Cefalù, la tradizione tradita

Ritratto di Angelo Sciortino

28 Agosto 2022, 13:48 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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La lettura di un saggio, che mio figlio Luca ha pubblicato su una rivista dell'Università di Milano, mi ha fatto riflettere sulla involuzione dell'umanità, fino a perdere ogni tradizione. Una perdita che riguarda anche Cefalù, come mi ha suggerito il brano che segue.

La perdita di diversità dei luoghi è quel fenomeno che li priva di una loro identità trasformandoli o svilendone il loro carattere peculiare. Sono diversi i fattori che vi concorrono. Quando sono ricchi di storia e di cultura, o conosciuti per le loro bellezze naturali, i luoghi divengono musei a cielo aperto, frequentati da ondate di turisti che si susseguono senza sosta. Non si può comprendere questa mutazione senza tenere presente la crescita vertiginosa del turismo di massa, divenuto globale con i voli low cost a partire dal 1990. Secondo i dati della World Tourism Organization, i viaggiatori sono passati dai 25,3 milioni all’anno del 1950, ai 425 milioni del 1990, ai 753 milioni del 2000, fino al miliardo e 186 milioni del 2015. Se prendiamo come esempio di luoghi le città d’arte, con il loro tessuto umano, culturale ed economico, con la loro vita peculiare, con la loro atmosfera e le loro funzioni, allora è innegabile che il turismo le abbia ridotte a un simulacro di se stesse.

Questa affluenza, che si ripete di anno in anno, ha finito per cancellare da quel luogo ogni manifestazione di vita locale. Nelle città d’arte le botteghe degli artigiani hanno ceduto il posto ai bazar di souvenir; ristoranti e bar hanno preferito cibi in serie ai prodotti locali; i residenti hanno affittato le loro case ai turisti con agenzie per affitti brevi e sono andati a vivere nelle periferie.

Se le città erano costituite essenzialmente da tradizioni, relazioni umane, attività economiche diversificate, evoluzione, ora sono divenute meno autentiche, meri strumenti dell’industria del turismo che le ha mummificate e rese non dissimili l’una dall’altra.”

Chi non vive a Cefalù distratto o dimentico anche del recente passato, non può non accorgersi che essa è ormai ridotta a un “simulacro” di se stessa. Dove sono le campagne coltivate? Dove sono le botteghe degli artigiani? Dove sono le barche al Molo e i venditori ambulanti di pesce? Dove sono i fabbri ferrai e i falegnami? Dove sono le tante cose che conobbi sette decenni fa, quando bambino passeggiavo per le strade di Cefalù e rimanevo incantato di fronte alle vetrine delle piccole botteghe? Tutto sparito! Ormai passeggiare per Cefalù non fa grande differenza con altre piccole città.

Le riflessioni suscitate dal saggio di mio figlio mi hanno confermato le tristi opinioni che negli ultimi anni la realtà mi ha ispirato, rendendomi più triste vivere in un luogo che lentamente sta cambiando fisionomia o sta sparendo.

Ma non voglio sostituirmi a mio figlio, pur facendo mie le sue riflessioni. Riflessioni svolte in maniera impareggiabile e con il supporto di non pochi uomini saggi, che hanno popolato il nostro passato. Per questa ragione allego il testo del saggio di mio figlio nella speranza che qualcuno voglia approfondire la questione.

Luca Sciortino La tradizione tradita.pdf