L'agitazione pericolosa

Ritratto di Angelo Sciortino

23 Luglio 2012, 12:47 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Uno dei più antichi scritti risale a oltre quattromila anni fa. Risale all'antico Egitto e si tratta di una lettera, che qualcuno scrive a un suo amico, dicendogli, tra le tante altre cose, che rimpiange i tempi passati, quando si viveva meglio.

Questa di rimpiangere sempre il passato, perché lo vediamo libero dalle pene quotidiane, è un'abitudine che dura anche ai giorni nostri. O almeno durava, perché ormai quasi nessuno rimpiange i bei tempi antichi. Soprattutto a Cefalù.

Come potrebbero rimpiangersi gli ultimi quarant'anni della nostra storia? Come potremmo desiderare di rivivere quei momenti storici, che hanno abituato tanti a non partecipare alla vita pubblica e a farsi trascinare in quell'ignoranza delle scelte e delle situazioni amministrative, per dar modo a pochi di decidere per tutti, ma soltanto per se stessi e contro tutti? Come provare questo insano desiderio, se da quei momenti sono derivati le situazioni presenti?

Come qualsiasi uomo avveduto e sufficientemente saggio può notare, ci è stata tolta anche questa innocente fuga verso il passato, restando altrettanto impossibile una fuga verso il futuro, non essendoci una visione di tale futuro. Se volessimo insistere ad andare verso questo futuro, dovremmo accettare di procedere al buio, con il rischio di perderci più di quanto lo siamo oggi.

Non ci resta che accontentarci del presente. Di un presente senza passato e senza un futuro. E non sarà neanche tanto difficile accontentarcene, perché qualunque scelta e qualunque agitazione saranno sempre più dell'insipienza, alla quale eravamo abituati. Non è, infatti, l'azione che cerchiamo, ma la fine di un immobilismo, che ha reso le nostre strade sporche e maleodoranti; il nostro territorio in bilico tra una frana e un incendio; i nostri monumenti oggetto dell'interesse dei barbari e così via.

Ecco, allora, l'agitazione partire dal Palazzo e diffondersi presso tutti. Tutti chini a pulire e a strofinare, dimenticando qualunque necessità di una visione più ampia della vita cittadina e con la sensazione di avere a posto la propria coscienza, perché ci si sta agitando e agitandoci ci si sta stancando. Ma a che pro?

D'accordo, siamo senza soldi. Ma l'esserlo c'impedisce di pensare? C'impedisce di trovare fra i tanti dipendenti comunali coloro che possono provvedere all'imbustamento delle bollette, evitandoci di pagare a una ditta romana quasi diecimila euro? C'impedisce pure di trovare, sempre fra questi dipendenti comunali, alcuni capaci di controllare i manifesti pubblicitari, impedendoci di sperperare altri seimila euro in favore di una ditta di Racalmuto?

Non voglio continuare, però, venendo meno alla mia abitudine di essere breve. Credo di aver sufficientemente dimostrato l'utilità dell'agire contro la pericolosità dell'agitarsi.