dei valori etici, la “scomparsa delle lucciole” come direbbe Pasolini, la ricerca spasmodica di una drogata mondanità da cui Samuele rifuggiva con ostentato sdegno preferendo rifugiarsi nel “ buen ritiro “ di Colombo all’insegna del suo motto“Dui è già fudda” .

Cari Ignazio, Giovanni Luca e nipoti tutti

portate un impegnativo cognome siate orgogliosi di avere avuto la fortuna di crescere,vivere e apprendere da un padre e nonno così nobile nel senso più profondo del termine.

Così come , al contrario , lo era Samuele felice e fiero di voi tutti   di aver realizzato il progetto di una famiglia unita da sinceri legami di affetto, ed anche, quello di aver visto una successione nell’esercizio della sua professione.

Possiamo ben dire che egli tanto ha dato ma anche tanto  ha ricevuto.

E vi lascia una bella eredità da coltivare e trasmettere.

Ma ciò non diventi un peso, poiché ciascuno di noi costituisce un pezzo raro ed unico e, asseconderà questo compito, nel migliore dei modi, a suo modo, con sapienza, intelligenza e, per chi ha il dono della fede, con l’aiuto del Padre.

Certamente Samuele  non era assistito da questo dono o, così, egli proclamava da non credente.

Ma chissà se – in cuor suo – non era anch’egli come tanti, alla ricerca del senso ultimo del vivere e del morire.

Ti abbraccio caro amico ti sia lieve la terra e ti accolga, con la sua gratuita infinita misericordia, il Padre celeste a cui, come nella poesia ti condurrà in braccio ns. Signore Gesù.

Fai buon viaggio

E lì dove sarai troverai di certo tanti amici ad accoglierti e, non sarà più una “ fudda “ da cui scappare ma una gioia da celebrare e condividere.

 

Angelo