“Il Vicerè giustiziere” di Vito Catalano (Sciascia ed.)

Ritratto di Pino Lo Presti

11 Agosto 2012, 19:56 - Pino Lo Presti   [suoi interventi e commenti]

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Una riflessione sulla Giustizia; se essa può mai essere amministrata come semplice esecuzione di norme e regole scritte da altri uomini, o se essa - al riparo dell’arbitrio dell’intelligenza di particolari e miopi interessi - debba avere come sfondo di riferimento una visione complessiva dei fenomeni sociali e culturali, dalla cui “ colpevole rimozione” la gran parte della fenomenologia variamente “criminale” trae origine, come risposta spontanea alla ingiustizia, di fondo, sociale.




La Presentazione del Vicepresidente della Fondazione Mandralisca, Manlio Peri


Carissimi amici,
come sempre rivolgo a voi tutti un cordiale benvenuto e vi ringrazio della vostra presenza. Mentre procede l'estate, proseguono anche i nostri Incontri con l'Autore: dopo Antonio Franco, Vincenzo Ciminello, Enza Vazzana e Peppino Palmeri, abbiamo il piacere di ospitare stasera Vito Catalano che, insieme a Giuseppe Saja, presenterà il libro "Il viceré giustiziere", pubblicato presso la casa editrice Salvatore Sciascia.




Si può ben dire che il nostro ospite di stasera sia scrittore di razza: è infatti nipote del grandissimo Leonardo Sciascia e, nonostante sia giovanissimo (ha appena 33 anni), ha già al suo attivo "L'orma del lupo", thriller storico-antropologico. Quello che viene presentato stasera, ambientato all'inizio del Seicento in una Sicilia dominata dagli Spagnoli, credo si possa definire più che un romanzo storico, la biografia di un grande personaggio del tempo, il duca d'Ossuna Pedro Giròn, eletto nel 1611 viceré di Sicilia.

Vito Catalano ripercorre il periodo del suo vice-regno, e ne ricostruisce le imprese condotte contro briganti, pirati e malfattori d'ogni risma: la figura del duca ne viene fuori a tutto tondo, ed è di per sé una figura da romanzo, che non necessita di particolari interventi da parte dell'autore per catturare ed affascinare il lettore. Anche la Sicilia di quel tempo è rappresentata nel libro con grande vivacità, una Sicilia vicina all'anarchia, in cui si commettevano quotidianamente omicidi, rapine e delitti d'ogni sorta, per non parlare degli abusi da parte della nobiltà. Pedro Giròn cercherà di porre rimedio a questo stato di cose, ma non si può dire che al termine del suo incarico la situazione fosse di molto mutata.




Sin qui il contenuto del libro: a Giuseppe Saja spetta di allargare il discorso e di parlare poi dello stile e del linguaggio; stile e linguaggio che a me sono sembrati asciutti e vigorosi, e in questo Vito Catalano molto si avvicina a quello che appare il suo grande modello.

Ad un appassionato lettore ed estimatore di Leonardo Sciascia, quale io sono, sia poi consentito di cogliere anche altre somiglianze tra i due scrittori, prima tra tutte la tematica del libro di Vito, che è quella della giustizia e della lotta alla criminalità, argomenti tanto cari al grande Leonardo.


                               L' Autore, Vito Catalano                                                                                                                                                                      Il prof. Giuseppe Saja

Nonostante il pugno di ferro adottato dal duca e il suo modo a volte sommario di amministrare la giustizia, egli non riuscirà a sradicare il crimine dall'Isola e ad introdurvi un modello di convivenza più civile.
Una Sicilia dunque irredimibile?
Oppure la radice del male è da individuare - allora come oggi - in un contesto socioeconomico che non poteva non generare sopraffazione e violenza?
Vito Catalano vuol forse dirci che su quel contesto si sarebbe dovuti intervenire, imponendo in primo luogo la presenza di uno Stato autorevole ma al contempo giusto.

Questioni, come si vede, che Leonardo Sciascia ha dibattuto in tutti i suoi libri, e che non dispiace vengano ripresi da un giovane scrittore che è ormai più di una promessa
e dal quale ci attendiamo altre opere di alto livello
.



il Prof. Giuseppe Saja ha, con la competenza e l’acume che gli sono solite, attraversato l’opera sotto i diversi tagli non solo letterari ma anche sociali e culturali, cogliendone gli aspetti di attualità politica.



 

 

 

 

 






Diversi gli interventi su un tema così sentito anche nella nostra attualità





Commenti

Certamente la storia della Sicilia, segnata da ben quattordici dominazioni, offre ottimi spunti a riflessioni di vario genere, perché anche un semplice aneddoto o una storiella sono in grado di dilatarsi oltre il contingente, se colpiscono una mente aperta e un'intelligenza vera. Quando questo incontro avviene, scopriamo che la nostra Isola è un microcosmo, che racchiude ogni realtà, e diventiamo orgogliosi di esserne figli.

Com'è accaduto ieri sera alla Terrazza del Mandralisca per la presentazione del libro di Vito Catalano, Il Viceré giustiziere. L'argomento del libro è il Duca d'Ossuna, che della Sicilia spagnola fu viceré dal 1611, ma se si legge il libro con l'attenzione che merita, scopriamo che forse l'argomento è la giustizia o la cultura civile, intese come base essenziale perché un popolo, qualsiasi popolo, possa guardare con fiducia al proprio futuro.

Se è così, allora le meno delle sessanta pagine del libro meritano di essere lette e approfondite, perché ognuna di esse è un invito a guardare quell'ieri con gli occhi di oggi, per scoprire che forse non sono passati quasi quattro secoli dal Vice regno del D'Ossuna all'attuale regno di Lombardo. Per scoprire, insomma, che la storia di Sicilia è come la narrazione delle sconfitte di coloro che hanno tentato di svegliarla dal letargo in cui è piombata in tempi ormai remoti. Le sconfitte che cominciano con Ducezio e continuano con il D'Ossuna. Le cose cambiano dopo l'Unità italiana, quando questi demiurghi scelgono, più o meno consapevolmente, un'altra strategia: cambiare tutto, perché tutto resti come prima. Scelgono di far finta di cambiare, mentre invece assecondano i vizi dei Siciliani, per addormentarne le virtù. Sanno che per essere veramente virtuosi è necessario essere liberi e per essere liberi occorrono responsabilità personale, intelligenza e fatica. Tutte qualità alle quali i Siciliani sono stati disabituati, perché si è sempre impedito loro di uscire dalla cultura della mitologia. La stessa religione cattolica ha le sue più alte espressioni in episodi mitologici e in espressioni pagane. Forse non fu un caso che il D'Ossuna, venuto in Sicilia come viceré del Filippo III in lotta con il Papato per la difesa dei suoi diritti sulla Sicilia, ne sia stato allontanato da Filippo IV, che invece con il Papato si mostrò ossequioso oltre misura.

L'Autore queste cose le lascia trasparire nel suo libro, ma si capisce come esse siano una sorta di luce, che gli indica la strada. Egli non prende posizione e sembra non giudicare; sembra quasi non avere opinioni e di essere soltanto il cronista freddo della storia di quest'uomo, che voleva far meglio dei suoi predecessori e voleva che gli tagliassero la testa se non ci fosse riuscito. Certo, fece meglio, ma la bigotta mitologia fece in modo che morisse in prigione.

Un'altra vittima del sonno dei Siciliani. Un sonno di cui l'Autore non gode, come non ne godette il Nonno, quel Siciliano sveglio e illuminato, che risponde al nome di Leonardo Sciascia.