La storia si ripete?

Ritratto di Angelo Sciortino

10 Agosto 2012, 19:02 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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La storia di Cefalù per diversi secoli coincise con quella del vescovado stesso, per via dell'ampia influenza che i vescovi ebbero nella vita civile della città. Le pergamene contenenti i privilegi di Ruggero II e dei suoi successori venivano gelosamente custodite dalla diocesi, essendo l'unica testimonianza delle donazioni fatte nei secoli dai sovrani. Nel 1329 il vescovo Tommaso da Butera, resosi conto delle difficoltà incontrate per rivendicare i diritti della diocesi, incaricò il notaio Ruggero da Mistretta di copiare in un volume, il Rollus Rubeus, i documenti più importanti riguardanti le concessioni del vescovado dalla fondazione sino ad allora, così come era stato fatto in precedenza anche dalla diocesi di Monreale. Il Rollus rubeus aveva quindi una notevole rilevanza sul piano economico, perché rappresentava la raccolta dei documenti di carattere patrimoniale della chiesa amministrata dai canonici del Capitolo. Attualmente esso è custodito presso la Società siciliana per la storia patria di Palermo.

Che cosa era accaduto in quel 1329? Nel 1329, il vescovo di Cefalù leggeva sconsolato gli antichi documenti del suo archivio. A migliaia, riportavano i nomi dei villani che verso il 1140 re Ruggero II aveva donato alla chiesa (perché allora potevano essere donati anche i contadini). E invece, pensava quel buon uomo del vescovo Tommaso, nessuno più restava! Tutti avevano ormai ottenuto la libertà (sunt libertatem adepti). Qualcuno era stato fatto chierico, altri addirittura cavalieri. I disordini bellici, l’avvicendarsi delle dinastie, la sacrilega violenza dei potenti e la stessa negligentia dei suoi predecessori erano colpevoli, secondo il vescovo, di tanta dissipazione.

Ecco le parole testuali riportate nel Liber Rubeus: “Villani qui ob prelatorum negligentiam et potentiorum usurpationem sacrilegam et mutationem dominii nec non guerrarum discrimina sunt libertatem adepti, quamvis de eis aliqui, quadam libertatem usurpata, clerici facti sunt in eadem ecclesiam, aliqui [arma] militaria usurpative sumpserunt”.

Tutto questo poco meno di sette secoli fa. E oggi? Qual è la situazione oggi? Il vescovado vuole per caso riappropriarsi di tutti quelli che ormai sono liberi (sunt libertatem adepti)? Se lo vuole, certamente non lo vuole come al tempo di Ruggero II, ma come oggi potrebbe essergli consentito. Basterebbe che coloro che devono difendere i liberi lo concedano; basterebbe che il potere laico non se ne preoccupasse, come sembra che stia accadendo. Basterebbe che si lasciasse dire al novello Tommaso chi sono e come dovrebbero essere i politici eletti da questi liberi, non reagendo alle sue parole e non rimproverandogli le sue frequenti invasioni di campo.

Saprà il nostro Sindaco essere un novello Mandralisca? Sapranno i suoi Assessori e i Consiglieri comunali essere degni eredi degli Spinuzza e dei Botta, difendendo ciò che fu conquistato grazie a loro?

La mia ragione mi spinge al pessimismo, anche se mi aggrappo con tutte le mie forze all'ottimismo della volontà.